Nel seguente comunicato stampa le riflessioni di Marco Ceccarelli, segretario nazionale Coina.
Definire un pasticcio l’introduzione dell’assistente infermiere non è affatto un’esagerazione. Affermare che siamo di fronte all’ennesima paradossale scelta delle nostre politiche sanitarie è frutto, da parte nostra, di una riflessione assolutamente ponderata, alla luce del sempre più discutibile modus operandi di Governo e Regioni, alla costante ricerca di scorciatoie, di tortuose strade alternative, quelle che lasciano tristemente irrisolti i deficit che ci attanagliano da tempo.
In un momento storico delicatissimo, nel pieno di trattative contrattuali che stentano a decollare, con i professionisti sanitari sempre più nel vortice dei disagi e delle iniquità, a partire da una mancata valorizzazione economica che non può più attendere, e nello stesso tempo con un sistema salute alle prese con una carenza di personale che non ha precedenti nel nostro, stentiamo davvero a comprendere come sia possibile tirare fuori dal cilindro l’ennesima sorpresa, di quelle però che ti lasciano per l’ennesima volta stupito in negativo.
Le Regioni corrono veloce e il prossimo 19 settembre potrebbero già approvare in via definitiva l’inserimento dell’assistente infermiere. Non è affatto il momento di gettare fumo negli occhi a sindacati come il nostro.
Premesso che non avremo mai nulla contro l’evoluzione delle professioni sanitarie, qui siamo di fronte a una figura decisamente e pericolosamente ibrida, che professionista sanitario non è e non lo sarà mai, che costerà allo Stato molto meno di un infermiere o di un’ostetrica, e rischia di rappresentare secondo noi il definitivo colpo di mannaia per una categoria, come quella degli infermieri, che ha già perso tantissimo appeal e sulla quale speravamo si decidesse finalmente di investire in modo concreto, economicamente e contrattualmente, con un piano costruito su sinergie e su una progettualità a lungo termine.
Avremmo accettato senza batter ciglio l’inserimento di una figura del genere se, di pari passo, la politica nazionale e quella regionale ci avessero prospettato, da tempo, l’evoluzione sperata e tanto attesa per i professionisti sanitari. Così non è stato, non è e probabilmente non sarà, e quindi nessuno può toglierci dalla testa che il progetto dell’assistente infermiere sia nato sic et simpliciter per tappare le falle delle carenze infermieristiche, con tutti gli enormi rischi che ne conseguono.
Non vorremmo mai, infatti, che in un momento di emergenza come questo, legato alla sempre più grave carenza di infermieri disponibili, la politica, attraverso la creazione di questa nuova figura, in merito alla quale sono stati compiuti evidenti passi in avanti e che oggi viene appunto definita come “assistente infermiere”, stesse per l’ennesima volta venendo meno ai suoi doveri di valorizzazione di ruolo e contrattuale della professione infermieristica, provando pericolosamente ad aggirare l’ostacolo, come accaduto già in passato.
Lo scenario non può farci dormire sonni tranquilli. Leggendo le linee guida delle mansioni che competono all’assistente infermiere sembra di essere tornati alle figure dell’infermiere professionale e dell’infermiere generico di 50 anni fa.
I rischi sono davvero tanti, prima di tutto quello legato all’ulteriore involuzione della qualità delle cure. L’assistente infermiere altro non è che un oss con una formazione di sei mesi / un anno: il timore di base è fondato, ed è legato all’irrisolta carenza di infermieri e al calo sempre più netto delle iscrizioni a infermieristica.
Senza investimenti degni di tal nome perderemo per strada, infatti, sempre più professionisti sanitari abbandoneranno. Report autorevoli confermano che da qui ai prossimi cinque anni, con il trend attuale, rischiamo un ulteriore contraccolpo, ovvero la perdita di altri 20mila infermieri.
Del resto, la mancata valorizzazione economica e le scarse prospettive di carriera, al pari di quelle degli altri Paesi europei che corrono veloce verso la ripresa, e ancora con le fughe all’estero e le dimissioni volontarie di categorie come gli infermieri, potrebbero disegnare uno scenario davvero inquietante. Saranno allora davvero gli assistenti Infermieri, i super oss a colmare tali carenze? E’ questa la sanità del prossimo futuro che immaginano per noi Governo e Regioni?
Il crescente fabbisogno di cure, legato a una popolazione proiettata sempre di più verso l’invecchiamento, apre la strada da tempo all’indispensabile necessità di potenziare le fondamenta del nostro sistema sanitario. E non è certo con l’avallo di figure surrogate, che assumerebbero un senso solo e soltanto se corroborate da un solido investimento di risorse e prospettive di carriera a favore dei professionisti sanitari (questo si chiama equilibrato e ragionato piano di crescita), che si esce da una crisi come la nostra.
Leggendo ancora le linee guida del progetto, rimaniamo letteralmente basiti di fronte ad articoli come quello che potrebbe permettere anche a chi non è diplomato, quindi agli oss con licenza media, di diventare assistente infermiere. Basterebbero cinque anni di lavoro continuativo su base di otto anni di attività e appena 100 ore di formazione aggiuntive per ottenere tale qualifica. Stentiamo, quindi, a comprendere cosa abbiano in mente le nostre Regioni nell’avallare una figura del genere.
L’assistente infermiere guadagnerà più di un oss e il suo stipendio potrebbe essere addirittura superiore a quello dell’infermiere della sanità privata, avete capito bene! A questo punto c’è da chiedersi legittimamente: quanti saranno i giovani che nel prossimo futuro opteranno sempre di più per figure come l’assistente infermiere, dando letteralmente il colpo di grazia alla professione infermieristica?
Meno responsabilità, un percorso di studi decisamente meno complesso rispetto a quello di un professionista sanitario, stipendio che tutto sommato non sarà nemmeno tanto lontano da quello di un infermiere della sanità pubblica e che supererà addirittura l’oss e l’infermiere della sanità privata. Forse qualcuno ha deciso davvero di scrivere la parola fine sull’evoluzione professionale degli infermieri. Il nostro timore è davvero questo.
Redazione Nurse Times
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