Riceviamo e pubblichiamo un comunicato stampa dell’Associazione Luca Coscioni.
Anna (nome di fantasia a tutela della privacy), una donna di 55 anni affetta da sclerosi multipla secondariamente progressiva, è morta lo scorso 28 novembre a casa sua, a Trieste, a seguito dell’autosomministrazione di un farmaco letale.
Dopo aver atteso un anno dalla sua richiesta, “Anna” è la prima italiana ad aver completato la procedura prevista dalla Consulta con la sentenza “Cappato/Antoniani”, con l’assistenza diretta del Servizio sanitario nazionale (Ssn), a seguito dell’ordine del Tribunale di Trieste. Infatti il farmaco letale e la strumentazione sono stati forniti dal Ssn e un medico individuato dall’azienda sanitaria, su base volontaria, ha provveduto a supportare l’azione richiesta nell’ambito e con i limiti previsti dall’ordinanza cautelare pronunciata dal Tribunale di Trieste, il 4 luglio 2023, e quindi senza intervenire direttamente nella somministrazione del farmaco, azione che è rimasta di esclusiva spettanza di “Anna”.
“Anna è la prima persona malata che ha visto riconoscere, da parte dei medici incaricati di effettuare le verifiche sulle condizioni, che l’assistenza continua alla persona è assistenza vitale, così anche la dipendenza meccanica non esclusiva garantita attraverso l’impiego di supporto ventilatorio (CPAP) nelle ore di sonno notturno”, ha dichiarato Filomena Gallo*, avvocato e segretario dell’Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica, che coordina il collegio legale di studio e difesa.
“Emerge – ha aggiunto Gallo – che rispetto alla procedura eseguita di riscontro delle condizioni di una persona malata in Friuli Venezia Giulia, risulta non fondato e paradossale il diniego ricevuto invece nel Lazio da Sibilla Barbieri, anche lei dipendente da trattamenti vitali, ma costretta a morire in Svizzera. Per la prima volta inoltre in Italia una persona ha avuto accesso all’aiuto alla morte volontaria interamente nell’ambito del Servizio sanitario pubblico a seguito dell’ordine di un Giudice”.
E ancora: “Anna, per ottenere il rispetto della sua volontà e l’applicazione della sentenza ‘Cappato’ della Consulta, ha dovuto rivolgersi alla giustizia civile e penale, con grande fatica ha voluto personalmente depositare dai Carabinieri l’esposto contro ASUGI, e partecipare sempre in persona alla prima udienza civile in Tribunale a Trieste, che ha poi emesso una ordinanza di condanna di ASUGI ad applicare la sentenza della Consulta, così come avrebbe dovuto fare già nel novembre 2022, quando aveva ricevuto la richiesta da Anna”.
Sempre Gallo: “L’azienda sanitaria ha dato applicazione alla decisione del giudice del Tribunale di Trieste e, sussistendo tutte le condizioni indicate dalla Corte Costituzionale con sentenza 242/19, si è fatta carico dell’intero percorso. Ha dunque messo a disposizione il farmaco, la strumentazione e il personale sanitario su base volontaria. Abbiamo vigilato sull’intera procedura, a volte sollecitando alcuni passaggi”.
Anna ha voluto lasciare un messaggio: “Anna è il nome che avevo scelto e, per il rispetto della privacy della mia famiglia, resterò Anna. Ho amato con tutta me stessa la vita, i miei cari e con la stessa intensità ho resistito in un corpo non più mio. Ho però deciso di porre fine alle sofferenze che provo perché oramai sono davvero intollerabili. Voglio ringraziare chi mi ha aiutata a fare rispettare la mia volontà, la mia famiglia che mi è stata vicina fino all’ultimo. Io oggi sono libera, sarebbe stata una vera tortura non avere la libertà di poter scegliere”.
Dichiara Marco Cappato, tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni, che sta promuovendo su tutto il territorio nazionale la campagna regionale “Liberi subito”, affinché le Regioni approvino una legge che introduca tempi e procedure certi per accedere al suicidio medicalmente assistito: “Il diritto di scelta alla fine della vita si sta faticosamente affermando, nonostante ostruzionismi e resistenze ideologiche che sono sempre più lontane dal sentire popolare, come dimostra anche il recente sondaggio ‘Osservatorio sul Nord Est’ pubblicato dal Gazzettino, secondo cui oltre otto persone su dieci (82%) si dichiarano d’accordo con l’idea che ‘quando una persona ha una malattia incurabile, e vive con gravi sofferenze fisiche, è giusto che i medici possano aiutarla a morire se il paziente lo richiede’. Il dato è confermato su tutto il territorio nazionale anche da una seconda rilevazione, questa volta curata dal Censis.
Ancora cappato: “Anche in questo caso i favorevoli sono la maggioranza: il 74% degli intervistati (80% degli elettori di FDI, 79% della Lega, 86% di Forza Italia, 83% del M5S, 88% del PD). Ora occorre lavorare sui tempi. Non deve più essere consentito di far attendere quasi un anno fra sofferenze intollerabili e condizioni che peggiorano con il rischio – come stava accadendo ad ‘Anna’ – di perdere le ultime forze necessarie per l’autosomministrazione del farmaco letale”.
* Collegio legale di studio e difesa di Anna: avvocati Filomena Gallo, Francesca Re, Angelo Calandrini e Alessia Cicatelli.
L’ACCESSO ALLA MORTE VOLONTARIA ASSISTITA IN ITALIA
In assenza di una legge nazionale che regolamenti l’aiuto alla morte volontaria, ovvero l’accesso al suicidio assistito, in Italia questa scelta di fine vita è regolamentata dalla sentenza numero 242 del 2019 della Corte Costituzionale sul caso Cappato/Antoniani, che ha legalizzato l’accesso alla procedura ma solo a precise condizioni di salute delle persone.
La Consulta ha disposto che per accedere all’aiuto alla morte volontaria (suicidio assistito) occorre essere in possesso di determinati requisiti: essere capaci di autodeterminarsi, affetti da patologia irreversibile fonte di sofferenze fisiche o psicologiche ritenute dalla persona intollerabili ed essere dipendenti da trattamenti di sostegno vitale.
Questi requisiti, insieme alle modalità per procedere, devono essere verificati dal Servizio Sanitario Nazionale con le modalità previste dalla legge sulle Dat agli articoli 1 e 2 (Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento, 219/17), previo parere del comitato etico territorialmente competente.
LA PROPOSTA DI LEGGE REGIONALE LIBERI SUBITO
Nonostante la possibilità di ottenere questo tipo di aiuto, il Servizio sanitario non garantisce tempi certi per effettuare le verifiche e rispondere alle persone malate che hanno diritto di porre fine alla propria vita. Così le persone che intendono interrompere la propria vita rimangono in attesa di ASL e Comitati Etici territoriali che, per svolgere le loro funzioni di verifica delle condizioni, possono impiegare mesi. Un tempo che molte persone che hanno bisogno di essere aiutate a morire non hanno.
Per questo, nel rispetto delle competenze territoriali, l’Associazione Luca Coscioni ha promosso a livello nazionale la campagna “Liberi Subito” con raccolta firme per proposte di legge regionali che garantiscano il percorso di richiesta di suicidio medicalmente assistito e i controlli necessari in tempi certi, adeguati e definiti.
In altre regioni l’iter è ben avviato: Regione Piemonte, Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Abruzzo e Friuli Venezia Giulia dopo la raccolta delle firme necessarie hanno ritenuto che le norme contenute nella proposta di legge rientrino nelle proprie competenze e siano rispettose della Costituzione italiana. Oltre a queste anche Sardegna, Puglia e Marche hanno depositato la Proposta di legge, ma tramite l’iniziativa di alcuni consiglieri regionali, così da rendere non necessaria la raccolta firme. Analoga proposta è stata depositata in Basilicata grazie all’azione dei Comuni e raccolte firme sono in corso in Lombardia e Toscana.
QUI lo scenario nazionale completo.
LA SVIZZERA E LE DISOBBEDIENZE CIVILI A FAVORE DEI DISCRIMINATI DALLA SENTENZA DELLA CONSULTA
Sono ancora molte le persone gravemente malate costrette a raggiungere la Svizzera per poter accedere al suicidio medicalmente assistito, perché potenzialmente discriminate dalla sentenza della Corte Costituzionale. Tra le persone che sono state aiutate da Marco Cappato e dai “disobbedienti civili” iscritti all’Associazione Soccorso Civile, si ricordano Elena (Veneto), Romano e Margherita Botto (Lombardia), Massimiliano (Toscana) e Paola (Emilia Romagna), Sibilla (Lazio) . Al momento tutte le Procure coinvolte nei casi di disobbedienza civile (Milano, Bologna, Firenze) hanno chiesto l’archiviazione per gli indagati e si è in attesa delle decisioni dei giudici.
L’Associazione Soccorso Civile ha registrato negli ultimi mesi un ampliamento delle adesioni da parte di chi decide di assumersi la responsabilità di nuove azioni di disobbedienza civile. A oggi sono oltre 35 le persone iscritte, pronte ad assumersi il rischio di conseguenze penali per aiutare persone malate a porre fine alle proprie sofferenze e tra queste ci sono anche dei parlamentari (Riccardo Magi, Ivan Scalfarotto e l’ex senatore Luigi Manconi).
APPROFONDIMENTO – I CASI CELEBRI IN ITALIA
Sono cinque gli italiani che hanno ricevuto il via libera per la morte volontaria assistita in Italia con il supporto dell’Associazione Luca Coscioni: Federico Carboni (nelle Marche), la signora Gloria (in Veneto) e Anna in Friuli, che in seguito hanno confermato la propria volontà ricorrendo alla tecnica. Mentre Stefano Gheller (in Veneto) e “Antonio” (sempre nelle Marche) dopo il “semaforo verde” da parte del Comitato etico sono ora liberi di scegliere il momento più opportuno per confermare le proprie volontà o eventualmente attendere o modificare le proprie intenzioni iniziali.
Oltre ai già citati casi di italiani discriminati costretti a espatriare in Svizzera altri poi vorrebbero accedere alla morte volontaria assistita e sono in attesa della verifica delle condizioni, ma son finiti intrappolati nelle sabbie mobili delle lungaggini burocratiche e vittime del reato di “tortura” da parte dello Stato (attualmente è nota la vicenda di Laura Santi in Umbria) e costretti a un interminabile percorso nei tribunali contemporaneo e direttamente proporzionale a un peggioramento delle condizioni di salute.Infine vi sono casi come Fabio Ridolfi e Giampaolo costretti a rinunciare al lungo e faticoso percorso scegliendo loro malgrado il ricorso alla sospensione delle terapie e una lenta morte sotto sedazione profonda con distacco della nutrizione e dell’idratazione, un epilogo che non avrebbero desiderato.
QUI tutte le tappe della storia di Anna
Redazione Nurse Times
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