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Angeli della morte? …no grazie!

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Angeli della morte? ...no grazie! 1
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La Professione Infermieristica in Italia risulta avere ancora poca considerazione sociale nonostante sia la più numerosa e importante del sistema assistenziale e sanitario, a questo si aggiunge il fatto che in passato i media hanno utilizzato il termine “infermiere” per indicare operatori di altre professionalità che hanno compiuto atti illeciti o reati di varia natura.

Purtroppo a peggiorare la situazione sono i vari casi di cronaca (Laura Taroni, ospedale di Saronno; Fausta Bonino, ospedale di Piombino – Livorno; Daniela Poggiali, ospedale di Lugo di Romagna – Ravenna; Sonya Caleffi, ospedale Manzoni di Lecco; Angelo Stazzi casa di cura Villa Alex Sant’Angelo Romano; Alfonso de Martino, ospedale San Giuseppe di Albano Laziale; Antonio Busnelli, ospedale Fatebenefratelli Milano) in cui “infermieri” sono accusati (ogni caso verrà valutato dalle autorità competenti, non vogliamo entrare nel merito) di decidere del destino dei loro pazienti, quasi a disporre della loro vita.

In ambito criminologico questa categoria di assassini viene chiamata angeli della morte, definizione che deriva dal soprannome con il quale era tristemente noto il medico nazista Josef Mengele, famoso per la sua freddezza e per il potere di vita e di morte che aveva sugli internati del campo di concentramento di Auschwitz. Sebbene Mengele non fosse un serial killer, il termine viene ormai utilizzato ufficialmente in ambito criminologico.

I serial Killer agiscono in luoghi dove gli omicidi possono essere facilmente dissimulati, e dove l’omicida gode del potere di decidere chi vivrà e chi morirà (oltre che della stima di medici e familiari), e ha facile accesso a ogni genere di attrezzatura adibita a mantenere in vita (o a dare la morte). In tali contesti è facile procurarsi l’arma per uccidere: interrompere il flusso di ossigeno, raddoppiare la dose, aggiungere un farmaco (Lucarelli e Picozzi, 2003).
In questi casi l’infermiere passa da colui che aiuta a colui che decide arbitrariamente della vita altrui.
Tutto ciò andando a scapito dell’immagine che l’opinione pubblica può avere.

E’ bene quindi ribadire che l’infermiere è quel professionista che ogni giorno è impegnato nell’assistere e nel curare la persona rispettando la vita, la salute, la libertà e la dignità nonostante tutte le difficoltà che si possono affrontare.
Il mio auspicio è che le azioni scellerate di poche persone non vadano ad intaccare una professione di 426.707 infermieri.

Andrea Cataldo

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