È il 27 gennaio, Giornata della Memoria per non dimenticare l’Olocausto. Fu scelta proprio questa data in quanto in tale giorno del 1945, le truppe dell’Armata Rossa riuscirono ad entrare nel campo di concentramento di Auschwitz, in Polonia. Salvarono i pochi sopravvissuti. Videro i tanti corpi… e mostrarono al mondo ciò che i nazisti avevano fatto.
Un baluardo a difesa della memoria.
È così che mi sento, il 27 gennaio di ogni anno, da quando ho visitato i campi di concentramento/sterminio di Auschwitz-Birkenau.
Memoria che traspare ancora oggi terribilmente vivida e violenta, nelle dettagliate testimonianze dei sopravvissuti alla Shoah… e, soprattutto, nei loro occhi.
Memoria di cui si può sentire ancora il terribile odore, in quell’assordante quiete che oggi ristagna nei ‘campi’ e che è annunciata da quel muto: “Grido di disperazione e ammonimento all’umanità sia per sempre questo luogo“… incarcerato in una lapide all’entrata.
Il silenzio di Auschwitz/Birkenau è qualcosa di gelido, di più freddo della neve e del vento che ti pugnalano a ripetizione la faccia, quando lo attraversi in inverno.
E’ una lama vecchia, sporca, arrugginita e poco affilata che ad ogni dettaglio affonda nelle tue certezze e nelle tue emozioni. Penetrandole, macchiandole… lacerandole. Per sempre.
Quello di Auschwitz/Birkenau è un silenzio che ti avvolge, che ti sconvolge, che ti riempie l’anima di stupore, di vuoto, di pietà, di un’estrema tristezza. E che, come una eco ovattata, quasi impercettibile, ti sussurra ad ogni passo: “perché”?!
Non lo capirò mai… come tutti. Ma io ho sentito quel freddo, ho ascoltato quel silenzio. Io ho visto. Io so. E non dimenticherò. Perché ciò che è accaduto all’uomo laggiù, non dovrà mai più avere luogo.
Un baluardo a difesa della memoria.
Perché “Auschwitz è fuori di noi, ma è intorno a noi, è nell’aria. La peste si è spenta, ma l’infezione serpeggia: sarebbe sciocco negarlo”
(Primo Levi)
Alessio Biondino
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