Presso l’IFW Institutes di Dresna (Germania) divisione Integrative Nanosciences, alcuni ricercatori hanno sviluppato un nuovo tipo di bio-supercondensatori approfondendo vari aspetti dell’elettronica miniaturizzata ed affidandosi a tecniche di produzione ispirate anche all’arte degli origami.
Un componente studiato per immagazzinare energia elettrica con dimensioni più piccole di un granello di polvere, ma in grado di raggiungere un voltaggio simile a quello di una batteria AAA, nell’ordine anche di 1,6 V, ma soprattutto realizzato con materiali non dannosi per i tessuti del corpo umano, anzi, capace di potenziare le proprie capacità elettriche quando a contatto ad esempio con il sangue.
Lo sviluppo di questo tipo di dispositivi è stato portato avanti con l’intenzione di creare piccole fonti di energia, biocompatibili, in grado di funzionare in sicurezza nel corpo umano per alimentare ad esempio piccoli sensori e impianti.
Tali dispositivi vengono definiti genericamente bio-supercondensatori ed attualmente i più piccoli mai sviluppati risultano più grandi di 3 mm cubi, ma i ricercatori dell’IFW Institutes sono stati in grado di produrre dei nano-bio-supercondensatore in quanto aventi un volume di soli 0,001 mm cubi.
Il processo produttivo prevede la realizzazione di una pila di strati polimerici, una membrana separatrice ed elettrodi realizzati con un polimero biocompatibile ed elettricamente conduttivo chiamato PEDOT:PSS. Questa pila è posta su una superficie sottilissima sottoposta ad un’elevata tensione meccanica, ciò fa sì che i vari strati si distacchino in modo altamente controllato e si pieghino proprio come avviene in alcuni origami, fornendo una struttura precisa e compatta definita “Swiss-roll”.
Questi nano-bio-supercondensatori risultano essere 3000 volte più piccoli di quelli sviluppati in precedenza, e si ipotizza il loro impiego in abbinamento a soluzioni saline, plasma sanguigno e sangue, elementi con i quali riescono a lavorare per produrre energia elettrica con successo, senza la produzione di agenti dannosi per l’organismo anche alle tensioni più elevate.
“È estremamente incoraggiante vedere come la microelettronica, estremamente flessibile e adattiva, stia entrando nel mondo miniaturizzato dei sistemi biologici”, afferma il capo del gruppo di ricerca, il professore Dr. Oliver G. Schmidt.
Il team ha anche sottoposto questi dispositivi a forze riconducibili a quelle presenti in vasi sanguigni, ottenendo ottimi risultati; per tanto, dispositivi di questo tipo potrebbero essere alla base di applicazioni volte ad esempio per alimentare sensori di pH atti a monitorare il sangue per identificare tempestivamente alterazioni legate a vari tipi di malattie, come per esempio la crescita di un tumore.
Una ricerca molto articolata e complessa pubblicata interamente qui dal sito Nature Communications.
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