L’Anac ha irrogato una multa di 5mila euro nei confronti di un dirigente firmatario di provvedimenti ritorsivi ai danni di un dipendente (che ha segnalato il comportamento illecito).
Arriva la prima sanzione pecuniaria contro il firmatario di provvedimenti ritorsivi adottati nei confronti di un whistleblower, ovvero del dipendente che si fa carico di denunciare comportamenti illeciti. A irrogare la multa, con delibera 782/20198, l’Anac, a cui la legge a tutela del lavoratore che segnala irregolarità affida il potere, esercitato appunto per la prima volta da quando le norme della Legge 179/2017 sono entrate in vigore (fine 2017).
I fatti, fa sapere l’Authority anticorruzione, riguardano un whistleblower “operante in un comune campano” che era stato punito per aver fatto la segnalazione. La multa, di 5mila euro, è stata comminata direttamente al dirigente che aveva attuato la ritorsione. II whistleblower aveva denunciato per abuso d’ufficio e omissione di atti d’ufficio i componenti dell’Ufficio procedimenti disciplinari, di cui lui stesso faceva parte. Nelle settimane successive alla denuncia sporta presso l’autorità giudiziaria il dirigente era stato sospeso dal servizio per 10 giorni e in seguito per altri 12 giorni, in entrambi i casi con la contestuale privazione della retribuzione.
Dopo l’esame della vicenda e l’audizione di due componenti dell’Ufficio procedimenti disciplinari, l’Anac ha ritenuto pretestuose e ritorsive le motivazioni alla base delle contestazioni, sanzionando il firmatario dei provvedimenti. Alla base della contestazione, non un caso singolo ma – secondo la ricostruzione del whistleblower riportata nella decisione dell’Autorità – “la gestione complessiva dei procedimenti disciplinari condotti in quegli anni” dall’ufficio in questione. L’Anac ha proceduto innanzitutto a qualificare il “segnalante” come whistleblower, che non è colui che denuncia in forma anonima, ma proprio chi si identifica. È infatti da qui che nasce la necessità di tutelarlo. Quanto all’interesse che muove la segnalazione, la legge non richiede che si badi esclusivamente alla p.a.: trovano salvaguardia pure gli interessi privati che coincidono e che si integrano con quello pubblico.
A seguito di quella che l’Anac stessa definisce “una lunga istruttoria”, si è accertato il carattere ritorsivo dei provvedimenti adottati nei confronti del whistleblower. Si è quindi verificato se c’era “la volontà di punirlo per aver segnalato”. E per l’Autorità la “superficialità dei ragionamenti giuridici condotta dall’Ufficio per i procedimenti disciplinari”, la “grossolanità degli errori commessi nell’interpretazione del codice di comportamento, nonché nell’inquadramento della figura del whistleblower, deve essere valutata come elemento idoneo a ritenere provato in via indiziaria il dolo ritorsivo”. Ciò, insieme ad “altri elementi fattuali”, ha portato a infliggere la sanzione. Ammenda che, come detto, non risulta a carico dell’amministrazione, bensì della persona responsabile degli atti ritorsivi. L’ammontare della multa si è fermato al grado più basso, appunto 5mila euro (il massimo previsto in questi casi è di 30mila).
«Grazie alla legge della collega Francesca Businarolo possiamo proteggere davvero chi segnala illeciti sul lavoro. Una misura concreta del M5S per la lotta alla corruzione nella p.a.», afferma su Fabiana Dadone, ministro della pubblica amministrazione, su Twitter. La stessa Businarolo, presidente della Commissione giustizia della Camera e prima firmataria della legge che ha introdotto il whistleblowing nel nostro ordinamento, dichiara: «La legge sui segnalatori di illeciti sta funzionando bene, grazie all’impegno dell’Anac. Come avevamo previsto, è utile la parte sanzionatoria nei confronti delle ritorsioni di chi si rende testimone di un illecito. C’è ancora molto da fare per attuare le norme nel settore privato, ma già grandi aziende hanno avviato questa pratica».
Redazione Nurse Times
Fonte: Italia Oggi
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