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Bologna: negli ospedali pubblici arrivano gli infermieri precari a chiamata, attivati via WhatsApp

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Bologna: negli ospedali pubblici arrivano gli infermieri precari a chiamata, attivati via WhatsApp
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Sarebbero oltre 200 gli infermieri arruolati con pratiche irregolari dagli ospedali bolognesi. I nosocomi della città impiegherebbero questo esercito di professionisti precari a chiamata stipulati con alcuni studi professionali di zona.

La pratica illecita consisterebbe nel fatto che le uniche agenzie riconosciute per il lavoro cosiddetto ‘a chiamata’ sarebbero le agenzie per il lavoro.

Il lavoro di questi professionisti, in regola con il percorso formativo e regolarmente iscritti all’Ordine degli Infermieri di Bologna, sarebbe però coordinato attraverso portali e chat whatsapp – riporta il giornale Repubblica – in modo informale, con grossi rischi di non vedere riconosciuti in sede fiscale contributi, ferie e straordinari.

Più di un sindacato è insorto, dopo aver appreso tale notizia. Questo degli infermieri a chiamata sottobanco è un fenomeno che “non ci lascia per nulla sorpresi” dichiara Gaetano Alessi della sanità Fp Cgil.

“Da mesi continuiamo a chiedere alle aziende assunzioni e dignità per lavoratori e lavoratrici: invece di perseguire la strada della valorizzazione del personale, che passa anche dalla dignità contrattuale, si cerca sempre la via più comoda”.

Dello stesso tono anche Paolo Palmirani della Uil Fpl: “Al di la della irregolarità di forme atipiche del rapporto di lavoro, che vanno giustamente sanzionate, ci chiediamo se la migliore qualità e organizzazione del lavoro in una struttura sanitaria possa essere garantita da strumenti quali “l’infermiere a chiamata” che a nostro avviso male si addice a quel principio di investimento sul capitale umano a cui le strutture sanitarie, a partire da quelle pubbliche”.

Anche il sindacato di categoria Nursind chiede provvedimenti alle aziende ospedaliere: “Gli ispettori hanno contestato irregolarità erogando multe salate e contestando contributi non versati per oltre due milioni di euro” afferma Antonella Rodigliano, segretaria territoriale del NurSind. “Il problema non è lo stipendio, come ben ha rilevato l’Ispettorato del Lavoro, ma il precariato estremo –continua Rodigliano-, con professionisti che sono in balìa di chi li chiama e si portano dietro irregolarità nei contributi, e soprattutto la mancanza di una adeguata conoscenza delle strutture”.

Simone Gussoni

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