Gentile Direttore,
sono Maria Raffaella D’Elia, infermiera calabrese, ho conseguito il novembre scorso la Laurea Magistrale in Scienze Infermieristiche ed Ostetriche con votazione di 110 e lode con menzione alla carriera. Il lavoro di tesi è stato un lavoro sperimentale dal titolo: “Indagine conoscitiva: conoscenza del protocollo BLSD intraospedaliero tra gli operatori sanitari e i piani formativi aziendali del SSR”. Sarei tanto onorata di poter avere la pubblicazione del mio lavoro di tesi da parte vostra.
Tesi: “Indagine conoscitiva: conoscenza del protocollo BLSD intraospedaliero tra gli operatori sanitari e i piani formativi aziendali del SSR”. Abstract
L’arresto cardiaco non è evenienza poco diffusa tra i pazienti durante il loro ricovero in ospedale, i tassi di incidenza, anche se valutabili con una certa difficoltà, poiché tanti sono i fattori che si vanno ad intersecare e la vanno ad influenzare, si aggirano intorno a 1-5 casi ogni 1000 ricoveri. La prognosi è un dato ancora più difficile da valutare poiché dipende da una molteplicità di fattori, quali: la sede dell’evento (se area monitorizzata o non monitorizzata), l’addestramento dei primi soccorritori, il numero dei primi soccorritori, le attrezzature disponibili e la presenza e attivazione di un team di emergenza intraospedaliera.
Le aree ospedaliere in cui si verificano più frequentemente gli arresti cardiaci, andando contro le aspettative, sono le aree non intensive, mediche con una maggiore frequenza, chirurgiche poi. Nei reparti di terapia intensiva, dove la criticità dei pazienti è nettamente maggiore, si verificano un numero minore di arresti cardiaci, questo è giustificato dal fatto che i pazienti sono costantemente monitorizzati e tutte le alterazioni dei parametri vitali vengono tempestivamente rintracciate e trattate.
La maggior parte degli arresti cardiaci intraospedalieri non è costituita da eventi improvvisi ed imprevedibili: nell’80% dei casi circa si verifica un deterioramento dei segni clinici nelle ore precedenti l’arresto cardiaco. Questi pazienti presentano molto spesso un deterioramento lento e progressivo, in particolare ipossia e ipotensione (quindi problemi di respiro e di circolo) che o passano inosservati al personale o vengono trattati con superficialità e non in modo adeguato. Nella maggior parte dei casi il ritmo di esordio dell’arresto cardiaco intraospedaliero è un ritmo non defibrillabile (PEA e asistolia), indice di una ridotta possibilità di sopravvivenza.
Considerando che solo il 20% dei pazienti vittima di un arresto cardiaco durante la degenza ospedaliera sopravvive all’evento avverso diventa indispensabile il riconoscimento precoce di questi sintomi premonitori e il loro adeguato e tempestivo trattamento. Le ultime evidenze scientifiche ci dimostrano come la sostituzione in ospedale del team dell’arresto cardiaco con i sistemi di risposta rapida (RRS) attivati già nelle fasi di deterioramento delle condizioni cliniche del paziente, in base agli score dell’ EWS, è correlata nell’adulto ad una significativa riduzione dell’incidenza di arresto cardiaco e ad una riduzione dei tassi di mortalità ospedaliera.
L’attivazione del MET (medical emergency team) deve essere quanto più immediata possibile nel momento in cui nel paziente si innescano meccanismi di deterioramento dei parametri vitali e delle funzioni vitali.
L’assenza di criteri prestabiliti e condivisi per l’attivazione del MET porta ad avere un numero incongruo di interventi da parte del team o richieste di attivazioni del MET in ritardo. Ecco perché i criteri di attivazione del MET devono essere conosciuti e condivisi, , protocollati e standardizzati in modo che tutti gli operatori abbiano gli stessi schemi da seguire per l’attivazione dei trattamenti avanzati e l’attivazione del MET deve avvenire tramite chiamata ad un numero che deve essere ben noto, affisso in bacheca ed utilizzato solo per l’attivazione del team di emergenza e non per comunicazioni con il reparto di rianimazione o per la richiesta di consulenze di routine.
L’esigenza di una riorganizzazione della risposta all’emergenza intraospedaliera nasce dalla valutazione della recente letteratura che stabilisce la debolezza del sistema organizzativo di risposta alle emergenze proprio negli ambienti di ricovero e cura. Anche l’Italia si è messa in campo per fronteggiare l’ingombrante problema della mancata organizzazione nelle emergenze ospedaliere a livello nazionale. Due società scientifiche di rilevanza nazionale che si occupano di rianimazione, la SIAARTI e IRC (Italian Resuscitation Council) hanno realizzato delle linee guida per indirizzare il personale sanitario nella pianificazione efficiente contro gli eventi critici. Fondamentalmente queste linee guida si possono rivedere in quella che è la Catena della Sopravvivenza e prevenzione intraospedaliera; questa catena della sopravvivenza intraospedaliera è composta da cinque anelli: addestramento del personale, monitoraggio dei pazienti, riconoscimento del deterioramento clinico del paziente, sistema di allarme, risposta efficace.
Dott.ssa Maria Raffaella D’Elia
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