Uno studio condotto da ricercatori della Washington University di Seattle alimenta la speranza di un siero capace di stimolare una risposta immunitaria contro la malattia.
Un team di ricercatori della Washington University di Seattle ha testato un vaccino sperimentale su 66 pazienti con carcinoma mammario in stadio avanzato, scoprendo che è sicuro e che è capace di generare una risposta immunitaria forte contro la proteina tumorale Her2, presente in circa il 25-30% dei carcinomi mammari. I risultati del relativo studio sono stati pubblicati su Jama Oncology.
Si tratta di risultati preliminari, ma anche promettenti, e di una bella promessa. Se è vero infatti che parliamo di un trial di fase I non randomizzato, ovvero di uno studio progettato per valutare soltanto la sicurezza di un nuovo prodotto, è pure vero che il prodotto in questo caso è un vaccino contro un tumore del seno aggressivo e che tende a dare recidive, la cui sopravvivenza a cinque anni è di circa il 50%.
La proteina Her2 – Her2 è una proteina che si trova in molte cellule anche non tumorali. In alcuni tumori del seno Her2 è però sovra-espressa, cioè è sintetizzata in una quantità fino a cento volte quella osservata nelle cellule sane. I tumori, in questo caso, si chiamano Her2-positivi, e hanno la tendenza ad essere più aggressivi e a maggiore rischio di recidiva dopo i trattamenti.
Un (paradossale) vantaggio – Tuttavia, la sovrapproduzione di Her2 innesca anche una reazione immunitaria che può rappresentare un vantaggio. Ci sono, infatti, pazienti che sviluppano una risposta immunitaria mediata dai linfociti T che riconoscono e distruggono cellule cancerose. Queste donne dopo i trattamenti hanno un rischio ridotto di recidiva e possono contare su una sopravvivenza più lunga rispetto a quelle nella loro stessa condizione, che però non attivano l’immunità citotossica. L’idea dei ricercatori, dunque, (e anche il razionale che sta dietro al concetto di vaccino terapeutico) è quella di stimolare la risposta immunitaria citotossica contro le cellule cancerose utilizzando un bersaglio che hanno solo loro, o che solo loro hanno sovra-espresso, come Her2, appunto.
Il vaccino a Dna – Per stimolare questo tipo di risposta, gli autori dello studio hanno messo a punto un vaccino a Dna. A differenza dei vaccini proteici (che in genere contengono una proteina o parte di una proteina che si vuole che il sistema immunitario prenda di mira) quelli a Dna contengono le istruzioni per sintetizzare la proteina bersaglio. Una volta iniettato, il vaccino viene “assorbito” dalle cellule che iniziano a produrre la proteina codificata dal Dna vaccinale e la espongono al sistema immunitario. Il vaccino utilizzato in questo studio contiene il Dna per fabbricare una porzione della proteina Her2 nota per la sua capacità di stimolare risposte immunitarie citotossiche più potenti.
Lo studio su 66 donne – I ricercatori hanno arruolato sessantasei donne affette da cancro del seno metastatico. Tutte avevano completato un ciclo di terapia standard ed erano o in fase di remissione oppure avevano solo metastasi ossee (il tumore nell’osso tende a crescere lentamente). Tutte le pazienti coinvolte sono state divise in tre gruppi: un primo gruppo ha ricevuto tre iniezioni a basso dosaggio del vaccino (10 microgrammi), un altro gruppo ha ricevuto tre iniezioni di dose intermedia (100 microgrammi) e il terzo gruppo tre iniezioni ad alto dosaggio (500 microgrammi). A tutte è stato anche fornito un fattore immunostimolante, cioè un farmaco che stimola l’immunità citotossica. Tutte le pazienti sono state seguite per quasi 10 anni: un follow-up lungo, ma necessario ad assicurarsi che la vaccinazione non innescasse una risposta autoimmune contro tessuti sani che esprimono Her2.
Effetti collaterali simili al vaccino anti-Covid – “I risultati hanno mostrato che il vaccino è molto sicuro”, ha detto Mary Nora L. Disis, direttore del Cancer Vaccine Institute alla Washington di Seattle e primo autore della pubblicazione. “In effetti – ha aggiunto l’esperta – gli effetti collaterali più comuni, che abbiamo osservato in circa la metà delle pazienti, erano molto simili a quelli che si vedono con i vaccini contro il Covid: arrossamento e gonfiore al sito di iniezione e un po’ di febbre, brividi e sintomi simil-influenzali”.
Nella dose media la miglio risposta – Ma il vaccino ha anche stimolato con successo la risposta immunitaria citotossica senza gravi effetti collaterali. E in particolare la risposta immunitaria più forte è stata ottenuta nelle pazienti che hanno ricevuto la dose media di vaccino: tre iniezioni di 100 microgrammi. Sebbene lo studio di cui parliamo sia un trial di fase 1, e quindi non progettato per verificare se il vaccino possa rallentare o prevenire la progressione del cancro, i ricercatori hanno notato però che nelle donne che avevano ricevuto il vaccino la prognosi è stata migliore del dato medio: “Ormai seguiamo queste donne da dieci anni, ed è ancora in vita l’80% di loro”, ha infatti dichiarato Disis.
Una forte speranza – Se risultati del trial di fase 2, per il quale si stanno già reclutando pazienti, saranno positivi, “avremo un segnale forte per passare rapidamente a un trial di fase 3 – ha detto Disis. Che ha concluso “Spero fortemente che siamo vicini ad avere un vaccino capace di curare efficacemente le pazienti con cancro al seno”.
Redazione Nurse Times
Fonte: la Repubblica
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