21 settembre, giornata mondiale dell’Alzheimer. Solo in Italia, 600.000 malati (dati Censis 2016). Non c’è solo la perdita di memoria, come sintomo a cui prestare attenzione.
In tutto il mondo oggi si celebra la XIII giornata dell’Alzheimer, patologia che nella nostra penisola colpisce circa 5 over 60 su 10 (600.000 persone) e che si traduce in un costo assistenziale di 11 miliardi di euro, di cui il 73% a carico delle famiglie.
Secondo dati Censis 2016, i nostri connazionali colpiti dal morbo sono in costante aumento, rispetto ai 520.000 del 2006; e a crescere è anche l’età media, che oggi si attesta a circa 78,8 anni rispetto ai 77,8 di 10 anni fa, nonostante ci siano delle forme precoci della patologia che fortunatamente riguardano il 5% del totale.
In brevissimo, la malattia di Alzheimer è una patologia a carattere neurodegenerativo i cui campanelli d’allarme sono: una progressiva perdita di memoria (soprattutto quella recente), di pensiero, di ragionamento, una anomala perdita di inibizione, disturbi nel linguaggio, nella lettura e nella scrittura, difficoltà a orientarsi nel tempo e nello spazio.
È dovuta ad un accumulo anomalo, in placche, di determinate proteine (la neurotossica beta-amiloidi e tau fosforilata) nell’encefalo, condizione che da vita ad un processo di neurodegenerazione. La diagnosi di Alzheimer non è affatto semplice: è infatti piuttosto complicato distinguerla dalle altre forme di demenza (cardiovascolari o da corpi di Levy, che colpiscono in tutto altri 600.000 italiani) e ciò fa sì che, ad oggi, il tempo medio con cui si arriva a una diagnosi si aggiri ancora intorno ai due anni; tempi, questi, che purtroppo rendono impossibile un trattamento davvero precoce, in grado di ritardare l’inevitabile evoluzione della malattia.
Nonostante i progressi della ricerca scientifica, ad oggi non esiste una valida terapia, veramente efficace, per la malattia di Alzheimer. L’unica cura possibile, viene da un mix di assistenza di qualità e di… umanità.
Ma si può prevenire? Di sicuro si possono eliminare o “gestire” alcuni dei fattori di rischio, come ipertensione, diabete, obesità, fumo, scarsa attività fisica, implicati nella degenerazione dei piccoli vasi e che sembrano coinvolti anche in un rischio maggiore di sviluppare la Malattia di Alzheimer. Alcuni studi hanno poi indicato, come stili di vita adeguati e “protettivi” per prevenire il declino cognitivo, la dieta mediterranea, l’esercizio fisico, la pratica di hobby e i rapporti sociali.
Per oggi sono previsti, sul territorio nazionale, diversi convegni, incontri e iniziative di sensibilizzazione.
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