Un gruppo di ricerca internazionale diretto dall’Università del Michigan (UMC) di Utrecht, nei Paesi Bassi, ha sviluppato e caratterizzato due anticorpi di prima classe (C01 e C04) che bloccano specificamente il recettore IgG ad alta affinità FcγRI. I loro risultati aprono nuove prospettive per la modulazione terapeutica dell’infiammazione indotta da FcγRI in malattie autoimmuni come l’artrite reumatoide (AR), il lupus eritematoso sistemico (LES) e la trombocitopenia immune (PTI).
FcγRI, noto anche come CD64, è un recettore ad alta affinità presente sulle cellule mieloidi che si lega alla regione Fc degli anticorpi anti-immunoglobulina G (IgG). Svolge un ruolo chiave nella difesa immunitaria, attivando funzioni cellulari come la fagocitosi e la produzione di citochine. In una normale risposta immunitaria, FcγRI viene attivato da immunocomplessi, ovvero gruppi di anticorpi legati ai patogeni, che li marcano per l’eliminazione.
Nelle malattie autoimmuni, tuttavia, il sistema immunitario prende erroneamente di mira i tessuti dell’organismo (come le proteine articolari nell’artrite reumatoide, gli antigeni nucleari nel LES o le piastrine nella PTI), il che determina la produzione di autoanticorpi che formano immunocomplessi. Questi complessi mal indirizzati attivano FcγRI inutilmente, innescando un’infiammazione cronica e il conseguente danno tissutale.
Lo studio, guidato dalla professoressa Jeanette Leusen, PhD del gruppo di ricerca sulla terapia con anticorpi presso il Centro di immunologia traslazionale (UMC Utrecht), e condotto dalla dottoranda Tosca Holtrop MSc, è stato un vero e proprio lavoro di squadra, in collaborazione con esperti dell’Università di Kiel (Germania), del Centro medico dell’Università di Leida, dell’Università di Utrecht e dell’Università Friedrich-Alexander di Erlangen-Norimberga (Germania).
Lo studio dimostra che l’inibizione diretta di FcγRI mediata da Fab è fattibile ed efficace, aprendo una nuova strada per il trattamento delle malattie autoimmuni caratterizzate da complessi IgG-autoanticorpi. Prevenendo l’attivazione indotta da immunocomplessi senza innescare il recettore, C01 e C04 rappresentano un promettente passo avanti verso un’immunoterapia mirata che risparmia l’infiammazione.
“Penso che abbiamo trovato l’ago nel pagliaio, dopo oltre un decennio di ricerche e grazie a un vero lavoro di squadra – afferma Jeanette Leusen, ricercatrice principale dello studio -. Ogni partner di ricerca ha contribuito in modo fondamentale, dalla scoperta degli anticorpi e dalla determinazione della struttura ai test sui campioni dei pazienti e ai modelli preclinici. Solo insieme potevamo raggiungere questo obiettivo. Questi anticorpi non solo forniscono uno strumento unico per studiare la biologia di FcγRI, ma sono anche promettenti come candidati terapeutici per le malattie autoimmuni e infettive”.
Redazione Nurse Times
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