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Infermieri denigrati, sfruttati, dequalificati e demansionati. A volte è tacitamente accettato

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Infermieri denigrati, sfruttati, dequalificati e demansionati. A volte è tacitamente accettato 1
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Mostrate fiducia nei vostri uomini ed essi faranno in modo di meritarsela; trattateli da professionisti seri, ed essi faranno di tutto per non deludervi.
(Ralph Waldo Emerson)

Analisi di una situazione tutta italiana

Giornalisti senza etica quando scrivono articoli che fanno audience. Senza fare le opportune verifiche sparano a zero verso chi indossa una divisa in una struttura sanitaria e sbaglia: sono infermieri, punto.

Offuscano la reputazione di una categoria senza avere rispetto né la minima attenzione, virtù che dovrebbero essere parte integrante di un professionista dell’informazione.

Aziende o imprenditori che non si curano del fatto che agli infermieri venga elargito un iniquo scambio tra prestazione e remunerazione, ma anzi lo agevolano. Vengono sfruttati e costretti ad accettare procedure irregolari, orari di lavoro disumani, carichi di lavoro insopportabili, paghe offensive.

A seconda dell’esigenza gli si impone di cambiare mansioni e paga oraria. A volte li si costringe a firmare in bianco contratti e lettere di licenziamento da tirar fuori nel momento opportuno. Ci sono anche situazioni in cui agli infermieri viene imposto di effettuare doppi turni sforando le ore imposte dalla 2473-direttiva-europea_n-34-2000_orario e attuate dal decreto-legislativo-8-aprile-2003-n-66-orario e quindi disattendendo a quanto disposto dalla Legge.

Ci sono anche situazioni paradossali in cui gli infermieri vengono messi in condizione di demansionamento, ossia lasciati in condizione di forzata inattività, senza poter prestare l’opera per la quale sono stati assunti, così come indicato anche dall’Art. 2103 cc il quale prevede che il lavoratore debba essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti alla categoria superiore che abbia acquisito o a mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte, senza alcuna diminuzione della retribuzione e sancisce la nullità di ogni patto contrario.

Pertanto, il potere di variare le mansioni rispetto a quelle assegnate in fase di assunzione si configura sia in senso orizzontale con l’attribuzione di mansioni equivalenti, sia in senso verticale con il conferimento di mansioni di carattere superiore. Alla luce di quanto sopra esposto, è esclusa a pena di nullità dell’atto, la possibilità del demansionamento del lavoratore. Con la dequalificazione accade il contrario, si mette il lavoratore in condizione di obbligo nell’espletamento di mansioni inferiori a quelle assegnate in fase di assunzione.

Il problema nasce ora con l’applicazione del Jobs Act (qui una panoramica della Riforma) approvata dall’attuale Governo, dove le Aziende hanno maggiore flessibilità e libertà di movimento verso i propri dipendenti. Prima della Riforma il datore di lavoro aveva la facoltà di assegnare mansioni differenti al dipendente rispetto a quelle contrattuali concordate, purché le nuove fossero equivalenti alle ultime svolte. E per stabilire se una mansione fosse equivalente si osservavano due aspetti:

  • che la nuova mansione fosse ricompresa nello stesso livello di inquadramento contrattuale di quella svolta in precedenza;
  • che da tale modifica della mansione non vi fossero poi penalizzazioni sotto il profilo della carriera.

Ebbene, le nuove regole riformano integralmente la materia. Esse stabiliscono che ad un lavoratore possano si essere assegnate nuove mansioni appartenenti al precedente livello di appartenenza, ma danno anche la facoltà al datore di lavoro di assegnare mansioni inferiori in due casi:

  1. alla luce di esigenze tecniche e organizzative dell’azienda e di conservazione del posto di lavoro, purché sia mantenuta al dipendente la stessa retribuzione acquisita nel corso dell’attività lavorativa, quindi scatti di anzianità, per merito, o quella iniziale.
  2. qualora ciò sia previsto dai contratti collettivi; la legge non specifica se il livello degli accordi deve essere nazionale, e quindi sembra possibile un intervento della contrattazione di secondo livello. Inoltre, in sede protetta, si potranno siglare accordi individuali finalizzati al rinnovo delle mansioni per conservare il posto: in tal caso si potrà cambiare livello e categoria.

In tali casi il datore di lavoro, che assegna mansioni inferiori al lavoratore per esigenze organizzative (fallimento o in fase di dismissione o in caso di possibili licenziamenti), deve comunicarlo in forma scritta al dipendente pena la nullità.

In questo caso, il demansionamento è giustificato sia se viene disposto autonomamente dal datore di lavoro, che se viene deciso a seguito di un accordo sindacale e si potrà procedere in giudizio.

Ma è così facile vincere una causa per demansionamento o dequalificazione contro il datore di lavoro? No, affatto. Alcune sentenze hanno chiarito numerosi aspetti del demansionamento, soprattutto in materia di onere della prova e del risarcimento del danno. In particolare, secondo i giudici, il demansionamento è escluso nei casi di:

  • mansioni inferiori marginali ed accessorie rispetto a quelle di competenza, purché non rientranti nella competenza specifica di altri lavoratori di professionalità meno elevata e a condizione che l’attività prevalente e assorbente del lavoratore rientri tra quelle previste dalla categoria di appartenenza (Cass. sent. n. 6714/2003; Cass. sent. n. 7821/2001).
  • riclassamento del personale (riassetto delle qualifiche e dei rapporti di equivalenza tra mansioni) da parte del nuovo CCNL. In tale ipotesi le mansioni devono rimanere immutate e deve essere salvaguardata la professionalità già raggiunta dal lavoratore (Cass. sent. n. 12821/2002; Cass. sent. n. 4989/2014).
  • sopravvenuta infermità permanente, purché tale diversa attività sia utilizzabile nell’impresa, secondo l’assetto organizzativo insindacabilmente stabilito dall’imprenditore (Cass. sent. n. 7755/1998)

In sintesi, per evitare il licenziamento viene legittimato il demansionamento e la dequalificazione e saranno giustificati anche comportamenti scorretti da parte dei datori di lavoro che hanno l’unico obiettivo di fare soldi ai danni dei lavoratori ledendo anche la loro dignità professionale. Come controbattere ad una decisione di un imprenditore disonesto che pone dati falsati della propria Azienda “in crisi economica”? Chi può controllare queste situazioni? I Sindacati? Stendiamo un velo pietoso su questa prospettiva.

Tuttavia, nei casi in cui si ricorre al giudice e questi riconosce una situazione di reale demansionamento o dequalificazione si può ottenere la condanna del datore di lavoro alla reintegrazione del lavoratore nella posizione precedente o in una equivalente ma anche la condanna al risarcimento del danno patrimoniale, nel caso di mansioni inferiori con conseguente trattamento economico inferiore. Per ultimo può essere riconosciuta anche la condanna al risarcimento del danno non patrimoniale determinato dal demansionamento subito, quindi nell’aver provocato lesioni all’integrità fisica del lavoratore o alla salute, oppure all’immagine e alla vita sociale (Cass. sent. n. 11045/2004; Cass. sent. n. 10/2002; Cass. sent. n. 14199/2001).

C’è un problema. Il lavoratore deve provare tali “ingiustizie”, pena la impossibilità di riconoscimento del danno e quindi dell’indennizzo dovuto (Cass. sent. n. 6965/14 del 25.03.2014).

Due mesi fa circa ho divulgato un sondaggio in alcuni gruppi infermieristici sul Social network Facebook. C’è stata una congrua partecipazione, si sentiva un interesse per l’argomento. Hanno partecipato numerosi colleghi apportando 1556 voti alle risposte multiple.
dati

Dai dati raccolti emerge una situazione in cui c’è molta delusione nella categoria.

Sono molti i colleghi che affrontano ogni giorno casi di assegnazione di attività improprie. Sicuramente per disposizioni da parte di coordinatori rimasti fermi negli anni 80 o per datori di lavoro privi di lealtà e di correttezza e direi anche per l’inadeguatezza di alcune sigle sindacali.

C’è però da fare una critica alla categoria. Da quello che si legge sui Social, nei commenti di molti topics si evince che i colleghi accettano tacitamente le assegnazioni di attività improprie, anzi a volte le difendono affermando che “è per il bene del paziente e per poter fare diagnosi infermieristica.

Niente di più paradossale, come si può fare la pulizia dell’unità del malato o il rifacimento letti di pazienti non allettati (entrambe le attività di competenza del personale di supporto) e allo stesso tempo fare osservazione del paziente e fare diagnosi infermieristica? Quindi, un po’ per ignoranza in materia di Profilo Professionale e di competenze, un po’ per timore di essere licenziati nel caso in cui si presti servizio nel privato, ci si ritrova in un calderone confuso di realtà differenti.

Comprensibile il timore di ripercussioni certo, anche perchè le tutele sono pressoché insufficienti o addirittura inesistenti.

Tuttavia c’è bisogno di coraggio e di una sola voce della categoria, questo è l’ostacolo più difficile da superare. Siamo disgregati, pensiamo al nostro orticello e ci muoviamo solo quando qualcuno minaccia la nostra area d sicurezza. Difficilmente ci muoviamo per gli altri. Ci lamentiamo sempre, con i colleghi o sui Social network, ma ci si limita a questo. Abbiamo sviluppato questa capacità di indolenza a tutto senza combattere realmente il Sistema che ci affligge.

Per combattere questa piaga serve informazione, aggiornamento, presa di coscienza e unione. L’informazione e l’aggiornamento, soprattutto nel campo legislativo, devono essere delle priorità nel nostro lavoro. Essere consapevoli e preparati difficilmente ci farà subire vessazioni e dequalificazioni, quantomeno ci metterà in condizione di poterci difendere e controbattere.

Prendiamo coscienza di quello che realmente siamo e di quello che possiamo raggiungere. Non lasciamoci affossare dalle paure e qualora ci sentissimo da soli a combattere un Sistema sbagliato, non dobbiamo esitare a consultarci con chi ha deciso di cambiare rotta.

Insieme, uniti, possiamo farcela.

Roberto corbezzolo – Servizio informativo del Gruppo ACILF

©Riproduzione riservata


Fonti: Altalex; Diritto.it; Diritto il sole 24 ore; Mobbing, responsabilità e tutele processuali – Maggioli Editore, 2014; Laleggepertutti.it; Leggioggi.it; Camera.it

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