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Massaggio cardiaco: ideale e realtà

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Massaggio cardiaco: ideale e realtà
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I tempi corrono assieme ai continui studi e alle ricerche nel campo dell’emergenza, forse una tra le realtà più soggette ai “falsi miti” del mondo sanitario.


Se “il tempo è vita” allora tutti, non sono i sanitari, dovrebbero riuscire ad effettuare un massaggio cardiaco di ottima qualità. 

La gestione di un’emergenza è spesso troppo complicata? È troppo facile farsi prendere dal panico? Sicuramente c’è molto di più da tenere in considerazione per ovviare a queste problematiche.

Fortunatamente la formazione sulle manovre di rianimazione cardiopolmonare (RCP) si sta espandendo anche a livelli scolastici, con la finalità di creare una rete sempre più compatta di persone in grado di effettuare delle manovre atte a prevenire i danni creati al cervello dalla mancanza di ossigeno post-arresto cardiocircolatorio. 

Società Scientifiche che emanano periodicamente linee guida sulla RCP raccomandano l’utilizzo di dispositivi di feedback di alta qualità durante i corsi di formazione, al fine di verificare concretamente quanto ogni persona stia eseguendo correttamente manovre come il massaggio cardiaco e le ventilazioni.

Dopo un un’attenta osservazione durante i corsi di formazione emerge una serie di “abituè” che sia sanitari che laici (quindi personale esperto nel settore sanitario e personale inesperto) tendono a riproporre anche dopo varie correzioni grazie ai dispositivi di alta qualità.

La prima tra tutte? La frequenza di velocità del massaggio cardiaco.

Sicuramente il momento di forte agitazione gioca i suoi scherzi, ma soprattutto chi non effettua retraining da più di due anni tende ad aumentare, anche a livelli importanti, la velocità delle compressioni toraciche, toccando spesso medie di 140-150 bpm.

Questo errore non permette una costante compressione ad un’adeguata profondità di almeno 5 cm nei pazienti adulti e almeno 4 cm nei pazienti pediatrici. È da puntualizzare inoltre che è necessario eseguire un completo rilasciamento fino al punto iniziale di compressione per avere una corretta riespansione toracica e per permettere alle camere cardiache di riempirsi adeguatamente: tutto questo richiede in realtà un massaggio più “attento” alla velocità.

Un altro mito da sfatare è proprio questo: più il soccorritore si stanca, più tende ad “appoggiarsi” sul torace del paziente, andando sempre più in profondità con le compressioni, ma senza tornare al punto-0 di partenza. 

Questo è spesso causato anche da un’errata postura del soccorritore, che tende spesso ad avvicinare troppo le sue gambe al busto del paziente, non riuscendo così ad utilizzare come punto di leva il bacino del suo corpo. Tutto ciò favorisce un eccessivo lavoro da parte della muscolatura degli arti superiori con conseguente affaticamento precoce, ecco perché è necessario istruire subito i soccorritori a tenere ben rigide le braccia e soprattutto i gomiti, evitando anche una minima flessione.

Un altro consiglio molto utile è quello di tenere ben distanziate le ginocchia del soccorritore, di modo da assumere una posizione più stabile e favorire gli spostamenti da eseguire nell’alternanza tra compressioni e ventilazioni. 

Nell’emergenza territoriale bisogna spesso fare i conti con il caos dello scenario, gli imprevisti e le tante persone che spesso rendono più complesse le manovre di soccorso.

E le mani? Dove vanno posizionate? 

Qualche soccorritore sanitario “vecchia scuola” cerca sempre il punto di repere per il massaggio cardiaco in maniera meticolosa. Linee guida aggiornate già in vigore da tempo ci suggeriscono di appoggiare la prominenza ossea del palmo di una mano al centro del torace (indicativamente nell’uomo sulla metà inferiore dello sterno, sulla linea inter-mammellare) e porre la seconda mano sopra la prima.

Non meno importanti sono i falsi miti che popolano tra le credenze degli operatori del soccorso nell’eseguire le ventilazioni. Spesso la tendenza è quella di fare insufflazioni troppo prolungate e violente, rischiando di causare una distensione gastrica con conseguente induzione del vomito. Le due ventilazioni devono essere lente e profonde, della durata di circa 1 secondo ciascuna e le interruzioni tra i cicli di compressioni non devono durare più di 10 secondi.

Una formazione costante ed effettuata con strumenti e dispositivi che danno un riscontro concreto sulle manovre di RCP, favorisce una consapevolezza e un apprendimento che possono fare la differenza.

La musica si è sempre rivelata un aiuto fondamentale. Alcune piattaforme che offrono musica in streaming hanno creato delle playlist di canzoni che hanno una tempistica adatta a quella del massaggio cardiaco di alta qualità. 

Ecco qua le “songs to do CPR“:

Autore: Arianna Michi

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