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Massimo Randolfi

Ogni anno si contano 2.100 morti per infezioni nosocomiali evitabili

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Le infezioni da germi multiresistenti: gestione e prevenzione delle polmoniti da ventilazione meccanica in Terapia Intensiva
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Le infezioni ospedaliere rappresentano la complicanza più frequente è grave dell’assistenza sanitaria. Questo è quanto emerso dal convegno che si è tenuto oggi a Milano dedicato alle strategie di prevenzione e cura dei germi multiresistenti in ospedale. Ogni anno si contano fino a 2.100 morti per questa causa

Sebbene in Italia non esista un sistema di sorveglianza stabile delle infezioni nosocomiali, sono presenti in letteratura scientifica numerosi studi a riguardo: si può stimare che in Italia il 5-8% dei pazienti ricoverati contrae un’infezione ospedaliera. Ogni anno si verificano 450-700 mila infezioni in italiani ricoverati in ospedale, soprattutto urinarie o della ferita chirurgica, ma anche polmoniti e sepsi. Di queste, circa il 30% sono potenzialmente prevenibili (135-210mila), mentre si arriva al decesso nell’1% dei casi (1.350-2.100)”. Un quadro complicato anche dal fatto che i microbi possono sviluppare delle resistenze ai farmaci, e quindi vanificare gli sforzi dei medici per trattare le infezioni.

Secondo l’ultimo report dell’European Centre for Disease Prevention and Control sulle antibiotico resistenze a livello europeo, l’Italia è tra i primi paesi in Europa per il volume di antibiotici usati nell’uomo; l’antibiotico resistenza tra gli italiani “è tra le più elevate in Europa ed è quasi sempre al di sopra della media europea”. Le resistenze più alte sono al Centro e al Sud rispetto al Nord Italia, “in relazione con il maggior consumo umano di antibiotici registrato in queste aree geografiche”.

Le analisi riportate nel Rapporto OsMed sull’uso dei farmaci antibiotici mostrano una crescita del consumo territoriale di antibiotici in Italia del 13% (rispettivamente da 24,5 a 27,6 DDD/1000 ab die). Rispetto agli altri paesi europei, l’Italia risulta il paese con più alto consumo di antibiotici, dopo Francia e Cipro e con un consumo doppio rispetto a Germania e Regno Unito.

Le classi di antibiotici principalmente utilizzate in Italia sono penicilline (15 DDD/1000 ab die), macrolidi (5 DDD 1000/ab die), chinoloni (4 DDD 1000/ab die) e cefalosporine (3 DDD 1000/ab die). Queste 4 categorie costituiscono da sole il 90% del consumo totale di farmaci antibiotici in Italia.

Inoltre, l’Italia è il paese dell’Unione Europea con il più elevato consumo di antibiotici in formulazione iniettabile (0,7 DDD/ 1000 ab die), corrispondente a quasi il 3% del consumo totale di antibiotici. Il consumo di antibiotici in formulazione iniettabile risulta, in Francia e in Belgio, pari a un valore da tre a sei volte inferiore a quello italiano.

L’Italia mostra in aggiunta, un impiego elevato di specifiche classi di antibiotici, come cefalosporine e chinoloni, molto meno utilizzate in altri paesi, in quanto il loro uso è limitato al trattamento di infezioni gravi o resistenti ad altre classi di antibiotici. In particolare 2/3 dell’uso degli antibiotici in formulazione iniettabile è costituito da cefalosporine di III generazione con la prevalenza del ceftriaxone.

Simone Gussoni

Fonte: Ansa – Agenzia Italiana del Farmaco

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