Si chiama Maria Dolores Palmas, ha 54 anni, si definisce una “zitella felice che crede nell’amicizia” ed è un’infermiera sarda che ha deciso, insieme a un manipolo di suoi colleghi, di dedicare il proprio tempo libero a quelle persone che si sono ritrovate la vita sconvolta da una diagnosi di cancro.
Nel 2010, insieme a Vladimira Desogus (antropologa culturale del suo stesso DH) ha perciò ideato il gruppo ‘Abbracciamo un sogno’, che ha il compito di accompagnare i pazienti oncologici del suo nosocomio (l’Ospedale Oncologico Businco di Cagliari) durante l’intero percorso di cura, aiutandoli nell’accettazione della propria patologia e favorendo l’adattamento alla loro nuova condizione.
Come ha spiegato la collega stessa, intervistata da Vistanet: “Il gruppo ‘Abbracciamo un sogno’ è costituito da pazienti oncologici che affrontano il percorso di cura e di vita e che al suo interno crea spazi di condivisione di esperienze, programma eventi con chi vive il percorso di cura della malattia ‘cancro’, un percorso che può far vivere dubbi, solitudine, speranze, gioie, dolori, paure e la finalità è quella che questo tempo così particolare si possa vivere meglio con se stessi e con gli altri.
Il nostro messaggio è semplice ma fondamentale per chi inizia questo percorso di cura: di cancro si vive, e lo diffonde attraverso momenti di aggregazione anche assieme ai familiari o alla creazione di spazi formativi-informativi. Non permettiamo di dimenticare che il cancro colpisce uno o più organi, ma chi si ammala di cancro resta la stessa identica persona del giorno prima della diagnosi, forse più sensibile, più emotiva, più attenta, più audace.”
Uno spazio in cui l’ascolto svolge un ruolo fondamentale: “Ascoltare le storie degli altri permette di credere che questo cammino è possibile, è vivibile, può diventare racconto, può, pur fra tanta durezza, diventare nuova vita. I racconti insegnano una cosa importante: bisogna imparare a vivere giorno per giorno, attimo dopo attimo, e andare sempre avanti senza fermarsi mai”.
Maria Dolores, durante l’intervista, c’ha tenuto a sottolineare che “fare l’infermiera è sempre stato il mio sogno, sin da bambina” e ha voluto spiegare al dettaglio i motivi che l’hanno spinta a diventare una professionista dell’aiuto a contatto coi pazienti malati di tumore: “L’oncologia è sempre stata un mio pallino, oggi posso dire quasi un carisma. Il paziente oncologico è un paziente particolare, sensibile, che risente del carico emotivo e sociale che ancora oggi la malattia cancro fa gravare non solo sui ‘corpi’ ma anche e soprattutto nelle menti e nei cuori. La diagnosi di tumore ti cambia la vita, cambia la vita non solo di chi si ammala ma anche di tutto il mondo che ruota attorno al malato.
È un momento non semplice da gestire, entrano in gioco emozioni, paure, difficoltà; la quotidianità viene stravolta, tutto cambia dentro e fuori quella vita, quel mondo. Ecco, essere infermieri in una realtà come la nostra è un onore perché la nostra materia prima è la più preziosa e fragile: l’uomo.”
Il gruppo ‘Abbracciamo un sogno’ non ha come mission quello di accompagnare alla morte le persone, bensì quello di prepararle di nuovo a vivere. In che senso? Maria Dolores è piuttosto chiara: “Il motto del Gruppo è semplice: DI CANCRO SI VIVE, e questo non significa che vogliamo far passare l’idea che di cancro non si muoia ma solo che la malattia cancro fa parte della vita e va affrontato e curato. Ecco, la mia fortuna è poter stare accanto a chi da questo percorso ‘raccoglie’ le saggezze, a volte dolorose, altre cariche di emozioni che sono e restano vita.”
Di certo, accettare di essere malati di cancro non è affatto facile. E il lungo e duro percorso che si para davanti a chi viene investito da questa terribile diagnosi, mette alla prova qualsiasi capacità di accettazione o di adattamento. La collega, però, ha le idee piuttosto chiare: “Il cancro è una malattia e come ogni malattia più o meno grave, invalidante, stravolgente, resta una malattia che fa parte della vita, affrontarla, gestirla, cercare la risposta terapeutica migliore per quella particolare condizione resta il giusto strumento per non permettergli di occupare più spazio o più organi di quelli che come malattia già occupa.
Il cancro è una malattia che chiede di avere coraggio, coraggio per affrontare il percorso di cura, coraggio per riorganizzare la propria vita, coraggio per accogliere gli adattamenti che la malattia chiede, coraggio per ri-imparare a vivere, coraggio per ri-imparare a stupirsi e meravigliarsi per le piccole cose della vita.
Il cancro ti insegna ad ascoltare il tuo corpo, il cancro ti insegna l’importanza dell’amicizia, del non essere soli, dell’avere accanto le persone giuste, quelle capaci di starti accanto in silenzio, quelle che non hanno bisogno di parole per capire di cosa hai bisogno.
Il cancro ti insegna a selezionare e a tratti è lui che seleziona. Chi ha vissuto e vive la sua esperienza di cancro mi insegna che bisogna vivere il presente ed essere positivi verso la vita, verso ogni piccolo oggi che viene donato.”
Per ciò che concerne il suo presunto stacanovismo (svolge regolari turni in ospedale, dopodiché si dedica anima e corpo al volontariato), Maria Dolores si giustifica esaltando un concetto in grado di ammutolire qualsiasi insinuazione, dubbio o perplessità: passione.
“Sono un’appassionata, lavoro in uno spazio fantastico con un gruppo di colleghi che rendono questo spazio e questo tempo vivibile oltre il tempo del turno.”
Beh… Complimenti sinceri.
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