Nasce una task-force del ministero della Salute sulle malattie infettive, che seguirà gli sviluppi delle varie situazioni, a partire da quella di queste settimane in Congo. È quanto deciso nella riunione tecnica di ieri mattina tra ministero e Istituto Superiore di Sanità (Iss). Sarà composta dalla direttrice del dipartimento, Maria Rosaria Campitiello, capo del Dipartimento della prevenzione, della ricerca e delle emergenze sanitarie del ministero, e da alcuni rappresentanti di Aifa e Iss. Gli esperti avranno anche il compito di segnalare alle Regioni cosa accade e di dare indicazioni appena ci saranno elementi.
Intanto i Nas hanno ritirato i campioni del paziente ricoverato all’ospedale San Luca di Lucca, già dimesso e guarito, il quale presentava sintomi influenzali potenzialmente riconducibili alla malattia che sta colpendo una regione del Congo. I campioni prelevati saranno analizzati dall’Iss. L’uomo, un cinquantenne, proviene dal Paese africano e lavora a circa 700 chilometri dalla zona di Panzi, dove sono stati stato documentati casi e decessi per il misterioso virus.
Rientrato in Italia ha manifestato “una sintomatologia influenzale potenzialmente riconducibile alla malattia che sta colpendo una regione del paese africano”, come precisa in una nota Maria Rosaria Campitiello. E’ stato ricoverato dal 22 novembre al 3 dicembre.
“Presentava febbre e anemia, ma adesso sta bene, così come i suoi famigliari – ha spiegato Spartaco Sani, responsabile di Malattie infettive all’ospedale San Luca di Lucca -. Solo per scrupolo è stato ricontattato per accertamenti, ma ad oggi non c’è pericolo di contagio”. E l’Asl Toscana Nord Ovest sottolinea che il pazienbte “è stato richiamato per una questione di massima precauzione”, dopo la notizia del focolaio congolese. Quando il paziente è stato ricoverato all’ospedale di Lucca, infatti, “non era ancora noto il focolaio emerso in Congo”.
Secondo il ministero della Sanità del Congo, l’epidemia dura da oltre 40 giorni e i morti accertati in presidi sanitari sono circa 27 su 382 contagiati. Altri 44 decessi sono stati registrati nei villaggi limitrofi, ma senza una verifica della diagnosi, per un totale di circa 70 morti in una vasta area. Una gran parte dei decessi si deve però alla totale mancanza di cure. Il tasso di mortalità è intorno all’8%, tale da meritare attenzione, ma non allarmismo.
Gli infettivologi stanno cercando di stringere il cerchio su una rosa di potenziali responsabili di quanto sta avvenendo: dalla febbre emorragica a qualche forma di polmonite, ai contagi respiratori. “Stando alla sintomatologia, potrebbe trattarsi di una febbre emorragica – ha detto l’infettivologo Matteo Bassetti, direttore della Clinica malattie infettive del Policlinico San Martino di Genova -. Sono forme virali, come per esempio Ebola o la febbre emorragica di Congo-Crimea, infezioni già note, magari sostenute da un nuovo virus che ci auguriamo venga presto identificato”.
“In Congo e Camerun, con la presenza della foresta equatoriale e una grandissima varietà di animali, si concentra la maggiore parte dei virus del pianeta – sostiene Carlo Perno, responsabile di Microbiologia e diagnostica di immunologia all’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù -. Un luogo ideale per l’ormai noto salto di specie (spillover), il processo naturale per cui un patogeno degli animali evolve e diventa in grado di infettare, riprodursi e trasmettersi all’interno della specie umana”.
Redazione Nurse Times
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