Nel seguente comunivato stampa le riflessioni di Marco Ceccarelli, segretario nazionale del sindacato Coina, sulle parole di Guido Bertolaso, assessore al Welfare della Regione Lombardia.
In un momento storico così critico e complesso per la sanità italiana, con una politica nazionale e regionale che da tempo fa tremendamente fatica a trovare il bandolo della matassa per uscire dalla crisi in cui siamo finiti, sindacati come il nostro, che contraddistinguono la propria attività quotidiana sin dalla propria nascita con una strenua tutela dei diritti dei professionisti sanitari, non possono non rimanere basiti di fronte a determinate affermazioni.
Naturalmente tutti si assumono pienamente il coraggio delle proprie azioni e hanno legittima libertà di esprimere le proprie opinioni, ma rimane assolutamente fuorviante e pericoloso, e non solo ai nostri occhi (giocoforza lo è anche davanti a quelli della collettività), sostenere che ad oggi per ricostruire il presente e il futuro del nostro sistema salute occorre puntare apertamente sui professionisti provenienti dall’America Latina o dall’India o da altri Paesi oltreoceano, arrivando addirittura ad affermare che siamo di fronte a una vera e propria soluzione risolutiva.
E’ quanto accaduto in diretta televisiva, pochi giorni fa. Abbiamo assistito a una vera e propria pantomima, lasciatecelo dire, quando abbiamo ascoltato le dichiarazioni dei responsabili del “Magellano Student”, l’ultima brillante idea in ordine di tempo voluta dall’assessore al Welfare della Lombardia, Guido Bertolaso (foto).
Il progetto sta prevedendo, di fatto, l’arrivo di studenti sudamericani in infermieristica che in Lombardia stanno frequentando un mese di corso di lingua italiana e che trascorreranno un semestre di formazione nel nostro Paese. L’obiettivo è trasformarli, parole e pensieri dei responsabili dell’area recruitment del progetto, nei nostri professionisti sanitari del domani, perché di fatto abbiamo la necessità, attraverso queste figure, attraverso udite udite le loro competenze, di coprire le croniche carenze di personale di cui soffriamo da tempo.
“Magellano Student” nasce parallelamente al “Progetto Magellano” di Guido Bertolaso, con infermieri sudamericani che sono già arrivati lo scorso dicembre nell’Asst Sette Laghi di Varese e con altri che ne stanno arrivando e arriveranno nell’anno in corso. Lo stesso Bertolaso ha annunciato numeri importanti da paesi come Paraguay e Argentina. Qualcosa non quadra.
Tra organici tristemente ridotti all’osso, un piano liste di attesa che rischia di non decollare fino in fondo per la mancanza di risorse, turni massacranti, fughe all’estero senza fine e nel pieno di un ciclone di violenze, con un agosto mai così drammatico per le aggressioni subite dai nostri professionisti sanitari, diventati capro espiatorio dei disservizi e dei disagi, qualcuno ha oggi il coraggio di affermare che la soluzione a lungo termine per il nostro sistema salute, per Regioni come la Lombardia (10mila professionisti dell’assistenza mancanti all’appello), è assumere infermieri sudamericani, che stanno arrivando e arriveranno qui senza di fatto conoscere una sola parola della nostra lingua e senza in alcun modo aver mai avuto modo di studiare il complesso alveo delle nostre normative sanitarie.
Non si tratta di una presa di posizione contro colleghi di origine straniera, sia chiaro, ma non si era parlato di rilanciare le professioni sanitarie partendo dalla formazione e dai corsi di laurea? Non si era parlato di investire finalmente nei nostri talenti e nelle nostre eccellenze, offrendo legittimi riconoscimenti a chi già da anni combatte sul campo, mettendo al centro del progetto infermieri e ostetriche, e soprattutto riducendo anche il profondo squilibrio esistente con la dirigenza medica?
Ogni giorno sindacati come il nostro si battono per denunciare le iniquità che troppo spesso si consumano ai danni dei professionisti all’interno degli ospedali, perpetrati dalle stesse aziende sanitarie. Siamo alle prese, inoltre, con una carenza di personale mai così grave nella storia della sanità italiana, che aumenta giorno dopo giorno il nostro gap rispetto a un’Europa che corre veloce verso la ripresa.
La misura allora è colma! Non sono questi, non possono esserlo, lo ribadiamo a gran voce, i progetti che ci consentiranno a lungo termine di ricostruire il nostro sistema sanitario. Oltretutto possiamo davvero permetterci di affidare da qui a breve i nostri malati, nelle nostre Rsa, nei nostri ospedali, a professionisti sanitari che arrivano qui senza conoscere una parola di italiano e che, a quanto pare, frequenteranno solo un mese di corso prima di essere gettati nella mischia?
Ci spiegate come mai un infermiere italiano assunto in Germania, prima di avere un ruolo in un’equipe sanitaria, prima di gestire dei pazienti, è chiamato a frequentare ben nove mesi di corso intensivo di tedesco? Quanto peseranno alla fine queste lacune linguistiche, ostacoli certo di non poco conto, nelle equipe sanitarie di cui faranno parte questi professionisti provenienti dall’altra parte del mondo? Quanto graveranno sui colleghi italiani? Non rischieranno, forse, di minare ulteriormente la qualità delle cure? Abbiamo il dovere di chiedercelo.
Redazione Nurse Times
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