Gianluca Vialli, 55 anni compiuti venerdì sta combattendo la partita più importante della sua vita.
Gianluca grande protagonista del calcio italiano, considerato da Mancini un fratello festeggiando il suo compleanno ha scritto. “…Fuori dall’ospedale c’è scritto “Humanitas”.
Che poi significa proprio questo: guardarsi negli occhi e parlare. I miei di occhi sono gialli. E il dottore mi dice: “Si fermi Gianluca”
Lo guardo dubbioso. Perché mi devo fermare? La mia vita è un continuo movimento tra Londra, Milano, la BBC, Sky, la mia famiglia, i miei colleghi, i campi da golf, gli amici.
Cosa devo fermare?
La risposta me la dà la risonanza magnetica:
ferma tutto Luca. Hai un tumore al pancreas.
Quando me lo dicono, ancora non lo so che è uno dei più gravi. Ma lo capisco da come il dottore soffia parole fuori dalle labbra: “CI sono buone possibilità”…
Buone possibilità di cosa? Quando lo capisco, io che di fino a quel punto della mia vita non sapevo niente di malattie, biopsie, pet-scan, di linfonodi e liquidi di contrasto, mi sento perduto…
Bisogna muoversi in fretta, ho una settimana prima dell’operazione.
Quando mi sveglio dopo l’intervento c’è mia moglie, ho tubi collegati al collo e all’addome. E una lunga cicatrice in mezzo agli addominali.
Lei ha gli occhi che bruciano di felicità.
“E’ andata bene” dice. “Quanto devo stare qui” le chiedo.
“Quindici giorni”.
Esco dall’ospedale dopo sei, tra le proteste dei medici che mi invitano comunque a condividere un lungo trattamento con il professor Cunningham, a Londra.
Ma prima c’è Natale. Lo passiamo in Inghilterra tutti insieme e guardo queste persone come non lo avevo guardate mai.
Il giorno di Santo Stefano lo dico alle bambine. Come? Così come lo sto dicendo a voi.
Mentre parlo con loro, e loro piangono, capisco che non è vero che il cancro è il grande nemico da sconfiggere. Non è una lotta per uccidere lui, ma è una sfida per cambiare se stessi…
Ho bisogno di dialogare con la paura. La paura vera, quella che ti fa chiudere in bagno e piangere; paura di non riuscire a dire le parole che servono.
Ne parlo con Cunningham:
“Dottore lei crede che io possa guarire pensando in modo positivo che io guarirò”.
Lui, uomo di scienza mi risponde di sì.
E’ tutto quello che mi serve. Ci costruisco intorno una nuova routine e mi ci dedico anima e corpo: mi sveglio presto, medito su piccole frasi fondamentali, cerco il silenzio, mi focalizzo sui dettagli piacevoli, faccio esercizio, leggo e scrivo un pensiero positivo ogni giorno…Scrivo su una serie di post-it gialli le frasi che sono nel mio libro. Mentre vi scrivo queste righe ho finito la chemio e i trattamenti radio ma ancora non so come andrà a finire questa partita, lo scoprirò più avanti. Quello che so è che mi sono preparato bene e ho dato il massimo; che la mia squadra non poteva giocare meglio.
E che mi hanno passato la palla, come la si passa ad un attaccante.
Quindi sono lì davanti, la rete la vedo bene, così come la linea di porta e quella di fondo. So come si fa. Ma ogni volta che calcio per fare gol è sempre come la prima volta: hai bisogno di un bel po’ di coraggio.
E anche di un pizzico di fortuna. “Fatemi gli auguri di compleanno…”
Redazione Nurse Times
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