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Un batterio antartico per curare il carcinoma polmonare “non a piccole cellule”

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Un batterio antartico per curare il carcinoma polmonare "non a piccole cellule"
Scientist conducting research with microscope
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La ricerca è stata condotta da un’equipe napoletana.

Nuove speranze per la cura del carcinoma polmonare giungono dai ricercatori della stazione zoologica “Anton Dohrn” e dall’Università Federico II di Napoli. Interessanti prospettive deriverebbero dalla scoperta di un batterio, denominato Pseudoalteromonas Haloplanktis TAC125, individuato durante lo studio di un microscopico organismo marino antartico.

I risultati sono stati pubblicati lo scorso 19 gennaio sulla rivista Nature Scientific Reports. Gli studi di ecobiologia molecolare, effettuati su batteri, hanno portato alla caratterizzazione di alcuni metaboliti dal comprovato interesse nelle applicazioni terapeutiche.

Pseudoalteromonas Haloplanktis.

Una molecola prodotta dallo Pseudoalteromonas Haloplanktis sarebbe in grado di sopprimere selettivamente cellule tumorali A549, estremamente aggressive e presenti nella forma di cancro del polmone denominata “non a piccole cellule”. Le cellule sane sarebbero invece ignorate dal batterio.

Tale applicazione potrebbe permettere l’identificazione di nuove molecole capaci di indurre una specifica morte cellulare programmata. Inviando segnali immunologici, si potranno colpire solo le cellule tumorali escludendo i tessuti sani.

Il terreno finora inesplorato dei batteri marini potrebbe dunque riscuotere particolare interesse nei ricercatori di tutto il mondo. Il progetto, coordinato dalla professoressa Maria Luisa Tutino del dipartimento di Scienze chimiche della Federico II e dalla dottoressa Giovanna Romano della stazione zoologica “Anton Dohrn” di Napoli, ha coinvolto svariati specialisti chimici e biologi, tra i quali le ricercatrici Filomena Sannino e Clementina Sansone.

Lo studio ha analizzato il fenomeno di attivazione, solo nelle cellule tumorali, di uno specifico percorso di morte cellulare detto piroptosi“La scoperta di questa molecola, l’acido 4-idrossibenzoico, già impiegato nell’alimentazione umana – spiegano le ricercatrici -, apre nuovi scenari sia per gli studi dei meccanismi molecolari della piroptosi, che per lo sviluppo di terapie innovative, più efficaci e minimamente tossiche per il paziente, che possano debellare anche altre tipologie di cancro”.

Simone Gussoni

Fonte: Repubblica

 

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