Da professionista infermiere (orgogliosamente), sento il bisogno di scrivere in merito all’attivazione delle magistrali a indirizzo clinico. Analizzando analiticamente la condizione infermieristica italiana, emerge in maniera chiara e inequivocabile che la soluzione al problema della scarsa appetibilità della professione non è certo l’introduzione delle magistrali a indirizzo clinico.
Verosimilmente i decisori sono molto lontani dalla realtà infermieristica attuale. Che la professione abbia perso attrattività è sotto gli occhi di tutti. E allora ben vengano le magistrali a indirizzo clinico, ma di pari passo si dovrebbero incrementare gli stipendi.
Le tre magistrali attualmente in discussione riguarderebbero le seguenti aree: cure primarie, cure pediatriche e neonatali, emergenza-urgenza. E le altre, ad esempio l’area delle cure palliative, l’area medica, l’area chirurgica? Non dimentichiamo che abbiamo una norma – la Legge 43/06 – che disciplina le aree di esercito specialistico. Si è mai concretizzata?
Inoltre, di pari passo, si dovrebbero anche riformare le modalità assunzionali, attraverso concorsi per specialisti in quell’area. Ma se il titolo abilitante resta la triennale, come si farebbe? Si dovrebbe uscire dal comparto, ma non possiamo rientrare nella dirigenza sanitaria perché le risorse non ci sono. Restando nel comparto, ci dobbiamo accontentare delle briciole, nonostante le peculiarità del nostro lavoro.
In tutto questo l’attuale magistrale in Scienze infermieristiche e ostetriche dove si andrebbe a collocare? Inoltre lo specialista in cure primarie diventerebbe un dirigente? Alle specializzazioni deve seguire il riconoscimento economico. Questa è l’unica possibilità per rendere la professione più attrattiva, altrimenti sarà destinata al fallimento.
Inutile riempirci la bocca di parole prive di significato. Cerchiamo di essere veramente incisivi!
Sono molto amareggiato, leggo frammentazione e confusione. Non è molto chiara la strada da percorrere. Stiamo indietreggiando, mi spiace dirlo.
Dottor Carmine Lambiase (un innamorato della professione)
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