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Dal diabete all’infarto: diagnosi e cure più precoci e personalizzate con l’intelligenza artificiale

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La rivoluzione dell’intelligenza artificiale sta ridefinendo i paradigmi della medicina contemporanea, offrendo soluzioni innovative per il miglioramento della qualità delle cure e dell’efficienza dei sistemi sanitari. All’intelligenza artificiale e alle sue applicazioni rivoluzionarie nel campo medico Fondazione Menarini, in collaborazione con Gemelli Isola – Ospedale Isola Tiberina, University of Central Florida College of Medicine, Sovaris AI e The Foundation for Gender-specific Medicine, ha dedicato un importante congresso, appena concluso a Roma, per esplorare e illustrare le innovazioni tecnologiche che stanno trasformando la pratica clinica e la ricerca sanitaria, con sessioni che hanno spaziato dai principi fondamentali dell’intelligenza artificiale all’analisi dettagliata delle sue applicazioni nelle varie discipline mediche.

“Spesso l’intelligenza artificiale viene vista come una minaccia che, in futuro, potrà arrivare a sostituire i medici stessi. Le ricerche suggeriscono il contrario: non sarà l’intelligenza artificiale a sostituire gli specialisti, ma saranno gli specialisti che sanno far uso delle potenzialità dell’intelligenza artificiale, a rimpiazzare chi non sarà in grado di sfruttare i vantaggi di questo strumento”, dichiara Stefano Del Prato, presidente di Fondazione Menarini.

E aggiunge: “Gli aspetti umani dell’assistenza, tra cui l’empatia, la compassione, il pensiero critico e il processo decisionale complesso, sono fondamentali per fornire una presa in carico olistica del paziente che va oltre la diagnosi e le decisioni terapeutiche e ciò non potrà essere sostituito dall’IA. L’intelligenza artificiale rafforzerà invece la pratica medica, consentendo agli specialisti di sfruttare la tecnologia per migliorare, non solo l’assistenza clinica, ma anche la formazione continua di medici e studenti, cambiando il modo in cui si insegna e si impara la professione sanitaria

Sempre Del Prato: “Non solo. Tra gli altri potenziali vantaggi dell’IA, anche la possibilità di rendere la medicina più sicura, riducendo ritardi nella diagnosi e possibili errori nella ricerca di una cura efficace. Inoltre, l’intelligenza artificiale può alleggerire il carico di lavoro amministrativo dei medici, spesso citato come causa di burnout, lasciando più tempo per instaurare un dialogo più chiaro ed efficace con i pazienti”.

L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE COME CATALIZZATORE DELLA TRASFORMAZIONE DELLA SANITÀ MODERNA

Ad oggi i sistemi di intelligenza artificiale sono già in grado di analizzare nel dettaglio enormi quantità di immagini mediche: dall’ECG, alle radiografie, dalle tomografie computerizzate, alle risonanze magnetiche. Il tutto con una precisione paragonabile o superiore a quella dell’interpretazione umana, identificando sottili anomalie, che potrebbero sfuggire all’occhio anche del clinico più esperto, supportando così il medico in diagnosi più rapide e precise.

Inoltre l’intelligenza artificiale fornisce le basi per una medicina personalizzata sfruttando algoritmi avanzati capaci di elaborare e integrare profilo genetico, biomarcatori, interazione con l’ambiente e storia clinica del singolo paziente per identificare trattamenti su misura, massimizzando l’efficacia terapeutica e minimizzando gli effetti collaterali.

“L’intelligenza artificiale non riguarda una sola specialità ma abbraccia tutte le branche della medicina, dalla cardiologia alla diabetologia, fino alla pneumologia. Ma si sta spingendo ancora più avanti, verso nuove frontiere: lo sviluppo dei gemelli digitali (digital twins), lo sviluppo di reti ad alta capacità potranno offrire l’integrazione delle varie specialità in una visione di precisione ma olistica oltre che permettere simulazioni di interventi complessi, di sistemi predittivi per la gestione di epidemie e pandemie e lo sviluppo di robot chirurgici autonomi”, sottolinea Del Prato.

SFIDE ETICHE E REGOLATORIE

Dietro alle promesse e alle prospettive dell’intelligenza artificiale si nascondono però complesse questioni etiche e regolatorie che devono essere affrontate e risolte per far sì che il professionista sanitario faccia un uso dell’IA consapevole e responsabile. 

“La privacy dei dati rappresenta una preoccupazione primaria: gli algoritmi di intelligenza artificiale richiedono enormi quantità di dati sanitari per essere efficaci, sollevando interrogativi sulla protezione delle informazioni personali dei pazienti – commenta Del Prato -. Un ulteriore elemento di riflessione riguarda l’autonomia decisionale e la responsabilità professionale. Quando un sistema di intelligenza artificiale suggerisce una diagnosi o un trattamento, chi è responsabile delle conseguenze? Quanta autonomia decisionale deve essere concessa a questi sistemi? Spesso percepiti come “scatole nere”, sono difficili da interpretare anche per gli stessi esperti. Questo rende complesso stabilire le responsabilità in caso di errore clinico e può minare la fiducia del paziente verso le tecnologie digitali. È quindi fondamentale che vengano sviluppati modelli spiegabili e comprensibili, capaci di rendere chiari i criteri che portano a una diagnosi o a una raccomandazione terapeutica”.

L’adozione dell’intelligenza artificiale e la sua integrazione nei sistemi sanitari richiede, inoltre, un ripensamento profondo dei flussi di lavoro clinici e della formazione del personale sanitario. “Servono strategie efficaci per integrare queste tecnologie nella pratica quotidiana superando resistenze organizzative e barriere culturali, con particolare attenzione alla qualità e validità delle banche dati su cui si basano gli algoritmi dell’intelligenza artificiale, elemento fondamentale per garantire l’affidabilità delle conclusioni e delle raccomandazioni generate, ma anche per contrastare la disinformazione”, afferma De Prato.

In definitiva, l’era dell’intelligenza artificiale non riduce il ruolo del medico, ma lo ridefinisce. “Accanto alle tradizionali competenze cliniche, sarà sempre più importante la capacità di interpretare criticamente i risultati forniti dagli algoritmi, integrandoli in un quadro decisionale più ampio che tenga conto della storia, delle condizioni e delle esigenze individuali del paziente. Il professionista della salute dovrà sviluppare competenze digitali, etiche e comunicative che gli consentano di governare la tecnologia senza esserne dominato, riaffermando il suo ruolo di garante dell’equità, della responsabilità e dell’umanità della pratica medica. In altre parole, la stessa formazione medica dovrà essere ripensata per preparare quello che sarà il medico del futuro”, conclude Del Prato.

CARDIOLOGIA E INTELLIGENZA ARTIFICIALE: UNA “SENTINELLA” PER IL CUORE

Nella lotta alle malattie cardiovascolari, l’intelligenza artificiale è ormai uno strumento di diagnosi e screening fondamentale, che, di fatto, sta rivoluzionando la cardiologia. “L’intelligenza artificiale con le sue enormi potenzialità si sta dimostrando un importante alleato degli specialisti, che aiuterà a diagnosticare sempre prima le malattie cardiache, a prescrivere terapie migliori, a monitorare i pazienti a più alto rischio, riducendo costi e risorse e migliorando la tempestività delle cure, con un impatto diretto sulla sopravvivenza”, spiega Filippo Crea, membro del Comitato scientifico di Fondazione Menarini, professore di Cardiologia e direttore del Centro di eccellenza di Scienze cardiovascolari dell’Ospedale Gemelli Isola di Roma.

E ancora: “Ad esempio, l’elettrocardiogramma, che un tempo serviva solo per leggere l’attività elettrica del cuore, grazie all’intelligenza artificiale vive una seconda giovinezza e può rivelare dati sulla funzione cardiaca, cioè come il cuore si contrae, che prima richiedevano un ecocardiogramma. Potenziando l’ECG con l’intelligenza artificiale è stato infatti possibile raggiungere una sensibilità del 95,6% nel rilevare disfunzioni ventricolari. Un modello IA applicato ai risultati dell’ECG ha mostrato la capacità di predire, con una accuratezza fino a 24 volte migliore, il rischio di sviluppare scompenso cardiaco rispetto agli algoritmi tradizionali”.

Sempre Crea: “Infine l’intelligenza artificiale è utile anche nella stratificazione prognostica, per capire quali pazienti hanno maggiore probabilità di complicanze future. Permette infatti di integrare tutti i fattori di rischio per determinare la probabilità di infarto o ictus, considerando sia quelli tradizionali come, ad esempio, colesterolo LDL, ipertensione, fumo, diabete, sia i nuovi fattori di rischio su cui la ricerca si sta concentrando, quali nuovi lipidi dannosi, inquinamento, infezioni croniche, stress e isolamento sociale, per creare un quadro di rischio specifico e personale dell’individuo”.

L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE NELLA DIAGNOSI E GESTIONE DEL DIABETE

Nel campo del diabete, l’IA sta offrendo applicazioni concrete e innovative. “Negli Stati Uniti si sta sperimentando una tecnologia basata sull’intelligenza artificiale che riesce a evidenziare cambiamenti precoci della secrezione insulinica già 10 anni prima che il diabete di tipo 1 si manifesti e di identificare sulla base della variazione annuale di questi indici chi progredisce verso la malattia in un periodo relativamente breve, 24 mesi circa”, riferisce Alfonso Galderisi, rofessore associato di Pediatria dell’Università di Yale.

E aggiunge: “Questo approccio ha delle implicazioni pratiche molto importanti: ad oggi non esiste un trattamento ‘cronico’ per prevenire il diabete tipo 1, c’è un farmaco approvato in USA e in fase di valutazione in Europa, capace di ‘ritardare’ l’esordio di malattia, ma non siamo capaci di identificare chi avrà bisogno di trattamenti aggiuntivi o meno. In termini pratici, la prevenzione di una malattia autoimmune come il diabete tipo 1 richiede un trattamento cronico con uno o più farmaci. Tuttavia oggi non abbiamo un modello per questo tipo di ‘trattamento cronico’. La scoperta di indici capaci di monitorare la progressione di malattia e la risposta ai trattamenti ci permette di rendere ‘reale’ questo nuovo modello di ‘prevenzione’ del diabete tipo 1”.

“Allo stesso tempo, l’intelligenza artificiale ha permesso lo sviluppo di sistemi potenziati di rilascio automatico di insulina, anche chiamati ‘pancreas artificiali’, offrendo un approccio rivoluzionario alla gestione del diabete – sottolinea Boris Kovatchev, direttore del Center for Diabetes Technology dell’Università della Virginia -. Si tratta di un vero e proprio gemello digitale del sistema metabolico del paziente che, in un ambiente di simulazione sicuro, può valutare come il proprio corpo reagisce a cambiamenti nei livelli di insulina, così da poter più correttamente regolare la quantità di insulina necessaria per tenere sotto controllo la glicemia. I primi risultati mostrano come, a sei mesi, i pazienti con un proprio pancreas artificiale, siano riusciti a mantenere più a lungo livelli sicuri di glucosio nel sangue (dal 67,3% del tempo al 76,3%) e a ridurre l’emoglobina A1c (livello medio di zuccheri nel sangue) da 6,8% a 6,6%”.  

Oltre a ciò, l’intelligenza artificiale sta permettendo lo sviluppo di nuove tecnologie per migliorare la diagnosi precoce e la gestione della retinopatia diabetica, una delle principali cause di cecità tra gli adulti, che spesso progredisce senza sintomi evidenti fino a quando non si verificano danni irreversibili.

“I sistemi di IA sono ora in grado di analizzare le immagini della retina per individuare i sottili segni della malattia molto prima e con maggiore precisione rispetto ai metodi manuali tradizionali, consentendo uno screening rapido e non invasivo, ma permettendo anche di individuare quali pazienti hanno bisogno di ulteriori valutazioni da parte degli specialisti e quali no – commenta Del Prato, che presiede anche il Forum Europeo sul Diabete -. Automatizzando il processo di screening, questi sistemi aiutano a ridurre le liste di attesa, abbattendo i tempi per la diagnosi e velocizzando l’inizio dei trattamenti. L’identificazione precoce della retinopatia diabetica consente di intervenire tempestivamente, con terapie laser o con le iniezioni di anti-VEGF, che possono preservare la vista e migliorare i risultati a lungo termine”.

PNEUMOLOGIA: IA AIUTA LA DIAGNOSI CON ANALISI DEI “RUMORI” RESPIRATORI 

L’intelligenza artificiale si sta sempre più affermando come strumento fondamentale sia per la diagnosi precoce, che per il trattamento delle malattie respiratorie: da quelle che si sviluppano già in età pediatrica, come la fibrosi cistica, la malattia polmonare cronica del prematuro e l’asma, alle patologie croniche dell’adulto quali la BPCO, le interstiziopatie polmonari e il tumore polmonare. 

“Gli sviluppi dall’intelligenza artificiale in pneumologia si sono inizialmente concentrati sull’affinamento della diagnostica per immagini e sulla funzionalità respiratoria, per poi focalizzarsi su genetica, biologia cellulare e molecolare, consentendo lo sviluppo di terapie mirate in particolare nel campo dell’asma grave e del tumore del polmone, nelle quali la messa a punto di terapie personalizzate ha portato a marcati miglioramenti della qualità e dell’attesa di vita, imprevedibili fino a 10 anni fa”, chiarisce Leonardo Fabbri, membro del Comitato scientifico di Fondazione Menarini, eminente studioso di Medicina interna e malattie respiratorie all’Università di Ferrara”.

“Un altro aspetto importante – prosegue – è costituito dell’analisi automatizzata dei suoni respiratori e della tosse tramite intelligenza artificiale che consente l’analisi riproducibile dei rumori polmonari delle vie aeree ostruite, come ronchi, sibili, rantoli, facilitando non solo la diagnosi ma anche il monitoraggio a distanza del paziente. Infine vi sono fondate speranze che l’intelligenza artificiale, con la sua caratteristica capacità di integrare illimitate quantità di dati, possa contribuire, anche nelle malattie respiratorie croniche, al passaggio dall’approccio per singola malattia a un approccio per singolo paziente con patologie multiple che integri le caratteristiche clinico funzionali, con i fattori ambientali, e i fattori di rischio”.

Redazione Nurse Times

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