Normative

ORARIO DI LAVORO

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Lavorare di notte e i rischi per la salute
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La materia ha subito importanti modifiche a seguito del Decreto legislativo 66/2003 così come integrato dal Decreto Legislativo 213/2004. In esso sono contenuti numerosi rinvii alla contrattazione collettiva, sia nazionale che di secondo livello; è quindi indispensabile riferirsi alla disciplina contrattuale dei singoli contratti per verificarne la regolamentazione che è stata data.

Definizione dell’orario di lavoro.

Si considera orario di lavoro qualsiasi periodo il un cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio della sua attività o delle sue funzioni.

Periodi da considerarsi orario di lavoro.

Devono essere computate nell’orario di lavoro:

  • i tempi di viaggio se tale periodo rientra nell’orario di lavoro se è funzionale rispetto alla prestazione
  • Il tempo per indossare gli indumenti di lavoro quando si realizzino, simultaneamente, le tre condizioni considerate necessarie dalla legge, cioè essere «al lavoro», «a disposizione del datore di lavoro» e «nell’esercizio dell’attività o delle funzioni». Le tre condizioni previste dalla legge per la configurabilità dell’orario di lavoro si considerano realizzate quando l’attività di vestizione (e vestizione) del prestatore di lavoro risulta eterodiretta» dal datore di lavoro.

Periodi da non considerarsi come orario di lavoro

  • i riposi intermedi, sia nell’ipotesi in cui il lavoratore riposi all’interno che all’esterno del luogo di lavoro
  • il tempo impiegato per recarsi al posto di lavoro (tragitto casa lavoro e viceversa)
  • il tempo impiegato per raggiungere il luogo della trasferta o della missione
  • le soste di lavoro di durata inferiore a 10 minuti e complessivamente non superiori a 2 ore, comprese tra l’inizio e la fine di ogni periodo della giornata di lavoro, durante le quali non sia richiesta alcuna prestazione al lavoratore
  • i tempi di viaggio se tale periodo non rientra nell’orario di lavoro quando non è funzionale rispetto alla prestazione

Durata settimanale dell’orario di lavoro.

In base al decreto legislativo l’orario di lavoro settimanale è fissato in 40 ore settimanali, laddove per settimanali non necessariamente significa in base alla settimana, ma un periodo di 7 giorni.

I CCNL.

I contratti collettivi di lavoro possono definire un orario settimanale inferiore alle 40 ore. In tutti i comparti pubblici e in alcuni privati, l’orario di lavoro settimanale, come sopra definito, è pari a 36 ore. Ne consegue che è considerato lavoro straordinario quello effettuato dalla 41° ora in avanti, mentre quello dalla 37° alla 40° ora è considerato orario supplementare. Anche quest’ultimo, però, è retribuito con le maggiorazioni orarie del lavoro straordinario.

Limite massimo dell’orario di lavoro.

L’orario settimanale non può, in ogni caso, superare le 48 ore settimanali, per un periodo di 7 giorni.  In tale limite sono comprese le ore straordinarie.
Determinazione del periodo di riferimento. Il periodo di 7 giorni per determinare le 48 ore settimanali, va calcolato come media in un periodo non inferiore a 4 mesi, elevabile dai CCNL a 6 mesi oppure a 12 mesi. Inoltre  i contratti collettivi possono consentire di lavorare oltre le 48 ore, ma le ore eccedenti vanno compensate con riposi.
I contratti collettivi stabiliscono l’orario di lavoro, che per effetto del regime legale obbligatorio delle pause, riposi giornalieri e settimanali, non può eccedere le 77 ore.
Si deve, quindi, verificare quanto i CCNL Pubblici e Privati dispongono in materia, ad esempio, nel comparto della Sanità Pubblica l’orario di lavoro può essere programmato plurisettimanalmente, fermo restando un limite di 28 ore settimanali ed un massimo di 44, per un massimo di tre mesi all’anno)
Periodi da non considerare ai fini della media. Nel calcolo della media non sono presi in considerazione i periodi di:

  • ferie annuali
  • malattia
  • infortunio
  • gravidanza

Ad esempio, nel considerare il quadrimestre gennaio/aprile, tale periodo, a causa di assenze dovute a malattia, potrebbe scorrere nel mese di maggio.
Tutti i restanti periodi di assenza con diritto alla conservazione del posto di lavoro, restano compresi nell’arco temporale di riferimento, sia pure con indicazione pari a zero.

Il tetto delle 48 ore.

Nel periodo di riferimento (4 – 6 o 12 mesi) il tetto delle 48 ore deve essere rispettato sia nel caso di orario rigido ed uniforme che ne caso di orario multiperiodale.
La legge non vieta prestazioni che superino le 48 nell’arco di sette giorni, dal momento che il limite legale va verificato su un periodo più ampio della settimana.
Nella settimana lavorativa si può superare il limite delle 48 ore settimanali, purché vi siano settimane lavorative con meno di 48 ore.
Nei rapporti di lavoro a tempo determinato di durata inferiore al periodo di riferimento, per il calcolo della media è necessario considerare l’effettiva durata del contratto di lavoro a termine.
Esempio metodologia per il calcolo della media.  Ipotesi di non superamento del limite delle 48 ore.
Si ponga l’ipotesi di controllare un eventuale superamento delle 48 ore su periodo di 4 mesi. Poniamo che non vi siano state né giornate di ferie né assenze per malattie, le ore straordinarie effettuate senza diritto a riposi compensativi (oppure non fruiti), e che i 4 mesi contengono 4 settimane ciascuna.
Il periodo da considerare sarà formato da 16 settimane (4 settimane per 4 mesi)
Nelle 16 settimane considerate l’orario è il seguente:

– 6 settimane a 52 ore settimanali
– 10 settimane a 41 ore settimanali

Il calcolo sarà il seguente:
– ore lavorate = (6 x 5 ) + (10 x 4) = 312 + 410 = 722
– periodo considerato = 6 settimane + 10 settimane = 16 settimane

Applicando la formula avremo:
– 722/16 = 45.13 ore

Ipotesi di superamento del limite delle 48 ore.
Si ponga l’ipotesi di controllare un eventuale superamento delle 48 ore su periodo di 4 mesi. Poniamo che non vi siano state né giornate di ferie né assenze per malattie, le ore straordinarie effettuate senza diritto a riposi compensativi (oppure non fruiti), e che i 4 mesi contengono 4 settimane ciascuna.
1. Il periodo da considerare sarà formato da 16 settimane (4 settimane per 4 mesi)
2. Nelle 16 settimane considerate l’orario è il seguente:
– 10 settimane a 52 ore settimanali
– 6 settimane a 41 ore settimanali

Il calcolo sarà il seguente:
– ore lavorate = (10 x 56 ) + (6 x 41) =560+ 246 = 806
– periodo considerato = 6 settimane + 10 settimane = 16 settimane

Applicando la formula avremo:
– 806/16 = 50.38
Limite giornaliero dell’orario di lavoro. Il decreto legislativo 66/2003 ha abolito il precedente limite giornaliero dell’orario di lavoro. Dal momento che la legge stabilisce che il lavoratore ha diritto a 11 ore di riposo consecutivo ogni 24 ore, si ricava che la differenza tra le 24 ore e le 11 di riposo rappresenta il limite giornaliero pari a 13 ore, ferme restando le pause.
Le pause. Qualora l’orario giornaliero superi le 6 ore, il lavoratore ha diritto ad una pausa di durata non inferiore a 10 minuti. I CCNL stabiliscono le modalità e la durata della pausa, non necessariamente quando siano trascorse 6 ore di lavoro e può coincidere con la normale sospensione del lavoro in caso di orario di lavoro spezzato.
Pause di alleggerimento. La prestazione lavorativa può essere interrotta da pause di alleggerimento dei ritmi di lavoro, che non sono quindi pause vere e proprie, ma strumentali all’attività stessa, ad esempio, le pause previste per i lavoratori video terminalisti.

Lavoro notturno.

L’attività notturna è quella che si svolge per un periodo di almeno 7 ore consecutive tra le ore 24 e le ore 5. Ad esempio è lavoro notturno quello svolto dalle:
– Ore 24 alle ore 7
– Tra le ore 23 e le ore 6
– Tra le ore 22  e le ore 5
E’ considerato lavoro notturno chiunque svolga, durante il periodo notturno, alternativamente:

  • almeno 3 ore del suo tempo di lavoro giornaliero impiegato in modo normale
  • una parte del suo orario di lavoro secondo le norme definite dai CCNL.

In mancanza di diversa previsione contrattuale è considerato lavoratore notturno colui che svolge lavoro notturno per almeno 80 giorni lavorativi all’anno.

Tali requisiti devono essere considerati alternativi, inoltre deve considerarsi lavoratore notturno anche colui che non sia impiegato in modo normale durante il periodo notturno, ma che nell’arco dell’anno, svolga almeno 80 gironi di lavoro notturno.

Trattamento economico.

Al lavoratore che effettua prestazioni notturne competono delle maggiorazioni, in percentuale o in cifra fissa, definite dai CCNL.
Durata. L’orario di lavoro notturno, in generale, non può superare le 8 ore in media nell’arco delle 24 ore, calcolate dal momento dell’inizio della prestazione lavorativa.
Nel calcolo della media su cui calcolare il limite delle 8 ore non si deve tenere conto del periodo di riposo settimanale minimo quando questo cade nel periodo di riferimento stabilito dai CCNL.
Inoltre, la prestazione normale di lavoro è commisurata alla settimana lavorativa, ed è consentito di calcolare la medi di 8 ore su tale periodo, salvo l’individuazione nei CCNL, anche aziendali, di un periodo più ampio sul quale calcolare il limite.
Va rilevato che la durata massima della settimana lavorativa non può superare le 48 ore comprensive delle ore di straordinario, la cui media può essere calcolata in un periodo di riferimento di quattro mesi, sei mesi o un anno.

Accertamenti sanitari.

Il lavoratore notturno per poter svolgere la prestazione deve essere ritenuto idoneo mediante accertamento delle strutture sanitarie pubbliche competenti o per tramite del medico competente. Nelle ipotesi in cui, i lavoratori notturni, la cui  idoneità sia già stata verificata ai sensi delle leggi previgenti il Decreto Legislativo 66/2003, non devono essere sottoposti a nuovi accertamenti. Tuttavia, devono essere effettuati controlli preventivi e periodici volti a verificare l’assenza di controindicazioni al lavoro notturno, almeno ogni due anni.

Consultazione Sindacale.

L’introduzione del lavoro notturno deve essere preceduta dalla consultazione delle rappresentanze sindacali, anche territoriali e si deve concludere entro un periodo di sette giorni.
Non sono obbligati a prestare lavoro notturno:

  • la lavoratrice madre di un figlio di età inferiore a tre anni o, in alternativa, il lavoratore padre convivente con la stessa
  • la lavoratrice o il lavoratore che sia l’unico genitore di un figlio convivente di età inferiore a dodici anni
  • la lavoratrice o il lavoratore cha abbia a proprio carico un soggetto disabile

In ogni caso è vietato adibire le donne al lavoro, dalle ore 24 alle ore 6, dall’accertamento dello stato di gravidanza fino al compimento di un anno di età del bambino.
E’vietato adibire al lavoro notturno i minori di 15 anni, gli apprendisti minorenni e quelli maggiorenni.

Riposi giornalieri.

Fermo restando la durata settimanale dell’orario di lavoro, il lavoratore ha diritto ad un minimo di 11 ore consecutive di riposo ogni 24 ore. Tuttavia il decreto consente delle deroghe, in particolare per i servizi alla persona, come ad esempio per la Sanità o nelle RSA, deroghe che possono essere previste dal CCNL ovvero di un  accordo sindacale  anche aziendale, e successiva comunicazione alla Direzione Provinciale del lavoro per evitare di incorrere nelle sanzioni previste.
Si ponga ad esempio quella particolare forma di orari di lavoro che prevedono il mattino/notte, a esempio: 7/13 – 22/6. In questo caso non vi sono 11 ore di riposo tra un turno e l’altro, quindi è necessario un accordo di deroga.
Riposo settimanale. Il lavoratore ha diritto ogni 7 giorni ad un periodo di riposo di almeno 24 ore consecutive, da cumulare con le ore di riposo giornaliero, coincidente la domenica.

Eccezioni.

A questa regola generale fanno eccezione:

  • lavoro a turni ogni volta che il lavoratore cambia turno o squadra e non può usufruire, tra la fine del servizio di un turno o di una squadra e l’inizio del successivo, di periodi di riposo giornaliero o settimanale
  • attività caratterizzata da periodi di lavoro frazionati durante la giornata previste dai CCNL, a condizione che la concreta soluzione organizzativa non faccia sovrapporre i due riposi.

Fermo restando il divieto di sovrapposizione, il riposo settimanale e quello giornaliero possono anche essere fruiti non consecutivamente. Il periodo di riposo può essere calcolato come media per un periodo non superiore a 14 giorni. In pratica la media è calcolata partendo dall’ultimo giorno di riposo settimanale del lavoratore e procedendo a ritroso nei 13 giorni precedenti; in tale arco di tempo il lavoratore deve aver fruito di almeno un altro giorno di riposo.

Deroghe al riposo di domenica.

Il riposo di 24 ore consecutive può essere fissato in un giorno diverso dalla domenica, come nel caso di attività in servizi  rilevanti per la collettività o di pubblica utilità.

Flessibilità dell’orario.

La contrattazione decentrata può stabilire un orario flessibile del lavoro giornaliero che consiste nell’anticipare o posticipare l’entrata e l’uscita. I lavoratori che si trovano in particolari situazioni (lavoratici madri, lavoratori handicappati, progetti di recupero per lavoratori in particolari condizioni psicofisiche), vanno favoriti nell’utilizzo dell’orario flessibile.

Settimana corta.

Le ore settimanali sono normalmente distribuite su 6 giorni lavorativi e possono essere ripartite su 5 dai CCNL. In caso di adozione della settimana corta il sabato, pur non lavorativo, è considerato giornata di lavoro e pertanto non può essere considerato periodo di riposo.

Lavoro a turni.

Il Decreto Legislativo 8 aprile 2003, n. 66 all’art. 1 definisce come lavoro a turni”qualsiasi metodo di organizzazione del lavoro anche a squadre in base al quale dei lavoratori siano successivamente occupati negli stessi posti di lavoro, secondo un determinato ritmo, compreso il ritmo rotativo, che può essere di tipo continuo o discontinuo, e il quale comporti la necessità per i lavoratori di compiere un lavoro a ore differenti su un periodo determinato di giorni o di settimane”.
E poi definisce come lavoratore a turni “qualsiasi lavoratore il cui orario di lavoro sia inserito nel quadro del lavoro a turni”. Si tratta di una nozione che ricalca quella fornita dalla Direttiva 93/104/CE.
Il legislatore ha distinto quindi tra lavoro a turni e a squadre, e tra lavoro a turni caratterizzato da turni rotativi e non.
Diverse sono le modalità in cui la fattispecie del lavoro a turni può atteggiarsi, distinguendosi al proposito tra lavoro a ciclo continuo, se gli impianti funzionano per tutta la giornata nell’intero arco settimanale, lavoro a ciclo semicontinuo, quando l’attività produttiva venga sospesa nel fine settimana,  lavoro a ciclo discontinuo, se la produzione non procede nell’arco dell’intera giornata, ma prevede due o più turni, di durata complessivamente inferiore alle 24 ore giornaliere.

Recupero ritardi.

Eventuali ritardi sull’orario di inizio del lavoro sono generalmente recuperati entro l’ultimo giorno del mese successivo a quello in cui si è verificato il ritardo. Quando il recupero non viene effettuato viene operata una proporzionale decurtazione della retribuzione, cumulando le frazioni di ritardo fino ad un’ora o frazione non inferiore alla mezza ora.

Recupero e riposi compensativi.

Quando il dipendente presta la propria attività oltre il normale orario giornaliero può chiedere, al posto della retribuzione, il recupero delle ore anche sotto forma di riposo compensativo, secondo le modalità fissate dalla contrattazione collettiva.

FONTI DI RIFERIMENTO

Costituzione della Repubblica
Art. 36. Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa.
La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge. Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi.
Legge 29 marzo 1983 n. 93 Art. 30
Norme transitorie sull’orario di lavoro dei dipendenti civili dell’Amministrazione dello Stato.
L’articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3 , va interpretato nel senso che l’orario ordinario di lavoro ivi disciplinato è di trentasei ore settimanali
D.Lgs. 8 aprile 2003 n. 66
Art. 3  Orario normale di lavoro
1.  L’orario normale di lavoro è fissato in 40 ore settimanali.
2.  I contratti collettivi di lavoro possono stabilire, ai fini contrattuali, una durata minore e riferire l’orario normale alla durata media delle prestazioni lavorative in un periodo non superiore all’anno.
Art. 4  Durata massima dell’orario di lavoro
1.  I contratti collettivi di lavoro stabiliscono la durata massima settimanale dell’orario di lavoro.
2.  La durata media dell’orario di lavoro non può in ogni caso superare, per ogni periodo di sette giorni, le quarantotto ore, comprese le ore di lavoro straordinario.
3.  Ai fini della disposizione di cui al comma 2, la durata media dell’orario di lavoro deve essere calcolata con riferimento a un periodo non superiore a quattro mesi.
4.  I contratti collettivi di lavoro possono in ogni caso elevare il limite di cui al comma 3 fino a sei mesi ovvero fino a dodici mesi a fronte di ragioni obiettive, tecniche o inerenti all’organizzazione del lavoro, specificate negli stessi contratti collettivi.
Art. 5  Lavoro straordinario
1.  Il ricorso a prestazioni di lavoro straordinario deve essere contenuto.
2.  Fermi restando i limiti di cui all’articolo 4, i contratti collettivi di lavoro regolamentano le eventuali modalità di esecuzione delle prestazioni di lavoro straordinario.
3.  In difetto di disciplina collettiva applicabile, il ricorso al lavoro straordinario è ammesso soltanto previo accordo tra datore di lavoro e lavoratore per un periodo che non superi le duecentocinquanta ore annuali.
4.  Salvo diversa disposizione dei contratti collettivi il ricorso a prestazioni di lavoro straordinario è inoltre ammesso in relazione a:
a)  casi di eccezionali esigenze tecnico-produttive e di impossibilità di fronteggiarle attraverso l’assunzione di altri lavoratori;
b)  casi di forza maggiore o casi in cui la mancata esecuzione di prestazioni di lavoro straordinario possa dare luogo a un pericolo grave e immediato ovvero a un danno alle persone o alla produzione;
c)  eventi particolari, come mostre, fiere e manifestazioni collegate alla attività produttiva, nonché allestimento di prototipi, modelli o simili, predisposti per le stesse, preventivamente comunicati agli uffici competenti ai sensi dell’articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241, come sostituito dall’articolo 2, comma 10, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, e in tempo utile alle rappresentanze sindacali aziendali.
5.  Il lavoro straordinario deve essere computato a parte e compensato con le maggiorazioni retributive previste dai contratti collettivi di lavoro. I contratti collettivi possono in ogni caso consentire che, in alternativa o in aggiunta alle maggiorazioni retributive, i lavoratori usufruiscano di riposi compensativi.
Art. 6  Criteri di computo
1.  I periodi di ferie annue e i periodi di assenza per malattia non sono presi in considerazione ai fini del computo della media di cui all’articolo 4.
2.  Nel caso di lavoro straordinario, se il riposo compensativo di cui ha beneficiato il lavoratore è previsto in alternativa o in aggiunta alla maggiorazione retributiva di cui al comma 5 dell’articolo 5, le ore di lavoro straordinario prestate non si computano ai fini della media di cui all’articolo 4.
Art. 7  Riposo giornaliero
1.  Ferma restando la durata normale dell’orario settimanale, il lavoratore ha diritto a undici ore di riposo consecutivo ogni ventiquattro ore. Il riposo giornaliero deve essere fruito in modo consecutivo fatte salve le attività caratterizzate da periodi di lavoro frazionati durante la giornata o da regimi di reperibilità.
Art. 8  Pause
1.  Qualora l’orario di lavoro giornaliero ecceda il limite di sei ore il lavoratore deve beneficiare di un intervallo per pausa, le cui modalità e la cui durata sono stabilite dai contratti collettivi di lavoro, ai fini del recupero delle energie psico-fisiche e della eventuale consumazione del pasto anche al fine di attenuare il lavoro monotono e ripetitivo.
2.  Nell’ipotesi di cui al comma 1, in difetto di disciplina collettiva che preveda un intervallo a qualsivoglia titolo attribuito, al lavoratore deve essere concessa una pausa, anche sul posto di lavoro, tra l’inizio e la fine di ogni periodo giornaliero di lavoro, di durata non inferiore a dieci minuti e la cui collocazione deve tener conto delle esigenze tecniche del processo lavorativo.
3.  Salvo diverse disposizioni dei contratti collettivi, rimangono non retribuiti o computati come lavoro ai fini del superamento dei limiti di durata i periodi di cui all’articolo 5 regio decreto 10 settembre 1923, n. 1955, e successivi atti applicativi, e dell’articolo 4 del regio decreto 10 settembre 1923, n. 1956, e successive integrazioni.
Art. 9  Riposi settimanali
1.  Il lavoratore ha diritto ogni sette giorni a un periodo di riposo di almeno ventiquattro ore consecutive, di regola in coincidenza con la domenica, da cumulare con le ore di riposo giornaliero di cui all’articolo 7. Il suddetto periodo di riposo consecutivo è calcolato come media in un periodo non superiore a 14 giorni.
2.  Fanno eccezione alla disposizione di cui al comma 1:
a)  attività di lavoro a turni ogni volta che il lavoratore cambi turno o squadra e non possa usufruire, tra la fine del servizio di un turno o di una squadra e l’inizio del successivo, di periodi di riposo giornaliero o settimanale;
b)  le attività caratterizzate da periodi di lavoro frazionati durante la giornata;
c)  per il personale che lavora nel settore dei trasporti ferroviari: le attività discontinue; il servizio prestato a bordo dei treni; le attività connesse con gli orari del trasporto ferroviario che assicurano la continuità e la regolarità del traffico ferroviario;
d)  i contratti collettivi possono stabilire previsioni diverse, nel rispetto delle condizioni previste dall’articolo 17, comma 4.
3.  Il riposo di ventiquattro ore consecutive può essere fissato in un giorno diverso dalla domenica e può essere attuato mediante turni per il personale interessato a modelli tecnico-organizzativi di turnazione particolare ovvero addetto alle attività aventi le seguenti caratteristiche:
a)  operazioni industriali per le quali si abbia l’uso di forni a combustione o a energia elettrica per l’esercizio di processsi caratterizzati dalla continuità della combustione ed operazioni collegate, nonché attività industriali ad alto assorbimento di energia elettrica ed operazioni collegate;
b)  attività industriali il cui processo richieda, in tutto o in parte, lo svolgimento continuativo per ragioni tecniche;
c)  industrie stagionali per le quali si abbiano ragioni di urgenza riguardo alla materia prima o al prodotto dal punto di vista del loro deterioramento e della loro utilizzazione, comprese le industrie che trattano materie prime di facile deperimento ed il cui periodo di lavorazione si svolge in non più di 3 mesi all’anno, ovvero quando nella stessa azienda e con lo stesso personale si compiano alcune delle suddette attività con un decorso complessivo di lavorazione superiore a 3 mesi;
d)  i servizi ed attività il cui funzionamento domenicale corrisponda ad esigenze tecniche ovvero soddisfi interessi rilevanti della collettività ovvero sia di pubblica utilità;
e)  attività che richiedano l’impiego di impianti e macchinari ad alta intensità di capitali o ad alta tecnologia;
f)  attività di cui all’articolo 7 della legge 22 febbraio 1934, n. 370;
g)  attività indicate agli articoli 11, 12 e 13 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, e di cui all’articolo 3 della legge 24 ottobre 2000, n. 323.
4.  Sono fatte salve le disposizioni speciali che consentono la fruizione del riposo settimanale in giorno diverso dalla domenica, nonché le deroghe previste dalla legge 22 febbraio 1934, n. 370.
5.  Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali ovvero, per i pubblici dipendenti, con decreto del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, adottato sentite le organizzazioni sindacali nazionali di categoria comparativamente più rappresentative, nonché le organizzazioni nazionali dei datori di lavoro, saranno individuate le attività aventi le caratteristiche di cui al comma 3, che non siano già ricomprese nel decreto ministeriale 22 giugno 1935, e successive modifiche e integrazioni, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 161 del 12 luglio 1935, nonché quelle di cui al comma 2, lettera d), salve le eccezioni di cui alle lettere a), b) e c). Con le stesse modalità il Ministro del lavoro e delle politche sociali ovvero per i pubblici dipendenti il Ministro per la funzione pubblica, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, provvede all’aggiornamento e alla integrazione delle predette attività. Nel caso di cui al comma 2, lett. d), e salve le eccezioni di cui alle lettere a), b) e c) l’integrazione avrà senz’altro luogo decorsi trenta giorni dal deposito dell’accordo presso il Ministero stesso.
Art. 11  Limitazioni al lavoro notturno
1.  L’inidoneità al lavoro notturno può essere accertata attraverso le competenti strutture sanitarie pubbliche.
2.  I contratti collettivi stabiliscono i requisiti dei lavoratori che possono essere esclusi dall’obbligo di effettuare lavoro notturno. E’ in ogni caso vietato adibire le donne al lavoro, dalle ore 24 alle ore 6, dall’accertamento dello stato di gravidanza fino al compimento di un anno di età del bambino. Non sono inoltre obbligati a prestare lavoro notturno:
a)  la lavoratrice madre di un figlio di età minore a tre anni o, in alternativa, il lavoratore padre convivente con la stessa;
b)  la lavoratrice o il lavoratore che sia l’unico genitore affidatario di un figlio convivente di età inferiore a dodici anni;
c)  la lavoratrice o il lavoratore che abbia a proprio carico un soggetto disabile ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e successive modificazioni.
Art. 12  Modalità di organizzazione del lavoro notturno e obblighi di comunicazione
1.  L’introduzione del lavoro notturno deve essere preceduta, secondo i criteri e con le modalità previsti dai contratti collettivi, dalla consultazione delle rappresentanze sindacali in azienda, se costituite, aderenti alle organizzazioni firmatarie del contratto collettivo applicato dall’impresa. In mancanza, tale consultazione va effettuata con le organizzazioni territoriali dei lavoratori come sopra definite per il tramite dell’Associazione cui l’azienda aderisca
Art. 13  Durata del lavoro notturno
1.  L’orario di lavoro dei lavoratori notturni non può superare le otto ore in media nelle ventiquattro ore, salva l’individuazione da parte dei contratti collettivi, anche aziendali, di un periodo di riferimento più ampio sul quale calcolare come media il suddetto limite.
2.  E’ affidata alla contrattazione collettiva l’eventuale definizione delle riduzioni dell’orario di lavoro o dei trattamenti economici indennitari nei confronti dei lavoratori notturni. Sono fatte salve le disposizoni della contrattazione collettiva in materia di trattamenti economici e riduzioni di orario per i lavoratori notturni anche se non concesse a titolo specifico.
3.  Entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali ovvero, per i pubblici dipendenti, con decreto del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, previa consultazione delle organizzazioni sindacali nazionali di categoria comparativamente più rappresentative e delle organizzazioni nazionali dei datori di lavoro, viene stabilito un elenco delle lavorazioni che comportano rischi particolari o rilevanti tensioni fisiche o mentali, il cui limite è di otto ore nel corso di ogni periodo di ventiquattro ore.
4.  Il periodo minimo di riposo settimanale non viene preso in considerazione per il computo della media quando coincida con il periodo di riferimento stabilito dai contratti collettivi di cui al comma 1.
5.  Con riferimento al settore della pianificazione non industriale la media di cui al comma 1 del presente articolo va riferita alla settimana lavorativa.
Art. 14  Tutela in caso di prestazioni di lavoro notturno
1.  La valutazione dello stato di salute dei lavoratori notturni deve avvenire a cura e a spese del datore di lavoro, o per il tramite delle competenti strutture sanitarie pubbliche di cui all’articolo 11 o per il tramite del medico competente di cui all’articolo 17 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni, attraverso controlli preventivi e periodici, almeno ogni due anni, volti a verificare l’assenza di controindicazioni al lavoro notturno a cui sono adibiti i lavoratori stessi.
2.  Durante il lavoro notturno il datore di lavoro garantisce, previa informativa alle rappresentanze sindacali di cui all’articolo 12, un livello di servizi o di mezzi di prevenzione o di protezione adeguato ed equivalente a quello previsto per il turno diurno.
3.  Il datore di lavoro, previa consultazione con le rappresentanze sindacali di cui all’articolo 12, dispone, ai sensi degli articoli 40 e seguenti del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, per i lavoratori notturni che effettuano le lavorazioni che comportano rischi particolari di cui all’elenco definito dall’articolo 13, comma 3, appropriate misure di protezione personale e collettiva.
4.  I contratti collettivi di lavoro possono prevedere modalità e specifiche misure di prevenzione relativamente alle prestazioni di lavoro notturno di particolari categorie di lavoratori, quali quelle individuate con riferimento alla legge 5 giugno 1990, n. 135, e alla legge 26 giugno 1990, n. 162.
Art. 15  Trasferimento al lavoro diurno
1.  Qualora sopraggiungano condizioni di salute che comportino l’idoneità alla prestazione di lavoro notturno, accertata dal medico competente o dalle strutture sanitarie pubbliche, il lavoratore verrà assegnato al lavoro diurno, in altre mansioni equivalenti, se esistenti e disponibili.
2.  La contrattazione collettiva definisce le modalità di applicazione delle disposizioni di cui al comma precedente e individua le soluzioni nel caso in cui l’assegnazione prevista dal comma citato non risulti applicabile.
Art. 16  Deroghe alla disciplina della durata settimanale dell’orario
1.  Fatte salve le condizioni di miglior favore stabilite dai contratti collettivi, sono escluse dall’ambito di applicazione della disciplina della durata settimanale dell’orario di cui all’articolo 3:
a)  le fattispecie previste dall’articolo 4 del regio decreto-legge 15 marzo 1923, n. 692, convertito dalla legge 17 aprile 1925, n. 473, e successive modifiche;
b)  le fattispecie di cui al regio decreto 10 settembre 1923, n. 1957, e successive modifiche, alle condizioni ivi previste, e le fattispecie di cui agli articoli 8 e 10 del regio decreto 10 settembre 1923, n. 1955;
c)  le industrie di ricerca e coltivazione di idrocarburi, sia in mare che in terra, di posa di condotte ed installazione in mare;
d)  le occupazioni che richiedono un lavoro discontinuo o di semplice attesa o custodia elencate nella tabella approvata con regio decreto 6 dicembre 1923, n. 2657, e successive modificazioni ed integrazioni, alle condizioni ivi previste;
e)  i commessi viaggiatori o piazzisti;
f)  il personale viaggiatore dei servizi pubblici di trasporto per via terrestre;
g)  gli operai agricoli a tempo determinato;
h)  i giornalisti professionisti, praticanti e pubblicisti dipendenti da aziende editrici di giornali, periodici e agenzie di stampa, nonché quelli dipendenti da aziende pubbliche e private esercenti servizi radiotelevisivi;
i)  il personale poligrafico, operai ed impiegati, addetto alle attività di composizione, stampa e spedizione di quotidiani e settimanali, di documenti necessari al funzionamento degli organi legislativi e amministrativi nazionali e locali, nonché alle attività produttive delle agenzie di stampa;
l)  il personale addetto ai servizi di informazione radiotelevisiva gestiti da aziende pubbliche e private;
m)  i lavori di cui all’articolo 1 della legge 20 aprile 1978, n. 154, e all’articolo 2 della legge 13 luglio 1966, n. 559;
n)  le prestazioni rese da personale addetto alle aree operative, per assicurare la continuità del servizio, nei settori appresso indicati:
1)  personale dipendente da imprese concessionarie di servizi nei settori delle poste, delle autostrade, dei servizi portuali ed aeroportuali, nonché personale dipendente da imprese che gestiscono servizi pubblici di trasporto e da imprese esercenti servizi di telecomunicazione;
2)  personale dipendente da aziende pubbliche e private di produzione, trasformazione, distribuzione, trattamento ed erogazione di energia elettrica, gas, calore ed acqua;
3)  personale dipendente da quelle di raccolta, trattamento, smaltimento e trasporto di rifiuti solidi urbani;
4)  personale addetto ai servizi funebri e cimiteriali limitatamente ai casi in cui il servizio stesso sia richiesto dall’autorità giudiziaria, sanitaria o di pubblica sicurezza;
o)  personale dipendente da gestori di impianti di distribuzione di carburante non autostradali;
p)  personale non impiegatizio dipendente da stabilimenti balneari, marini, fluviali, lacuali e piscinali.
2.  Le attività e le prestazioni indicate alle lettere da a) ad n) del comma 1 verranno aggiornate ed armonizzate con i principi contenuti nel presente decreto legislativo mediante decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali ovvero, per i pubblici dipendenti, mediante decreto del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da adottare sentite le organizzazioni sindacali nazionali maggiormente rappresentative, nonché le organizzazioni nazionali dei datori di lavoro.
Art. 17  Deroghe alla disciplina in materia di riposo giornaliero, pause, lavoro notturno, durata massima settimanale
1.  Le disposizioni di cui agli articoli 7, 8, 12 e 13 possono essere derogate mediante contratti collettivi stipulati a livello nazionale con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative. Per il settore privato, in assenza di specifiche disposizioni nei contratti collettivi nazionali le deroghe possono essere stabilite nei contratti collettivi territoriali o aziendali stipulati con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
2.  In mancanza di disciplina collettiva, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ovvero, per i pubblici dipendenti, il Ministro per la funzione pubblica, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, su richiesta delle organizzazioni sindacali nazionali di categoria comparativamente più rappresentative o delle associazioni nazionali di categoria dei datori di lavoro firmatarie dei contratti collettivi nazionali di lavoro, adotta un decreto, sentite le stesse parti, per stabilire deroghe agli articoli 4, terzo comma, nel limite di sei mesi, 7, 8, 12 e 13 con riferimento:
a)  alle attività caratterizzate dalla distanza fra il luogo di lavoro e il luogo di residenza del lavoratore, compreso il lavoro offshore, oppure dalla distanza fra i suoi diversi luoghi di lavoro;
b)  alle attività di guardia, sorveglianza e permanenza caratterizzate dalla necessità di assicurare la protezione dei beni e delle persone, in particolare, quando si tratta di guardiani o portinai o di imprese di sorveglianza;
c)  alle attività caratterizzate dalla necessità di assicurare la continuità del servizio o della produzione, in particolare, quando si tratta:
1)  di servizi relativi all’accettazione, al trattamento o alle cure prestati da ospedali o stabilimenti analoghi, comprese le attività dei medici in formazione, da case di riposo e da carceri;
2)  del personale portuale o aeroportuale;
3)  di servizi della stampa, radiofonici, televisivi, di produzione cinematografica, postali o delle telecomunicazioni, di servizi di ambulanza, antincendio o di protezione civile;
4)  di servizi di produzione, di conduzione e distribuzione del gas, dell’acqua e dell’elettricità, di servizi di raccolta dei rifiuti domestici o degli impianti di incenerimento;
5)  di industrie in cui il lavoro non può essere interrotto per ragioni tecniche;
6)  di attività di ricerca e sviluppo;
7)  dell’agricoltura;
8)  di lavoratori operanti nei servizi regolari di trasporto passeggeri in ambito urbano ai sensi dell’articolo 10, comma 1, numero 14), 2° periodo, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633;
d)  in caso di sovraccarico prevedibile di attività, e in particolare:
1)   nell’agricoltura;
2)  nel turismo;
3)  nei servizi postali;
e)  per personale che lavora nel settore dei trasporti ferroviari:
1)  per le attività discontinue;
2)  per il servizio prestato a bordo dei treni;
3)  per le attività connesse al trasporto ferroviario e che assicurano la regolarità del traffico ferroviario;
f)  a fatti dovuti a circostanze estranee al datore di lavoro, eccezionali e imprevedibili o eventi eccezionali, le conseguenze dei quali sarebbero state comunque inevitabili malgrado la diligenza osservata;
g)  in caso di incidente o di rischio di incidente imminente.
3.  Alle stesse condizioni di cui al comma 2 si può derogare alla disciplina di cui all’articolo 7:
a)  per l’attività di lavoro a turni tutte le volte in cui il lavoratore cambia squadra e non può usufruire tra la fine del servizio di una squadra e l’inizio di quello della squadra successiva di periodi di riposo giornaliero;
b)  per le attività caratterizzate da periodo di lavoro frazionati durante la giornata, in particolare del personale addetto alle attività di pulizie.
4.  Le deroghe previste nei commi 1, 2 e 3 possono essere ammesse soltanto a condizione che ai prestatori di lavoro siano accordati periodi equivalenti di riposo compensativo o, in caso eccezionali in cui la concessione di tali periodi equivalenti di riposo compensativo non sia possibile per motivi oggettivi, a condizione che ai lavoratori interessati sia accordata una protezione appropriata.
5.  Nel rispetto dei principi generali della protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori, le disposizioni di cui agli articoli 3, 4, 5, 7, 8, 12 e 13 non si applicano ai lavoratori la cui durata dell’orario di lavoro, a causa delle caratteristiche dell’attività esercitata, non è misurata o predeterminata o può essere determinata dai lavoratori stessi e, in particolare, quando si tratta:
a)  di dirigenti, di personale direttivo delle aziende o di altre persone aventi potere di decisione autonomo;
b)  di manodopera familiare;
c)  di lavoratori nel settore liturgico delle chiese e delle comunità religiose;
d)  di prestazioni rese nell’ambito di rapporti di lavoro a domicilio e di telelavoro.
6.  Nel rispetto dei principi generali della protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori, le disposizioni di cui agli articoli 7, 8, 9 e 13, non si applicano al personale mobile. Per il personale mobile dipendente da aziende autoferrotranviarie, trovano applicazione le relative disposizioni di cui al regio decreto-legge 19 ottobre 1923, n. 2328, convertito dalla legge 17 aprile 1925, n. 473, e alla legge 14 febbraio 1958, n. 138.
6-bis.  Le disposizioni di cui all’ articolo 7 non si applicano al personale del ruolo sanitario del Servizio sanitario nazionale, per il quale si fa riferimento alle vigenti disposizioni contrattuali in materia di orario di lavoro, nel rispetto dei princìpi generali della protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori.

 

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