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Aggressioni al personale sanitario, Ceccarelli (Coina): “Fenomeno legato a mancata valorizzazione dei professionisti e disagi del Ssn”

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Aggressioni al personale sanitario: sono 1.600 all'anno
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“L’Italia è arrivata ai primissimi posti in Europa per la drammatica percentuale di aggressioni di cui sono vittime i professionisti sanitari, con l’allarmante dato del 42% delle violenze subite nel 2023, a cui di certo farà seguito un 2024 come annus horribilis, con al primo posto gli infermieri, e nello specifico le nostre infermiere, in assoluto la categoria più esposta al rischio di subire i veri e propri raptus di rabbia e follia da parte di cittadini esasperati e mai così arrabbiati”. Così Marco Ceccarelli, segretario nazionale del sindacato Coina.

“Se si è passati drammaticamente dai calci e dai pugni, che non erano certo la normalità, ai tentativi di strangolamento e alle minacce con i coltelli e le pistole, come ci racconta la cronaca nera degli ultimi mesi, la ragione di fondo va individuata nel totale sgretolamento della fiducia, da parte della collettività, nei confronti dell’operato dei professionisti sanitari”, prosegue Ceccarelli.

E ancora: “La politica si consideri colpevole due volte. In primo luogo per non essere stata capace, finora, di tutelare l’incolumità fisica di infermieri e medici, e in secondo luogo nell’aver fatto in modo, con disinteresse, inefficienza e ‘leggi fantasma’, che il malcontento dei cittadini crescesse di giorno in giorno, fino a esplodere in un 2024 che supera la media di un’aggressione al giorno, da Nord a Sud”.

Sempre Ceccarelli: “Da un lato, con un clima così esasperato e avvelenato, non può esserci altra soluzione che arginare sul nascere le violenze, aumentando a dismisura i presidi delle forze dell’ordine h24, che tristemente, tranne in rari casi, non garantiscono la presenza degli agenti negli orari notturni. Al momento, infatti, a noi risulta ad esempio che, guardando al Centro-Sud, solo il Gom di Reggio Calabria e alcuni ospedali romani, quali il San Camillo, Tor Vergata e il Sant’Eugenio, garantiscono la presenza di un agente negli orari notturni, che oltretutto sarebbe ben poca cosa rispetto al bacino di utenza dei citati ospedali”. 

Aggiunge il segretario Coina: “In parole povere, il 98% delle strutture sanitarie non fa registrare la presenza di forze dell’ordine da mezzanotte alle 7 del giorno successivo, molto spesso abbandonando medici e infermieri dalle 8 di sera fino al mattino dopo. Per non parlare del rischio dei fine settimana totalmente scoperti. A monte, però, al di là delle flebili proposte del ministro Schillaci, come l’arresto in flagranza di reato, la causa scatenante è da riscontrare nel vertiginoso calo della qualità del nostro servizio sanitario”.

Ancora Ceccarelli: “Di fronte a tempi biblici per visite, esami e ricoveri, di fronte a una pericolosa media nazionale del calo dei posti letto del 15% negli ultimi cinque anni, di fronte a organici ridotti all’osso che aprono la strada a disservizi e disagi all’ordine del giorno, il cittadino ha perso letteralmente la bussola. Sia chiaro, nessuna forma di violenza è giustificabile, e in questo momento non si può fare altro che ‘blindare’ i pronto soccorso, i reparti più a rischio, per evitare davvero che ci scappi la tragedia”.

Prosegue Ceccarelli: “Al contempo, però, non si può ignorare il pressappochismo di una politica sanitaria che, senza investimenti degni di tal nome, senza valorizzazione economica e contrattuale dei professionisti, senza soprattutto sanare la carenza di personale, ha lasciato che il disagio della collettività arrivasse, come accade ora, ad un punto di non ritorno. Non si può ignorare il fatto che un infermiere, in media, deve gestire 25 pazienti anziché sei, come da linee guida Oms, e che i pronto soccorso sono stracarichi di casi non gravi per una sanità territoriale inesistente”.

Conclude Ceccarelli: “Ecco allora che la sanità pubblica italiana è diventata un triste cane che si morde la coda. Disservizio dopo disservizio, disagio dopo disagio, i cittadini sono arrivati al punto di organizzare spedizioni punitive se un parente muore. E quella che era tragica normalità, nella quotidiana lotta per la vita nelle corsie di un ospedale, si è trasformata in realtà inaccettabile, che apre la strada a 50 facinorosi capaci di tutto, in preda a una rabbia incontrollabile, come avvenuto a Foggia. Non dovevamo arrivare a questo punto. Non dovevamo toccare il fondo! E ora non ci resta che rimboccarci le maniche, tutti, per difendere i professionisti sanitari. Prima che i lividi e la paura lascino spazio alla tragedia vera e propria”.

Redazione Nurse Times

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