Ci troviamo di fronte ad un nuovo caso di presunto omicidio accaduto in corsia ed ancora una volta la principale indiziata parrebbe essere un’infermiera dipendente dell’ospedale di Venafro.
La vittima si chiamava Celestino Valentino ed era ricoverato presso l’ospedale «Santissimo Rosario» per un ictus cerebrale. Sarebbe stato il padre di una collega dell’infermiera indagata.
La professionista, che ancora non ha un nome, avrebbe ucciso il padre della collega somministrando un detersivo di natura acida utilizzato per la pulizia delle tubature dei lavandini.
Il delitto sembrerebbe essere stato consumato per un desiderio di vendetta dell’infermiera killer nei confronti della collega che, grazie alle agevolazioni derivanti dalla legge 104 ottenuta per accudire il padre, avrebbe evitato di essere spostata dal reparto. Il trasferimento toccò invece alla presunta assassina che, per vendicarsi avrebbe avvelenato il padre della rivale in graduatoria per impedirle di usufruire ulteriormente della legge 104. Il decreto di trasferimento per l’infermiera imputata era già arrivato e pertanto, la donna avrebbe fatto un ultimo disperato tentativo di conservare il posto di lavoro vicino a casa.
La collega avrebbe dato da bere della soda caustica alla persona che incarnava quel «privilegio» di cui godeva la sua collega, a quel padre che, per concessione di legge, lei non poteva lasciare.
Da ieri le forze dell’ordine indagano ufficialmente per omicidio volontario.
Il procuratore capo di Isernia, Paolo Albano, ha dichiarato che si sta seguendo una pista precisa: tutti i sospetti stanno convergendo verso l’identikit di un’infermiera di circa quarant’anni, originaria di Presenzano.
Celestino era ricoverato in gravi condizioni presso il reparto di neurologia a causa di un ictus cerebrale. L’uomo nonostante l’episodio vascolare che lo aveva colpito aveva dimostrato di essere forte, riuscendo dapprima a combattere contro l’ictus e, successivamente, cercando di lottare per la vita anche dopo essere stato avvelenato. L’uomo è morto dopo 2 giorni di agonia, tra dolori lancinanti derivanti dall’ingestione di un liquido corrosivo somministrato da una presunta infermiera killer.
Considerato il recente caso dell’infermiera Fausta Bonino, accusata di svariati omicidi e reclusa per quasi un mese sulla base di voci di corridoio e pettegolezzi di reparto ci auguriamo che vengano acquisite prove certe e, qualora un’infermiera fosse colpevole di omicidio, venga dunque fatta giustizia.
Simone Gussoni
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