La capitale Stoccolma ha chiesto aiuto alle forze armate, e intanto 100 operatori sono stati tolti da un ospedale per bambini e inviati nelle unità di terapia intensiva.
Terapie intensive al collasso, ma non solo. In Svezia, dopo quasi un anno passato a lottare contro il coronavirus, il personale sanitario è allo stremo e le dimissioni fioccano, creando un serio problema di carenza di personale nelle strutture ospedaliere.
Come noto, di fronte all’epidemia il Paese scandinavo ha optato per l’immunità di gregge, non adottando nessuna restrizione. Una scelta infelice, se è vero che la percentuale di persone immuni è rimasta lontanissima dai livelli necessari a rallentare l’andamento del contagio. E tardiva si è rivelata la parziale marcia indietro sul lockdown, visto che già a maggio, quando medici e infermieri erano celebrati come eroi al termine di turni massacranti di oltre 12 ore, la loro carenza era conclamata.
La seconda ondata non ha fatto altro che accentuare il problema. Ora i sanitari sono così stanchi da vedere nelle dimissioni l’unica via d’uscita. Dimissioni che, secondo un sondaggio del canale TV4 condotto su 13 regioni su 21, sono cresciute fino a 500 al mese.
La capitale Stoccolma ha chiesto in prestito personale alle forze armate, e intanto 100 operatori sanitari sono stati tolti da un ospedale per bambini e inviati nelle unità di terapia intensiva. I bambini che hanno bisogno di interventi chirurgici non emergenziali, quindi, dovranno aspettare. Solidarietà alla Svezia è stata espressa dalla Finlandia, uno dei Paesi europei che meglio stanno gestendo l’epidemia. La giovane leader Sanna Marin ha infatti offerto aiuto ai “vicini di casa”.
Redazione Nurse Times
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