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Via libera all’assistente infermiere in Lombardia, Rozza (Pd): “Funzioni limitate e divieto di sostituire professionisti laureati”

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Lombardia, la mozione della discordia. Rozza (prima firmataria) replica a D'Aloia (Opi Milano): "Non si attibuisca meriti"
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“Una figura sbagliata, persino nella denominazione, che crea confusione nei reparti con l’infermiere laureato. Una figura che non porterà un solo professionista in più in corsia, non attrarrà alcun giovane, anzi mortificherà ancora una volta la professione. Per questo chiediamo al Governo di cambiarla”. Carmela Rozza, consigliera regionale della Lombardia, commenta così l’approvazione in aula della risoluzione sull’assistente infermiere, da lei proposta e di cui è cofirmataria, nata da un lavoro bipartisan, condiviso.

“La risoluzione – spiega Rozza – è nata per limitare i danni di un provvedimento nazionale, su cui la nostra valutazione resta molto critica. Ancora una volta si mortifica la professione. La nuova figura, un’evoluzione dell’operatore socio-sanitario (oss), che consegue la qualifica a seguito di un ulteriore percorso formativo, è stata istituita il giugno scorso dal Governo con l’intento di rimediare alla ormai cronica mancanza di professionisti. In realtà non è una soluzione, ma anzi rischia di peggiorare lo stato delle cose”.

Continua Rozza: “Abbiamo voluto limitare i danni di un provvedimento sbagliato nelle premesse e innanzitutto chiarire che l’assistente infermiere non può, e soprattutto non deve, sostituire l’infermiere laureato, perché non ne ha competenze e non è la risposta alla carenza di professionisti. Non valorizzando la professione, né sul piano economico né sul piano degli avanzamenti di carriera, questa figura non la renderà più attrattiva per i giovani”.

Il documento ha l’obiettivo di delimitare le funzioni dell’assistente infermiere, evitare confusioni di ruoli e tracciare un profilo chiaro, con funzioni specifiche nel sistema della cura e dell’assistenza e assicurare una formazione adeguata. Intanto stabilisce che, vista anche la formazione socio-sanitaria maturata come oss, operi in via privilegiata presso i servizi territoriali, gli enti sociosanitari e, in ogni caso, con pazienti cronici o fragili, e non con pazienti acuti, e che ciascuna Asst ne definisca con precisione i limiti di azione. La formazione, inoltre, deve prevedere un numero di ore maggiore di quelle stabilite a livello nazionale e deve essere affidata a Polis, e non a strutture private non certificate, fuori dal controllo regionale.

Redazione Nurse Times

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