Infermiere responsabile per il reato di rifiuto di atti d’ufficio
La Corte di Cassazione ha condannato l’infermiere per il reato di rifiuto di atti d’ufficio per aver rifiutato di chiamare il medico a fronte di condizioni che ne richiedevano senza ritardo l’intervento, confermando il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui tale figura professionale assume la qualità di incaricato di pubblico servizio.
Poiché la natura delle prestazioni che gli sono attribuite rientrano a pieno titolo nell’alveo dell’attività sanitaria e sono, dunque, connotate da particolare rilievo pubblicistico.
La Corte ha inoltre chiarito che l’obbligo dell’infermiere di attivarsi prontamente sussiste non solo nei casi in cui vi sia una richiesta o un ordine, ma anche quando vi siano circostanze oggettive in cui si prospetti un’urgenza che renda indifferibile e necessario il compimento di un atto o di una condotta, imposti dai propri doveri.
(La fattispecie su cui si è recentemente pronunciata la Corte di Cassazione è relativa al rifiuto opposto da due infermieri, in servizio nel reparto psichiatria, di prestare assistenza ad una paziente con disturbi mentali – che lamentava forti emicranie e capogiri, a causa dei quali era anche caduta riportando lesioni all’arcata sopraccigliare – nonché di allertare il medico di turno per vagliarne eventuali patologie).
Cassazione penale, 11 novembre 2014, n.49537
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