Il presidio, appena inaugurato, è intitolato ad Anna Costanzo, uccisa dieci anni fa dall’ex marito.
Dal 2013, quando il centro nato per accogliere le vittime di violenza si chiamava Binario Rosa, fino a oggi sono state assistite una media di 30 donne all’anno. Ma tra il 2017 e il 2018 è quasi raddoppiato il numero delle donne che ha trovato il coraggio di chiedere aiuto agli infermieri e ai medici del Pronto soccorso e di raccontare poi ai camici bianchi i soprusi e le sofferenze che si consumano, il più delle volte, fra le mura di casa. La necessità, quindi, di riattivare una struttura dedicata a tutti coloro che vengono picchiati in maniera così grave da avere bisogno di cure sanitarie è forte.
Rimessa a nuovo e ospitata al Policlinico di Bari, nei locali del Pronto soccorso (di recente riqualificato), la “stanza rosa” rinasce con l’obiettivo di offrire un servizio al territorio e di tendere una mano alle donne, ai bambini, ai ragazzi piegati dal bullismo, ai migranti aggrediti e discriminati, agli anziani malmenati, agli omosessuali perseguitati. È stata intitolata ad Anna Costanzo, la truccatrice del teatro Petruzzelli uccisa dieci anni fa, nella notte tra il 10 e l’11 luglio del 2009, per mano del suo ex compagno. Sulla targa, scoperta dai fratelli Michele e Francesco, si legge: “Anna Costanzo, vittima di femminicidio. Vedeva la vita a colori perché viveva a colori”.
E una vita a colori è quella che meritano tutte le donne che hanno trovato la forza di alzare la testa, di dire basta ai mariti e ai genitori maneschi che le hanno ridotte in schiavitù. Donne che, all’interno dell’ospedale, meritano anche di trovare personale qualificato in grado di leggere le richieste di soccorso per guarire le ferite del corpo e dell’anima. La formazione di medici e infermieri, come pure di poliziotti e carabinieri che raccolgono le denunce, resta una priorità. La stanza, con le pareti dipinte di rosa, con la poltrona, il letto e la strumentazione per le visite, c’è. È un primo passo.
Il direttore del Pronto soccorso, Vito Procacci, ha ragione quando dice che «il Pronto soccorso va incontro alle vittime, le accoglie e le supporta a riemergere dal tunnel dell’umiliazione». E ha ragione a spiegare che non può esistere una equipe stabile in un presidio che si attiva al bisogno. Per questo gli operatori sanitari devono essere capaci di intercettare ogni segnale e guidare le vittime ad affidarsi alle forze dell’ordine prima e ai centri antiviolenza poi.
La rete che tiene insieme medici, magistratura, associazioni e centri antiviolenza è però da costruire. I protocolli d’intesa ancora non sono stati sottoscritti. «La stanza dell’accoglienza – evidenzia il magistrato Alessio Coccioli – si inserisce nel protocollo sottoscritto a livello nazionale sul cosiddetto “codice rosso” per garantire non solo l’assistenza dell’aggredita, ma anche la possibilità di cogliere repentinamente i dati sull’aggressore e procedere nell’azione di repressione».
L’Osservatorio regionale sulla violenza di genere fotografa il fenomeno. Dal 2015 al 2018 sono state oltre 6.300 le donne che si sono rivolte ai centri antiviolenza di tutta la Puglia, con un aumento di 200 casi nel 2018 rispetto all’anno precedente. Per il 90% si tratta di donne di nazionalità italiana e nel 93% dei casi la violenza si consuma in famiglia: nell’81 % i carnefici sono il partner o l’ex partner, nel 12% i parenti. Le donne più esposte alla violenza sono quelle sposate.
La violenza è trasversale alle fasce di età, ai titoli di studio, alla condizione lavorativa, anche se la percentuale più alta viene registrata tra le donne di età compresa tra i 30 e i 49 anni (60%). Significativa anche la percentuale delle donne di età compresa tra i 18 e i 29 anni (15%). La mancanza di lavoro è un problema per molte delle donne che subiscono violenza: solo il 28% ha un’occupazione stabile; il 44% del totale non lavora, il 19% ha un’occupazione precaria.
Il presidente della Regione, Michele Emiliano, crede nell’importanza di questo spazio protetto: «Ero sindaco di Bari nel 2013, quando costruimmo con la Procura il percorso del Binario Rosa, perché uno dei luoghi dove la notizia di reato viene acquisita è proprio il Pronto soccorso. La collaborazione serve a consentire alle notizie di reato di essere acquisite senza aggiungere un trauma supplementare, serve a mettere le vittime nelle mani giuste. Come Regione, stiamo provando a sostenere questa battaglia drammatica. Il bollettino delle donne uccise, come Anna Costanzo, è impressionante, insopportabile. Bisogna lavorare nelle scuole per educare i più piccoli al rispetto di genere. Noi, intanto, abbiamo raddoppiato i fondi e siamo l’unica Regione che dà il reddito di dignità alle donne vittime di violenza».
Redazione Nurse Times
Fonte: La Gazzetta del Mezzogiorno
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