Centinaia tra infermieri, medici e assistenti sanitari sono finiti nella rete dei controlli predisposti dall’Azienda sanitaria. Rscontrate numerose irregolarità e bloccate retribuzioni per oltre 800mila euro.
Secondo gli accertamenti dell’Asl Brindisi, quasi 200 tra infermieri, medici e assistenti sanitari impiegati negli hub vaccinali non erano in regola con i requisiti richiesti per il lavoro che svolgevano. Per questo gli economi dell’Azienda sanitaria ne hanno congelato le retribuzioni dei primi sette mesi di servizio, da gennaio a luglio 2021, per un totale di oltre 800mila euro. Il lavoro di setaccio si è concluso con l’esborso di 1.508.274,16 euro a beneficio di 580 operatori che invece erano in regola: 529 infermieri e 51 medici.
Per la precisione, a finire nella rete dei controlli, eseguiti sotto la supervisione del direttore generale Giuseppe Pasqualone, sono 175 tra infermieri e assistenti sanitari, oltre a 14 medici. Avevano accumulato compensi per complessivi 808.484 euro ed erano tutti sul libro paga dell’Asl per cifre variabili da un minimo di 200 a un massimo di 30mila euro ciascuno. Importi che, alla luce di quanto emerso, non sono stati pagati, malgrado le proteste dei lavoratori e delle organizzazioni sindacali che li sostengono, che per lunedì prossimo hanno chiesto un incontro con la direzione strategica dell’Asl nel tentativo di trovare una soluzione.
Tra i “furbetti” c’è persino chi beneficiava della Legge 104, e quindi, pur godendo dei permessi retribuiti per invalidità propria o per assistere un familiare disabile, ha trascorso parecchie ore nei centri per la somministrazione del vaccino anti-Covid. Un servizio retribuito con 80 euro lordi all’ora per i medici e 50 euro lordi all’ora per infermieri e assistenti sanitari, da aggiungere ai regolari stipendi. Ma l’Asl Brindisi ha contestato anche altre situazioni ostative allo svolgimento del servizio negli hub: l’esistenza di rapporti di lavoro a tempo determinato o non in regime di esclusiva con l’Azienda (il che consente di svolgere anche altrove la propria professione), oltre a incarichi di funzione che prevedono mansioni complesse, di coordinamento, ed elevate responsabilità nel perimetro dell’organizzazione aziendale.
«Abbiamo dovuto bloccare i pagamenti a causa di irregolarità che riguardano il contratto di lavoro – spiega Pasqualone –. Stiamo parlando della legge. Parliamo di soldi pubblici e di eventuali responsabilità davanti alla Corte dei Conti, se questi soldi vengono spesi in maniera irregolare. Chi vuole operare negli hub deve possedere i requisiti previsti, che ha un senso ben preciso. Ad esempio, un operatore con incarico di funzione, come un caposala, anche nelle ore in cui non è in servizio deve garantire la sua disponibilità a tornare nel reparto qualora ciò si rendesse necessario. Fra i trasgressori abbiamo scoperto persone che beneficiavano della Legge 104, altre che avevano un debito orario, cioè ore di lavoro da dover fare, ma che hanno trovato il tempo per fare i vaccinatori e ottenere un trattamento economico ulteriore. Le prestazioni aggiuntive sono da considerarsi un’eccezione nei centri vaccinali, perciò è stata prevista una copertura finanziaria fino al 31 luglio 2021. Da quel momento in poi ci si doveva organizzare con personale strutturato, ma questo non è accaduto».
Aggiunge il direttore generale dell’Asl: «Non so se gli stessi controlli li hanno fatti anche nelle altre Asl. Ma so che requisiti sono previsti dalla legge, i cui contenuti sono stati a loro volta ribaditi dai regolamenti regionali. La legge dice che le prestazioni aggiuntive devono essere retribuite con 50 euro all’ora per gli infermieri e 80 euro all’ora per i medici. Il punto è che l’istituto delle prestazioni aggiuntive deve essere eseguito nel rispetto delle regole contrattuali. Io ne faccio anche una questione di etica professionale: se un medico ha limitazioni che non gli consentono di stare in sala operatoria, mi chiedo come tali problemi possano sparire, consentendogli di stare anche dieci ore in un hub vaccinale».
Redazione Nurse Times
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