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Art. 49 del codice deontologico: una proposta concreta per uscire dall’impasse

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La legge di Stabilità & gli infermieri da assumere: la Silvestro che non c'è e la FNC che gongola
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Vorrei  entrare nella diatriba sull’art. 49 del nostro codice deontologico che si sta scatenando soprattutto dopo la giusta presa di posizione del collegio IPASVI di Pisa, giusta perché finalmente anche all’interno della federazione IPASVI qualcuno si rende conto che questo articolo di fatto giustifica e rende applicabile un demansionamento tanto strisciante quanto palese della figura del’infermiere che unito ai purtroppo noti problemi occupazionali della categoria ci sottopone ad un vero e proprio ricatto schiavista facendo tornare l’intera professione indietro di almeno un secolo.

Se poi aggiungiamo che anche dal punto di vista formativo, pur essendo i nostri infermieri considerati e richiesti in tutta Europa tanto da aver ultimamente generato un vero e proprio esodo verso altri paesi di giovani cervelli e pur avendo ormai raggiunto una formazione di tipo universitario, il panorama dei vari corsi di laurea sparsi nelle università del nostro paese ed in particolare nel centro sud di esso è alquanto inquietante per diversi motivi:

  • Resta comunque inserito nelle facoltà di medicina e non esiste nel nostro paese una sola facoltà di nursing;
  • Gli insegnamenti in dette facoltà sono per lo più appannaggio di medici e qualora siano infermieri ad insegnare questo è riservato ad una ristretta casta di illuminati spesso molto anziani e che troppo spesso non hanno o hanno poca esperienza sul campo messi lì da varie amministrazioni perché lì almeno non facevano danni o per raccomandazioni politico-sindacali. Certamente non è sempre e solo così alcune eccezioni ci sono, ma sono appunto eccezioni;
  • I tirocini sono un ottima scusa per le varie aziende di reperire mano d’opera a costo 0 troppo spesso per nulla strutturati e raramente seguiti da tutor buttando così questi giovani futuri colleghi allo sbaraglio nelle corsie a sopperire agli OSS e poco ad imparare la nostra nobile arte tutto ciò sempre fatte salve le eccezioni che pur ci sono, ma sono sempre troppo troppo eccezioni appunto.

Detto questo per dire che non tutto il male viene dal famigerato art. 49 molto troppo ancora è insito nel profondo della nostra professione nel nostro modo di rapportarci con la professione nel nostro modo di trovare sempre una buona scusa per dividerci e discutere anche su banalità nel non essere in grado di fare squadra, quante volte ho sentito diatribe tra infermieri vecchio ordinamento e laureati io sono meglio perché ho esperienza da vendere dimenticando che non sempre esperienza equivale a scienza e io sono più bravo perché ho scienza dimenticando che scienza senza esperienza può anche essere inutile il problema non è certamente questo, ma risiede nella nostra capacità di progredire di aggiornarci, di studiare, di leggere, di voler capire, di voler andare oltre per tutti noi.

Dopo questa iniziale premessa vorrei iniziare a parlare della diatriba sull’art 49 innanzi tutto ricordando cosa recita questo famigerato articolo ed i principi etici e morali che lo hanno generato.

Articolo 49

L’infermiere, nell’interesse primario degli assistiti, compensa le carenze e i disservizi che possono eccezionalmente verificarsi nella struttura in cui opera. Rifiuta la compensazione, documentandone le ragioni, quando sia abituale o ricorrente o comunque pregiudichi sistematicamente il suo mandato professionale

 

Già le prime parole evidenziano un alto valore morale là dove si dice “nell’interesse primario degli assistiti” al quale onestamente non rinuncerei per nessun motivo al mondo. Ora è ovvio che questo non può comunque in nessun caso significare demansionamento o sfruttamento del professionista anche perché come evidenzia successivamente “compensa le carenze e i disservizi che possono eccezionalmente verificarsi” lascia chiaramente intuire che si tratta di situazioni eccezionali e non certamente della quotidiana inefficienza cronica delle nostre strutture finendo con un Rifiuta la compensazione, documentandone le ragioni, quando sia abituale o ricorrente o comunque pregiudichi sistematicamente il suo mandato professionale” che sembrerebbe un ulteriore puntello alle affermazioni precedenti da qui di per se almeno a me pare evidente che l’utilizzo di questo articolo in alcune sentenze ultimamente uscite sia improprio almeno quando la compensazione non ha carattere di eccezionalità,ma sia normale routine generata da carenze strutturali della azienda stessa e da modelli organizzativi e piante organiche inadeguati.

Per contro bisogna anche purtroppo ammettere che i giudici nell’utilizzare l’art 49, dando torto a tanti colleghi ed in diversi ordini di giudizio, probabilmente si sono limitati a leggere solamente la prima parte e neanche troppo attentamente di questo articolo o puramente a considerare condizione eccezionale ciò che di eccezionale nulla ha essendo ormai routine quotidiana.

Ed anche le direzioni dei servizi infermieristici si sono adeguate a questa linea con la differenza però che questi dirigenti, di cui spesso bisognerebbe vedere come ricoprono ed a che titolo quel ruolo, sicuramente pressate dal dover in ogni caso far quadrare il conto e o non avendo sufficiente personale ausiliario da utilizzare o più semplicemente non avendo affatto capacità organizzative e di razionalizzare il poco a disposizione e dimenticandosi fin troppo spesso di essere a loro volta infermieri e come tali dover anche loro sottostare al nostro codice deontologico che dovrebbero conoscere in ogni sua parte anche quelle per loro scomode usano l’art. 49 come vera e propria arma di ricatto e ritorsione gettando più o meno consapevolmente una seria ombra addirittura sulla qualità dell’assistenza e creando rischi per i pazienti che afferiscono alle loro strutture contro i colleghi che giustamente rifiutano lo sfruttamento ed il demansionamento anche a difesa della qualità del loro lavoro e della qualità dell’assistenza erogata nell’interesse dei loro assistiti.

A questo punto però qualcosa si deve fare, personalmente non mi vedo favorevole ad una vera e propria faida che si sta scatenando all’interno dell’IPASVI tra favorevoli alla sua abolizione e contrari che rischia di creare ulteriori motivi di divisione tra i vertici dell’IPASVI e le sue strutture territoriali nonché tra i suoi stessi iscritti, trovo anacronista e cieca la posizione di arroccamento sviluppata dal Comitato Centrale IPASVI anche se capisco che il cambiamento non sempre è una strada facile da percorrere.

Mi dispiace dover sottolineare come nonostante il cambio di testa nella Federazione Nazionale collegi IPASVI nulla è cambiato nella politica e nella gestione della stessa; non si senta sminuita la Dott. Mangiacavalli ma a tutt’oggi non è riuscita a dare quello scatto quel di più che tutti noi ci aspettavamo.

Perciò vorrei inserire nel dibattito un elemento di novità certo che quasi sempre la verità sta nel mezzo, premesso che i fatti dimostrano che così come è o non è chiaro sufficientemente o non è letto ed interpretato correttamente o qualcuno vuole per così dire attaccarsi al fumo della pipa per affermare la legittimità del demansionamento e dello sfruttamento di noi infermieri proporrei per non snaturare la nostra identità di professione  dell’assistenza e di professione vicina ai cittadini di professione che ha a cuore il benessere e la salute delle persone, che è e resterà sempre il nostro punto di forza e la ragione della nostra scienza, questo non dimentichiamolo mai.

Proporrei semmai di revisionarlo, magari riscriverlo in modo che non possa essere travisato a nostro svantaggio, magari partendo dalla premessa che solamente in casi di eccezionale, imprevedibile e documentata emergenza e solamente dopo che la direzione aziendale abbia posto in essere senza successo tutti gli strumenti necessari e previsti per far fronte a detta singola emergenza l’infermiere nell’interesse supremo dell’assistito compensa nell’immediato e solamente per quella improcrastinabile e imprevedibile emergenza, ma mai in caso di carenze strutturali ed organizzative tali da compromettere la corretta erogazione dell’assistenza cui deve necessariamente far fronte la direzione aziendale.

Direi che messa così ed in modo assolutamente inequivocabile possa divenire uno strumento qualificante e di effettiva tutela sia degli assistiti che degli infermieri.

Penso che ora più che mai quello che ci serve sono punti di unione e non di divisione e penso che questo valga sia all’interno della nostra professione che all’esterno, modificarlo e renderlo inequivocabile ci permetterà di mettere al riparo i professionisti da un uso improprio schiavista e demansionante, ma allo stesso tempo ci permetterà di rinsaldare e di consolidare proprio quel tacito patto tra infermieri e popolazione e di aumentare la qualità della nostra immagine affermando che la nostra professione è una professione intellettuale che però è in grado di fronte a situazioni emergenziali di mettere al primo posto l’interesse supremo dell’assistito senza permettere a nessuno di snaturare la sua essenza di professione.

Considerando che la guerra in corso tra favorevoli e contrari rischia di creare profonde lacerazioni in seno alla professione e che comunque in qualche modo si devono tutelare gli infermieri che puntualmente e con professionalità nonostante mille problemi quotidiani garantiscono un’assistenza di qualità, ma anche che la Federazione non sembra pronta ed unanime nell’affrontare il problema dell’abolizione dell’art. 49, ma non può continuare a nascondere la testa nella sabbia come gli struzzi o far finta d non vedere, apriamo un dibattito serio e costruttivo e se non siamo proprio in grado di abolirlo del tutto almeno pensiamo ad una sostanziale modifica che renda assolutamente palese e certo che venga applicato solamente in casi di emergenza come da me proposto, magari un buon compromesso tra le parti riuscirà ad ottenere comunque lo scopo e contribuire a ridare dignità alla nostra professione.

Detto tutto questo spero che la Federazione Nazionale collegi IPASVI voglia, anche pressata dalle tante istanze che provengono dalla professione, metter mano a questi problemi…spero con queste mie poche righe di aver dato un piccolo contributo alla discussione in atto fornendo anche idee concrete in grado di farci uscire da un confronto muro contro muro poco costruttivo che non porterà ad alcuna soluzione.

Ritengo che in questo momento altamente deleterio per la professione tutta sia dannoso creare contrapposizioni, ma di rilanciare e di costruire iniziative e programmi concreti e realizzabili a partire anche dalla facoltà di nursing nelle università ed in subordine ad una concreta qualificazione dei corsi di laurea perché il futuro della professione resta nelle mani di giovani professionisti e nelle mani di una formazione sempre più puntuale e concreta e sempre meno autoreferenziale e diciamo così fatta in casa per quei pochissimi spazi che ci sono concessi meno casta e più competenze meno politica e più professione nei corsi di laurea e poi un utilizzo corretto ed altamente formante dei tirocini.

Abbiamo bisogno di appropriarci della formazione come nostro diritto/dovere dei nostri giovani e futuri colleghi…ecco queste sono le vere sfide che la professione mette difronte alla Federazione Nazionale IPASVI…ora spetta alla nostra dirigenza nazionale saperle cogliere e saperle far diventare un punto di forza…NOI SIAMO PRONTI E VOI??

Dott Angelo De Angelis

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