Di seguito il comunicato stampa diffuso dal sindacato Nursing Up in occasione della Giornata internazionale dell’infermiere (12 maggio).
“Infermieri poveri, umiliati e stremati. La nostra professione è diventata una condanna, altro che vocazione.” Con queste parole forti Antonio De Palma (foto), presidente del sindacato Nursing Up, apre la sua disamina per la Giornata internazionale dell’infermiere. E i numeri lo confermano: oltre 20mila dimissioni volontarie in soli nove mesi del 2024, un esodo mai visto prima. Un +170% rispetto al 2023. E se nulla cambia, a fine anno saranno più di 30mila gli infermieri in fuga dal Servizio sanitario nazionale.
Sopravvivere, non vivere
L’emorragia ha un volto preciso: quello degli infermieri meridionali che erano emigrati al Nord per lavorare. Ora tornano a casa perché non ce la fanno più a vivere con stipendi da 1.500/1600 euro al mese e affitti che ne assorbono quasi il totale. A Bologna, Milano, Venezia si registrano decine di dimissioni ogni mese, molte senza sostituzioni. “Paghiamo per lavorare, è un’umiliazione quotidiana”, raccontano.
Povertà certificata
La soglia minima per vivere da soli nelle principali città italiane supera in molti casi di 300-400 euro lo stipendio medio netto di un infermiere. A Milano il gap arriva a 450 euro. “Siamo poveri certificati, lavoratori fragili, eppure teniamo in piedi gli ospedali – denuncia il presidente Nursing Up -. Oltre il 70% dei professionisti è costretto a indebitarsi per arrivare a fine mese”.
Aggressioni in corsia: +30% nel 2025
Oltre alla miseria, anche la violenza: 130mila infermieri aggrediti ogni anno, e il 2025 ha già registrato un incremento del 30% nei primi tre mesi. “Non solo non siamo tutelati: siamo lasciati soli, sotto tiro, nel silenzio delle istituzioni”, dice De Palma.
Standard europei? Lontanissimi
La carenza reale di tale personale è drammatica. Vogliamo credere al dato “antico” di 65mila che alcune fonti, come la Fnopi, citano ancora oggi in molti comunicati, oppure a quello di almeno 175mila, calcolato sulla base degli standard Ue, che emerge elaborando i dati Ocse?. “Altro che carenza: è una disfatta”, commenta il òpresidente Nursing Up.
Una professione che non ha più futuro
Un’indagine interna su 1.500 infermieri tra novembre e marzo 2025 rivela uno scenario devastante:
- 90% si sente sottovalutato
- 88% non crede in un miglioramento
- 75% sconsiglierebbe ai giovani di fare l’infermiere
- 60% valuta di trasferirsi all’estero
- 70% vive con rinunce gravi o debiti
“Se un infermiere entra in ansia davanti al proprio conto in banca, come se dovesse assistere un tragico codice rosso, allora la sanità ha già fallito”, dice ancora De Palma.
Serve un piano Marshall. Ora
“Il 12 maggio non può più essere solo una celebrazione – conclude il presidente nursing Up -. Siamo al punto di non ritorno. O si salva la professione infermieristica ora o la sanità pubblica crolla. E con essa l’Italia che si prende cura dei cittadini”.
Redazione Nurse Times
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