Come essere Medicina per i propri assistiti…
Ciao, inizio dicendovi qualcosa di me… mi chiamo Gianluca, ho quasi 31 anni e sono Pugliese. Nel 2005 mi sono trasferito dalla mia piccola cittadina del Sud chiamata Zapponeta in “Italia” (precisamente a Parma) dove mi sono laureato nel 2009. Da circa 4 anni lavoro presso la Terapia Intensiva Post Operatoria (T.I.P.O.) dell’Ospedale Maggiore di Parma. Con questo breve articolo non voglio fare nessun opera di convincimento, ancor meno voglio essere critico o esprimere giudizi verso quei colleghi che, con tanto amore e con esemplare etica, portano avanti la bandiera della nostra professione anche se in modo e con una corrente di pensiero diversa dalla mia. Non nascondo, che la mia micro speranza resta quella di suscitare in voi (che in questo momento state leggendo) un briciolo di curiosità, interesse, riflessione, autocritica e rilettura del proprio modo di essere e di fare.
Parlo personalmente.. una semplice critica suscita in me questa domanda: “dove o in cosa ho sbagliato?”. Avete mai riflettuto su questo o semplicemente pensate che il collega vi sta giudicando e denigrando? Qualcuno di voi si è mai chiesto : “ sono realmente l’infermiere che vorrei incontrare se fossi un paziente?” Pensateci…
Io mi sono fatto subito questa domanda al primo approccio con il mio primo paziente. Era l’estate del 2006, si festeggiava l’Italia campione del mondo e lo “sbarbatello” Gianluca entrava per la prima volta in un reparto, la lungodegenza critica, come tirocinante. Non avevo chiuso occhio tutta la notte all’emozione di indossare, al mattino seguente, per la prima volta la divisa da infermiere. Mi attrezzai come se in una sola mattina avessi dovuto salvare il mondo (Fonendoscopio al collo annesso). Ore 7. Finalmente si inizia. Primo approccio con Giovanni, un vecchietto brillante (credo fosse un ex insegnante di lettere) che subito mi dice: “posso darti un consiglio? ”Ed io risposi: “dimmi” e lui: “devi darti meno arie, ma soprattutto cerca di essere più allegro e sereno perché qui di tristezza ne abbiamo da vendere, anzi la maggior parte di noi è qui perché è arrivata ormai alla fine del suo percorso di vita. Sai cosa ti dico? Se proprio devo morire, meglio farlo in compagnia di un bel sorriso!!!”
Rimasi fermo, immobile, sembravo una statua di marmo. Non riuscivo a dare subito un senso a quelle parole…il giorno successivo, mentre ancora riflettevo, rimasi ancora più impietrito e senza parole perché Giovanni non super quella notte.. era arrivato alla fine del suo percorso di vita. Ridere, far ridere, “distribuire” felicità è una delle cose che da sempre ho saputo fare meglio e, spinto dal consiglio di Giovanni, ho avvertito da subito e ancora di più la necessità di informarmi su quelle che sono le reali potenzialità del sorriso associato al canto. Sono rimasto sbalordito e affascinato dalla quantità di studi e ricerche che ci sono a tal riguardo.
Vi starete chiedendo: dove vuole arrivare? Ora vi spiego tutto…. Oltre alle innumerevoli ricerche, credo vivamente che persino alcuni detti popolari siano applicabili e proporzionalmente funzionali alla nostra professione. Avete mai sentito dire “canta che ti passa…” oppure “ridere fa buon sangue…”? beh, io di questo ne ho fatto la mia corrente di pensiero, anzi rilancio dicendovi “più sorrisi e canti e meno antidolorifici…” Ora vi spiego tutto, quindi mettetevi comodi perché tutto quello che vi dir nella prima parte ha fondamenti scientifici, il resto è quello che combino io durante le mie ore di lavoro..anche se qualcuno di voi si scandalizzerà, vi dico che tutto quello che scriver è davvero successo…
COSA DICE LA SCIENZA SUL SORRISO E CANTO?
Mai avrei immaginato di scoprire quanto potere potesse avere un sorriso associato al canto e mai avrei pensato che università di tutto il mondo (da Oxford al Maryland, passando per il Giappone) passassero anni di studi e di ricerche a dimostrare gli effetti benefici che il saper ridere ha sulla salute. Secondo i ricercatori, infatti, una fragorosa risata non solo stimola le endorfine, (sostanze chimiche prodotte dal cervello che aiutano a sentirsi bene), ma riduce gli ormoni dello stress nel corpo, aiutandolo a distendersi e a rilassarsi. Inoltre, aumentando il flusso sanguino, migliora senza ombra di dubbio la respirazione e fa bene ai polmoni, aumenta il rilascio di endorfine e riesce a far lavorare i gruppi muscolari in generale ed è quindi un potente alleato nella lotta contro le malattie cardiache. Ma non solo. È dimostrato che contrasta lo stress e rafforza le difese immunitarie. E’ scientificamente provato, infatti, che ridere e cantare stimola la produzione di endorfine (betaendorfine) che combattono la debolezza fisica e mentale e alleviano lo stress e le tensioni accumulate nel nostro organismo riducendo anche l’insonnia, mentre le encefaline rinforzano il nostro sistema immunitario. Sempre parlando a livello ormonale, la risata umoristica aumenta la produzione di serotonina, un antideprimente naturale, riducendo la secrezione di ormoni come il cortisolo e l’apinefrina (adrenalina), cause primarie di stress.
Un altro aspetto da non trascurare è quello che trasmettere felicità, tradotta in sorrisi e canto aiuta fortemente le relazioni, infatti un’azione che fa ridere o il condividere un’esperienza divertente con gli altri contribuisce ad instaurare un legame tra le persone. Se è vero che siamo “animali sociali”, è opportuno non tirarci indietro quando si tratta di metterci a ridere insieme agli altri. Sicuramente i rapporti sociali ne possono trarre beneficio. Potrei stare qui a scrivere chilometri di studi, ricerche e tanto altro ancora, ma rischierei di annoiarvi…
COSA POSSO DIRE IO…
Io posso solo dirvi, partendo da quella che è la mia breve esperienza, che non è semplice applicare tutto ci che fin qui avete letto.. certo ci sono delle componenti caratteriali che non tutti potranno possedere, ma il sorriso, il saper far ridere, lo stare bene con se stessi facendo stare bene gli altri sono capacità che andrebbero allenate. Immaginate solo come sarebbe bello vivere il nostro turno non pensando ai minuti che restano alla fine dello stesso, non pensando solo a noi stessi ed ai nostri problemi che ci trasciniamo da casa in uno zaino.. ancora più amara è l’immagine di un professionista triste che pensa solo ad essere impeccabile come una macchina “fredda”, esecutrice di prescrizioni mediche…per non citare altri professionisti ridotti ad essere banali osservatori in attesa della lettura della prossima busta paga!!! Io non voglio essere uno di questi esempi…
In un film sentivo pronunciare da un attore, in veste di poeta, delle parole che mi hanno subito colpito, cioè che per trasmettere felicità bisogna essere felici e per trasmettere tristezza, bisogna essere felici. Non c’è verità più assoluta!!!
Da quando è stata esclusa la parola sorriso dalla nostra professione??? Io con la mia esperienza sto imparando che se regali felicità la risposta è felicità, sotto forma di sorrisi, canti, battute inaspettate. Noi dovremmo essere dei laghi di serenità, fiumi di capacità, mari di motivazioni per gli altri ed oceani di felicità!! Siate sorridenti, praticate l’arte del sorriso e la risposta sarà direttamente proporzionale. Fidatevi!! Non abbiate paura della morte, ma in tal caso siate dei degni e felici accompagnatori… Non dobbiamo avere paura di esagerare, di superare il limite se tutto questo pu servire a regalare un sorriso o un momento di gioia ad un nostro paziente, perché in quel momento saranno distratti e non penseranno al male che li accompagna o al motivo per cui sono ricoverati. Dobbiamo essere degli umili presuntuosi nell’imporre le nostre più vive convinzioni! Cantate, ballate, ridete… insomma siate strani e non fatevi inghiottire o anestetizzare il cuore dalla normalità, evitando di stare a pensare a quelle che possono essere le critiche dei vostri colleghi più anziani o di altri. Siate sempre ci che vorreste essere e non ci che gli altri vorrebbero…
Certo, non devo ricordarvi io che prima di tutto c’è il rispetto, un valore che non va perso di vista, ma nessuno ha mai scritto una legge che vieta di divertirsi assieme ai pazienti. Se io avessi voluto il silenzio, massima serietà, avrei di certo fatto il custode in un cimitero!!!! Voi non credereste ai vostri occhi e orecchie se vi dicessi che ho passato un’intera mattinata a cantare “La donna è immobile….” con Maria, 95 anni attaccata ad un defibrillatore perché durante i turni precedenti aveva avuto diversi episodi cardiologici, mentre durante il mio intero turno si è distrutta dalle risate senza avere un minimo problema. Oppure posso raccontarvi come ho passato interi turni con Alice (75 anni – insuff. Respiratoria severa), a cantare tutto il repertorio dei “Modà”, il suo gruppo preferito, con risultato quello di renderla autonoma dal punto di vista respiratorio e dimetterla dopo pochi giorni di risultati positivi. Ricordo ancora i pianti e gli abbracci che ci siamo scambiati mentre andava via dal reparto e mi chiedeva ancora l’imitazione di Albano che cantava “felicità” mentre lei era la mia Romina.
Delle volte non servono gesti così eclatanti, basta sapere ascoltare, capire quelle che possono essere le mancanze, le necessità dei nostri assistiti… Ricordo ancora quel pomeriggio in cui riuscii a fare una delle cose più difficili da realizzare in una terapia intensiva: giocare a briscola! il mio paziente era depresso dalla sua situazione clinica e a lui mancavano tanto i pomeriggi che trascorreva in compagnia dei suoi amici a giocare… in pochi secondi sono riuscito a strappargli un sorriso giocando a briscola con lui…
Ci sarebbero tanti di quelli episodi da raccontare… Una cosa è certa, nei miei turni si viaggia con somministrazioni molto limitate di morfina o antidolorifici in generale e quel poco di farmaco serve solo per i dolori intercostali causati dal ridere… Non sono un supereroe, non sono un super infermiere, non sono matto e neanche una specie di Patch Adams dei poveri, non sono niente di eccezionale… mi piacerebbe essere semplicemente il farmaco principale dei miei assistiti, ovviamente da assumere a grandi dosi!
Non so fino a che punto si potrà spingere la mia teoria del “più sorrisi e canti e meno antidolorifici”, per il consiglio che mi viene di darvi è quello di cercare di essere folli, trovare sempre più strade che possano portare miglioramenti per la nostra professione e se questo vorrà dire cantare, ridere, ballare, recitare, fare battute che sfiorano l’immaginabile, allora fatelo!! Non abbiate timore!! In fondo cantare, ridere o essere folli è a costo zero!! In tempo di tagli alle spese… Proprio la follia è il consiglio che ci ha lasciato un povero illuso poco prima di terminare il suo percorso di vita. Proprio lui, il famoso Steve Jobs, con la tecnologia voleva cambiare il mondo e ci è riuscito… Noi non cambieremo il mondo, ma potremmo cambiare, in termini di beneficio, la qualità di vita dei nostri assistiti. Ama il tuo prossimo come te stesso… ricordalo sempre…
Saluti a tutti da un infermiere folle…
Gianluca Castigliego
Lascia un commento