I ricercatori dell’Università di Lund (Svezia) hanno sviluppato un test cognitivo digitale per la diagnosi del morbo di Alzheimer, destinato all’uso nell’assistenza primaria. Si tratta di uno strumento con cui i medici di famiglia possono identificare gli assistiti più a rischio di una forma iniziale della malattia e che meritano quindi un approfondimento specialistico. Lo studio è stato pubblicato su Nature Medicine.
Il test
Il nuovo test si basa su uno strumento digitale battezzato BioCog, che valuta le capacità mnemoniche e di attenzione per stabilire il profilo di rischio di chi vi si sottopone. L’idea alla base di questo strumento di valutazione è accelerare le diagnosi precoci, in vista di un futuro in cui dovrebbero diventare disponibili test diagnostici di laboratorio e terapie per rallentare la progressione dell’Alzheimer.
Attualmente, infatti, negli Usa è stato approvato il primo test del sangue per la diagnosi precoce della malattia, e presto simili strumenti diagnostici dovrebbero diventare disponibili anche in Europa. Trattandosi di analisi di laboratorio relativamente dispendiose, è impensabile al momento sottoporvi l’intera popolazione anziana, o anche solamente i pazienti che sospettano di soffrire di una forma di demenza.
Con un test di screening rapido ed economico, però, l’utilizzo clinico dei test del sangue per l’Alzheimer potrebbe rivelarsi utile e sostenibile. In caso di sospetti i medici di famiglia potrebbero sottoporre i loro assistiti al test digitale, e quindi prescrivere approfondimenti diagnostici e visite specialistiche solo a chi ha una buona probabilità di soffrire realmente di Alzheimer.
La ricerca
BioCog è stato messo alla prova su 223 volontari, in cura presso un centro specialistico per una probabile forma di Alzheimer con declino cognitivo lieve. Utilizzando i loro risultati, i ricercatori svedesi hanno affinato il test, e lo hanno utilizzato per valutare altri 400 pazienti che si erano rivolti a centri per l’assistenza primaria con il sospetto di soffrire di Alzheimer, rivelando un’accuratezza che raggiunge anche il 90% nell’identificare la presenza di declino cognitivo, contro il 73% dei questionari tradizionali.
Simulando quindi l’adozione del test BioCog in tandem con un test del sangue, i ricercatori hanno concluso che un simile protocollo in due fasi – con uno screening di ingresso affidato allo strumento digitale, e la conferma con test del sangue – raggiungerebbe una precisione del 90% nell’identificare pazienti con una diagnosi di Alzheimer confermata in laboratorio. Meglio, quindi, dell’80% che si raggiunge con il solo test del sangue.
In attesa di una terapia
A detta dei suoi inventori il test digitale rappresenta una promettente strategia di screening che potrebbe rendere sostenibile in futuro la presa in carico dei pazienti con Alzheimer in fase iniziale. I farmaci in fase di approvazione hanno infatti costi estremamente elevati, e una finestra di utilizzo che impone di prescriverli primariamente a persone con sintomatologie lievi. Caratteristiche che impongono di selezionare con cura la platea di pazienti a cui indirizzare le terapie.
“L’aspetto unico del nostro test BioCog – spiega Linda Karlsson, ricercatrice dell’Università di Lund che ha partecipato allo studio – è che a differenza di altri strumenti digitali è stato valutato su una popolazione di pazienti provenienti dall’assistenza primaria, cioè persone che hanno chiesto aiuto al proprio medico perché stanno sperimentando dei problemi di memoria. Combinando i risultati del test digitale e quelli di un test del sangue aumenta inoltre l’accuratezza con cui è possibile diagnosticare l’Alzheimer. Il nostro obbiettivo quindi è quello di rendere la vita più facile ai medici di medicina generale”.
Redazione Nurse Times
Fonti
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