“On a remise l’église au milieu du village” il proverbio francese, divenuto famigliare grazie all’ex tecnico della Roma Rudy Garcia dopo un derby vinto contro la Lazio, è l’espressione perfetta per descrivere quanto è avvenuto tra il Ministero della Salute e l’intersindacale medica
L’articolo potrebbe anche chiudersi qui ed evitare qualsiasi tentativo di approfondimento se la nostra Professione avesse ancora un carattere ausiliario e non fosse invece da quasi vent’anni divenuta professione sanitaria.
Il giudizio è critico, con toni pessimistici, proprio per questo particolare per nulla secondario rispetto a quanto avvenuto al Ministero.
Tralascio volentieri di entrare nel merito delle dichiarazioni dei sindacati medici, che trionfalmente e legittimamente dichiaravano “di aver riportato la figura del medico al centro del percorso di cura”, perché ritengo che non sia questo il motivo sul quale la nostra categoria professionale si deve interrogare ma piuttosto sulla capacità di incidere nella concertazione con il Ministero. Alla faccia di tutti i discorsi che dovrebbero vedere “il paziente al centro”.
A poco vale anche il tentativo del Dr. Proia, al quale va riconosciuto il suo continuo sostegno alla professione, che in un paio di dichiarazioni apparse nei commenti sui social, sosteneva di “avere pazienza perché il percorso è appena iniziato”. Iniziato per nulla sotto buoni auspici, purtroppo.
La domanda che vorrei rivolgere all’IPASVI ed ai Sindacati: perché noi non minacciamo uno sciopero?
La risposta è semplice: perché il comparto, del quale noi Infermieri facciamo parte, è rappresentato dalle 22 professioni sanitarie oltre che tutte le altre figure che lavorano in ambito dei servizi sanitari, amministrativi compresi. Mi pare chiaro che fino a quando saremo in questa babele senza arte né parte e con interessi confliggenti tra loro non potremo mai essere potenzialmente un “pericolo” per le aziende e per il Ministero stesso.
Se si aggiunge alla lista dei lavoratori interessati, l’elenco dei Sindacati coinvolti, il risultato che si raggiunge è una frammentazione rivendicativa dove il risultato è il conflitto piuttosto che l’unità di intenti.
In questo mare, le nostre rivendicazioni risultano essere battaglie isolate che non raggiungono l’obiettivo di essere il braccio armato della professione, cosa che invece riesce molto bene ai Sindacati Medici, essi siano Confederali o Autonomi.
Questi sono i nostri limiti attuali e del tutto inutile scaricare le nostre frustrazioni sulla “casta medica”, lo dico con affetto al collega Luca Sinibaldi (VEDI), il quale con un moto di rabbia comprensibile dovrebbe prendere atto che il “nemico” non è il medico ma la totale mancanza di una politica professionale.
Davvero si pensa che sia quel maledetto comma la soluzione? Ancora non siamo riusciti a comprendere che è proprio quel comma l’esca per dirottare una professione fuori dalla ribalta intellettuale e riposizionarla dentro un tecnicismo spendibile economicamente e soprattutto rivendibile?
Su questo abbiamo il dovere di interrogarci, non prendercela con la classe medica che altro non fa che perseguire i propri obiettivi esattamente come vorremmo fare noi.
Non sono convinto che il problema sia legato alle competenze, continuerò a ripeterlo fino a quando avrò voce e soprattutto tempo, ma esso risiede nella nostra incapacità a rendere fattiva “la scienza infermieristica” come scienza intellettuale e socialmente rilevante.
Come è possibile che ciò si avveri?
R I F O R M A N D O: magari con lo spelling riesco a farlo comprendere ai colleghi.
Come si riforma una professione? Evitando di inseguire la N O R M A, anche qui provo a ripeterlo.
Ancora..
Non è un problema di Parlamento e di Lobbisti, perché al netto della inutile presenza di ben 5 parlamentari, non è li che troveremo le chiavi della riforma della professione ma esse sono dentro la nostra capacità di volere mettere al servizio del Cittadino (almeno noi mettiamolo al centro) e del Sistema, il nostro sapere, le nostre conoscenze o se preferite le nostre competenze. Per farlo abbiamo il diritto, qui entra la politica e solo in questo caso, di poter vedere una trasformazione delle organizzazioni del lavoro per poter dare espressione alla scienza di cui siamo portatori.
Si continua a parlare di evoluzione ma non sento nessuno che voglia partire dall’organizzazione: timidamente ne ha accennato la Presidente Mangiacavalli, sarebbe stato utile declinare il suo concetto di “appropriatezza” detta a mezza voce nella puntata di Ballarò: qual è il significato che ella dà a questo concetto, questo vorrei sapere e non vederla apparire sui giornali per questioni che non ci riguardano.
Vogliamo provare a portare tutto il peso di 400mila infermieri sul tavolo del Ministero? Possiamo farlo, dobbiamo farlo, chiedendo lo stralcio del 566 e l’applicazione delle norme esistenti, questa sarebbe la vera rivoluzione, riporterebbe la nostra chiesa al centro del paese.
Piero Caramello
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