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Bambini e obesità: ruolo del care manager infermieristico in uno studio prospettico sullo stile alimentare in età scolare

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BAMBINI E OBESITA’: RUOLO DEL CARE MANAGER INFERMIERISTICO IN UNO STUDIO PROSPETTICO SULLO STILE ALIMENTARE IN ETA’ SCOLARE. Progetto di Tesi di Laurea
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Il seguente lavoro di tesi sperimentale, sostenuto dal laureando Mauro Cassanelli dell’Università degli Studi di Foggia (Corso di laurea in Infermieristica – sede distaccata di Barletta), verte sulle potenziali necessità di educare i bimbi in età scolare al corretto stile di vita alimentare. L’infermiere scolastico ha un ruolo cardine nell’educazione, nella guida  e nel mantenimento circa i sani stili di vita. L’indagine conoscitiva è stata estesa, oltre che alla fascia d’età pediatrica, anche ai genitori dei bambini.

Relatrice del lavoro dott.ssa PAOLILLO Daniela e correlatore dott. CALABRESE Michele, Ordine delle Professioni Infermieristiche della BAT.

INTRODUZIONE

Gli attuali dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) sono molto chiari: l’obesità si sta trasformando in una vera e propria epidemia: 1,4 miliardi di adulti nel mondo sono sovrappeso e di questi 500 milioni sono sovrappeso, a 40 milioni di bambini sono obesi o sovrappeso, con numeri in costante crescita, che hanno fatto suonare più di un campanello d’allarme.
Negli ultimi decenni, nei paesi più sviluppati (Europa, Nord America), con l’aumento demografico del benessere, divenuto accessibile ad una fetta di popolazione sempre più elevata, è avvenuta una trasformazione alimentare che ha diminuito il consumo di cereali, frutta, verdura, legumi e ortaggi e incrementato il consumo di alimenti a produzione industriale e di “cibo spazzatura” o “junk food” (alimenti a basso costo, ricchi di grassi saturi e zucchero e perciò ad elevato contenuto calorico), aumentando esponenzialmente l’incidenza dell’obesità, e in particolare dell’obesità infantile, rendendola il disordine nutrizionale e metabolico più frequente nei paesi sviluppati.

Obiettivi dello studio

Gli obiettivi che mi sono prefissato prima di intraprendere questo progetto di ricerca sono:

  • Constatare l’opinione dei genitori riguardo l’importanza di una precoce correttezza dell’alimentazione dei propri figli;
  • analizzare gli stili di vita e l’alimentazione degli studenti illustrati dal loro punto di vista;
  • migliorare le conoscenze degli studenti riguardo una corretta alimentazione e uno stile di vita più salutare;
  • valutare i fattori di rischio reali nello stile alimentare infantile;
  • valorizzare il ruolo del care manager infermieristico nella prevenzione primaria;
  • ridurre le predisposizioni ad eventuali patologie future.

Progetto di ricerca: materiali e metodi

Innanzitutto, sono stati somministrati ai bambini e ai genitori, previa autorizzazione scolastica e dei genitori stessi, dei questionari anonimi per raccogliere informazione riguardo il loro stile di vita e alimentare; sono poi stati rilevati i parametri antropometrici dei bambini (peso, altezza e circonferenza addominale) da cui è stato possibile calcolare l’indice di massa corporea (BMI). Coinvolgendo anche l’insegnante di riferimento, è stato chiesto ai bambini, mediante un mini-evento formativo, di provare ad evitare cibi non salutari come cibi molto salati o farciti, merendine, cornetti farciti, dolci in genere, patatine e “junk food” tentando di sostituirli con cibi più sani e ad alto contenuto di fibre come cereali, frutta e verdura, legumi e frutta secca, per poi somministrare loro, a distanza di un mese un secondo questionario utile per capire come e se hanno affrontato questa esortazione ad un cambiamento alimentare così importante per loro. Sono state utilizzate strategie di coping e role playing e la proiezione di slide per spiegare le motivazioni dell’evento in modo chiaro e semplice. I materiali utilizzati comprendono anche una bilancia, un metro da sarto, una calcolatrice scientifica, un computer con un programma di elaborazione e analisi di dati e un programma di analisi statistica (StatsDirect 2.7.8).

Risultati e conclusioni

Dal confronto con le misure rilevate all’inizio del progetto e scegliendo come variazioni di peso significativo quelle superiori o uguali a 0,5 kg, è emerso che a distanza di un mese 16 bambini hanno avuto un aumento di peso (in 5 casi superiori a 1 kg), 6 bambini hanno perso peso per un massimo di 1 kg mentre i restanti 11 non hanno subito alcun cambiamento ponderale significativo. Nel caso di 22 bambini, la circonferenza addominale (CA) è risultata ridotta, 16 considerando le riduzioni di almeno 2 centimetri. Non è stato rilevato nessun cambiamento della CA in 6 bambini, mentre in 5 la CA è aumentata, 4 se si considerano gli aumenti di almeno 2 centimetri.

QUESTIONARI DI FOLLOW UP SOMMINISTRATI AI BAMBINI

I questionari di follow up, somministrati a 31 bambini, hanno dato i seguenti risultati riguardo il cambiamento alimentare proposto un mese prima:

  • Il 74% dei bambini ha affermato di essere riuscito a resistere alla tentazione di mangiare cibi molto salati, cornetti farciti, dolci e patatine. Il 33% non ha trovato alcuna difficoltà o ha trovato poche difficoltà, il 27% ha trovato una difficoltà media mentre nel 40% dei casi la difficoltà è stata elevata.
  • Il 77% dei bambini è riuscito a mangiare più frutta e verdura, legumi pesce e ortaggi. Le difficoltà si sono ripartite tra il 47% di chi ci è riuscito facilmente, il 23% di chi ha avuto una difficoltà media e il 30% di chi ha avuto molte difficoltà.
  • Infine, secondo l’analisi delle risposte aperte, 8 bambini non riescono a resistere alla tentazione, 7 bambini gradiscono frutta e verdura, legumi, pesce e ortaggi e altrettanti non gradiscono questi alimenti; per 6 bambini il cambio alimentare non è stato difficile poiché la loro alimentazione era già varia e ricca di cibi più salutari.

QUESTIONARI DI SCREENING SOMMINISTRATI AI BAMBINI

Il risultato dell’analisi dei questionari è una serie di abitudini positive e di fattori protettivi da parte dei bambini e dei genitori ma anche alcuni fattori di rischio.
Tra i fattori di rischio vi sono:

  • percentuale di bambini obesi o sovrappeso (14,7%);
  • percentuale di bambini sottopeso (26,5%) o eccessivamente magri (14,7%) a rischio di problemi dovuti alla denutrizione;
  • percentuale di bambini con eccesso di grasso addominale (55,9%), di cui a loro volta i maschi sono il 68,4%. Questa leggera contraddizione con i dati precedenti può essere giustificabile con una carente attività fisica settimanale, per cui diminuisce la quantità di massa magra a favore della massa adiposa nonostante il peso nella norma;
  • bassa percentuale di bambini che consumano una porzione di frutta o verdura (15,8%) o di pane e pomodoro (31,6%), cioè gli alimenti maggiormente consigliati per una buona merenda, mentre la maggior parte della popolazione consuma a scuola alimenti di scarso valore nutrizionale come cracker, dolci o patatine. Il quadro non cambia per quanto riguarda la merenda consumata in casa: nonostante sia positivo il numero di scelte per frutta e verdura (42,1%), è preoccupante l’elevata quantità di consumo di pane e nutella o dolci, alimenti eccessivamente calorici. Grazie a questi dati si evidenzia l’importanza di una corretta informazione di base per i genitori, ma anche per gli insegnanti, poiché possono risultare figure molto incisive sulle abitudini di un bambino;
  • inadeguata frequenza settimanale dell’attività fisica, poiché quasi la metà della popolazione afferma che questa è ferma a una o due volte, per cui uno dei tanti possibili accorgimenti per incrementare l’attività fisica potrebbe essere quello di recarsi a scuola a piedi o in bici dato che solo il 39% del campione lo fa regolarmente;
  • gradimento dei dolci da parte del 92% dei bambini; spesso si mangia il dolce come premio per aver fatto attività fisica o alla fine dei pasti: la capacità di assuefazione dello zucchero e il piacere che dà un dolce quando viene mangiato creano un circolo vizioso da cui è difficile uscire autonomamente, ragion per cui l’aiuto e la motivazione dati dai genitori risultano fondamentali.

Tra i fattori di protezione vi sono invece:

  • presenza in casa nell’82% dei casi di almeno un fratello o una sorella contro il 18% di figli unici: infatti è risaputo che la solitudine è un fattore di rischio per l’obesità.
  •             la buona abitudine dell’89% della popolazione analizzata di assumere da 4 a 6 pasti ben distribuiti durante la giornata, come consigliato dalla maggior parte dei nutrizionisti (infatti concentranre il proprio apporto nutrizionale quotidiano in pochi o troppi momenti, potrebbe avere delle disfunzioni nella digestione e nell’assorbimento dei nutrienti).
  • ottimo numero di bambini (21 su 38) che nel tempo libero fanno sport o giocano con gli amici. Sarebbero utili interventi di promozione dell’attività fisica extra-scolastica, magari pubblicizzando delle vantaggiose convenzioni tra la scuola e le palestre locali e ampliando gli spazi pubblici dove poter fare del sano sport;
  • alta percentuale di gradimento rispettivamente del cibo proposto quotidianamente dai genitori e di frutta, verdura e legumi: il primo indica che ogni giorno i bambini si siedono a tavola con piacere e questa emozione può essere adeguatamente sfruttata come una sorta di feedback, in caso di alimentazione scorretta, per consentire ai bambini di adattarvisi gradualmente.

QUESTIONARI SOMMINISTRATI AI GENITORI

E’ importante il fatto che lo stress influisca solo in una percentuale ristretta di casi sullo stile alimentare della famiglia. Lo stress genitoriale può infatti essere un fattore di rischio per l’obesità infantile, poiché un genitore stressato è meno interessato ad informarsi su quali sono gli alimenti da evitare per i propri e quindi cede più facilmente alle richieste del bambino di mangiare gli alimenti che più gradisce. Più della metà di essi, ritenendo scorretta l’alimentazione attuale, è interessata a cambiarla in meglio e perciò questo fattore, accompagnato da un fattore di stress relativamente basso, è un notevole punto di forza.
Un riscontro significativo è stato rilevato nella quantità di genitori che leggono gli ingredienti dei cibi confezionati, prestando particolare attenzione alla presenza di grassi saturi e zuccheri aggiunti; questa prassi può infatti essere rappresentativa della loro consapevolezza che questi ingredienti devono essere individuati e limitati il più possibile.
E’ stata già definita l’importanza dell’intervento dei genitori nel seguire un’alimentazione corretta: se si considera che il 76% del campione è soddisfatto delle iniziative proposte dalla scuola (come il progetto “Frutta nelle scuole”) e volte a promuovere una sana alimentazione, non è soddisfacente il numero di genitori (49%) che riesce appieno a convincere i propri figli dell’importanza di essa.
E’ insufficiente anche il numero di genitori che vogliono ridurre lo zucchero nella dieta dei propri figli; è risaputo infatti che lo zucchero dà un notevole contributo nell’insorgenza dell’obesità e di numerosi tumori, come anche nell’insorgenza di numerosi altri disturbi.
Un impegno maggiore da parte dei genitori dovrebbe essere profuso da quasi la metà del campione che non ritiene pienamente sufficiente l’attività fisica svolta dai propri figli.

QUESTIONARI E MISURE DEL FOLLOW UP

Dalle rilevazioni effettuate durante il follow up dopo un mese, si può concludere che, dato il maggior numero di aumenti di peso rispetto alle diminuzioni, i bambini necessitano di più tempo per assimilare e far propri i concetti riguardanti  la sana alimentazione; è un dato sicuramente positivo la riduzione della circonferenza addominale in 22 bambini su 38: ciò indica che l’aumento di peso è dovuto principalmente ad un aumento della massa magra grazie all’attività sportiva.
Il 76% di bambini che sono riusciti a resistere alla tentazione di mangiare cibi molto salati, cornetti farciti, dolci e patatine è un ottimo punto di partenza, mentre ha rispettato le aspettative la maggiore prevalenza di studenti che hanno avuto difficoltà rispetto a quelli che ne hanno avute poche o nessuna; questo è giustificato dal fatto che si tratta di cibi molto gustosi ai quali i bambini, normalmente, resistono con una certa difficoltà. E’ però positivamente sorprendente come 24 bambini su 31 siano riusciti, in questo mese, ad introdurre nella loro dieta frutta e verdura, legumi, pesce e ortaggi e quasi la metà di loro abbia avuto poche difficoltà.
Per quanto riguarda le risposte aperte, è possibile suddividerle in due classi principali: nella prima si trovano 18 bambini che sono più restii a limitare gli alimenti meno salutari per abitudine, per incapacità di resistere alla tentazione o semplicemente perché non gradiscono altri alimenti; nella seconda vi sono 17 bambini che già mangiano abitualmente e con gusto frutta, verdura, legumi, pesce e ortaggi, o vorrebbero farlo con maggior frequenza, e sono consapevoli dell’importanza di questa sana abitudine.

In questo progetto, basandomi sul processo di nursing, mi sono fermato alla quantificazione ed analisi del problema, raccogliendo dati in vista della formulazione di diagnosi infermieristiche e pianificazione degli interventi. Successivamente, questa ricerca potrebbe essere valorizzata attuando interventi di educazione e promozione della salute a cui andrebbe affiancato un piano di sorveglianza scolastica e sanitaria che dovrebbe culminare con una valutazione finale degli obiettivi raggiunti. Considerando quanto enunciato, questa tesi potrebbe fungere da base di partenza per la redazione di un progetto di educazione sanitaria per prevenire l’obesità infantile che possa avvalersi dell’intervento integrato di varie figure socio-professionali: si parte dai genitori e si arriva ai bambini, passando per insegnanti, medici, assistenti sociali, infermieri di famiglia e di comunità, psicologi e politici.
I bambini vanno coinvolti attivamente nel progetto di prevenzione dell’obesità per renderli protagonisti di esso e per evitare di incorrere in una passività che, non creando alcun coinvolgimento, potrebbe compromettere il progetto.
Non va persa di vista la concezione olistica della persona: è necessario trattare l’individuo nella totalità delle sue funzioni e dei suoi bisogni, personalizzando l’assistenza e adattandola alla sfera fisica, psichica, sociale ed economica degli individui per renderli attivi nella cura di sé secondo i fondamentali principi infermieristici.

Da questo lavoro di ricerca si può evincere che:

  • È risaputo che l’uomo è un essere sociale e, in quanto tale, instaura relazioni con i suoi simili, anche attraverso l’atto del mangiare. Il manifestarsi della “sociabilità” è riscontrabile nei gesti di invitare, scegliere i cibi, cucinare, sedersi a tavola e soprattutto condividere. Il cibo si fa quindi veicolo di sensazioni ed emozioni.
  • Aspetto ancora più importante dal punto di vista del rapporto umano è la reciproca fiducia e genuinità che sta nell’atto della condivisione. Al giorno d’oggi i concetti di informazione, comunicazione, verità, sicurezza e consapevolezza del consumatore hanno acquisito un valore ormai imprescindibile e primario in ogni attività umana. Nel campo dell’alimentazione è fondamentale poi che le informazioni siano veicolate dalle grandi Istituzioni nazionali ed internazionali, dalla Scuola e dai mezzi di comunicazione di massa, come la televisione. È importantissimo, quindi, educare i cittadini a delle corrette pratiche di nutrizione e di educazione alimentare. La comunicazione deve pertanto essere diretta ed accessibile a tutti, chiara e veritiera con l’obiettivo di rendere più consapevole il consumatore e garantirne la sicurezza, ma soprattutto orientare verso una direzione semplice, sana e sicura le sue scelte alimentari e i suoi stili di vita.
  • Alla base dell’alimentazione consideriamo le scelte alimentari come libero agire dell’uomo in relazione al cibo. Il concetto di scelta non si configura come “atto dell’uomo” (non volontario: atto riflesso, fisiologico, non conscio, conscio ma non volontario), ma piuttosto come “atto umano” (conscio e volontario), a cui è legata un’assunzione di responsabilità e moralità.

CASSANELLI Mauro

Fonte Imaging: Google

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