Se ci fosse un premio per la telenovela più lunga della sanità italiana, il vincolo di esclusività degli infermieri vincerebbe a mani basse. Un titolo semplice, una trama ripetitiva, molti personaggi e un solo protagonista che non cambia mai: l’infermiere pubblico che, diversamente da tanti altri professionisti sanitari, non può lavorare altrove se non per lo Stato.
La storia sembra scritta da uno sceneggiatore appassionato di colpi di scena: quando pensi che la puntata stia finendo, ci infilano un rinvio, una rettifica, una dichiarazione “interpretativa”, un dietrofront pubblicato in Gazzetta Ufficiale. E così siamo arrivati alla stagione 2025. Quella delle grandi promesse. E delle grandi delusioni.
2023-2024: i primi segnali (o le illusioni iniziali)
La deroga al vincolo di esclusività, inizialmente introdotta in forma temporanea con il Decreto Energia 2023 per far fronte alla carenza di personale, è stata progressivamente prorogata fino a raggiungere una nuova scadenza: il 31 dicembre 2027.
Una “deroga eccezionale” che, con il tempo, ha assunto i contorni di una misura strutturale pur restando, formalmente, solo una sospensione parziale e non un superamento del vincolo. Questo significa che gli infermieri possono svolgere attività extra-murarie solo in virtù di una proroga, e non di un diritto pienamente riconosciuto.
E poi c’è la deroga, quella che in Italia funziona come l’orario estivo dei treni: “temporanea”, ma si rinnova da sola. Nata nel 2023 come misura d’emergenza – doveva durare pochi mesi, giusto il tempo di “affrontare la crisi” – è stata poi estesa, estesa ancora, riestesa e infine prorogata fino al 31 dicembre 2027.
Una deroga così lunga da sembrare ormai un inquilino stabile del sistema sanitario: paga poco, resta tanto e nessuno ha il coraggio di sfrattarla. Ma attenzione: una deroga non è un diritto. È una concessione, un favore istituzionale, un “ti lascio fare, però ricordati che posso togliertelo quando voglio”.
E infatti gli infermieri possono lavorare fuori solo perché qualcuno glielo permette, non perché la norma riconosca loro una libertà professionale vera. Una libertà sospesa, provvisoria e, soprattutto, non uguale per tutti.
Febbraio 2025: “il Governo valuta l’abolizione definitiva”. E gli infermieri ci credono.
È febbraio 2025 quando il Governo valuta di abolire il vincolo di esclusività per infermieri e professionisti dell’area non medica. Le dichiarazioni parlavano di “modernizzazione”, “allineamento europeo”, “valorizzazione delle competenze”. Un entusiasmo quasi sospetto. Ma comunque entusiasmo.
Perché, in fondo, gli infermieri chiedono questo da anni:
- poter lavorare in libera professione,
- poter svolgere attività integrative,
- poter crescere realmente sul piano professionale,
- poter competere ad armi pari con altre figure sanitarie.
E invece…
Marzo-aprile 2025: la doccia gelata – “Si va verso lo slittamento al 2026”
Passano poche settimane e arriva il primo colpo di scena: il vincolo potrebbe essere abolito… ma dal 2026. Non subito. Forse. Probabilmente. Dipende.
Il Governo fa sapere che “serve un periodo di transizione”, che “vanno valutati gli impatti sul sistema”, che “la misura va armonizzata con altri provvedimenti”. Parole dette con la calma tipica di chi non ha mai fatto un turno di notte. Gli infermieri cominciano a intuire che qualcosa non torna.
Autunno 2025: la verità – La versione in Gazzetta Ufficiale non prevede l’abolizione. Né ora, né mai.
Alla fine di ottobre arriva l’episodio chiave: la versione definitiva del provvedimento pubblicata in Gazzetta Ufficiale. E lì la sorpresa: nessuna abolizione del vincolo, nessuna data certa. nessuna promessa confermata. Tutto rinviato. Tutto sospeso. Gli infermieri restano vincolati. La telenovela continua.
Il nodo vero: perché medici sì e infermieri no?
La satira, qui, non è un eccesso. È una necessità. Perché mentre gli infermieri vivono con il vincolo più rigido dell’intero comparto pubblico, i medici lavorano in: intramoenia, studi privati, attività libero-professionale, consulenze, cooperazioni esterne.
Un medico può fermare il turno alle 14, prendere la macchina e visitare privatamente alle 15. Un infermiere no. Un medico può integrare il proprio reddito con mille attività professionali. Un infermiere no.
Il messaggio implicito è disarmante: la professionalità infermieristica vale solo dentro le mura pubbliche, non fuori. È un paradosso giuridico, culturale e politico. Anzi, un fossile normativo rimasto intatto nonostante il cambiamento radicale del sistema sanitario.
Inoltre i medici del Ssn, per accettare l’esclusività, ricevono un’indennità dedicata che oscilla tranquillamente tra i 940 e i 1.200 euro al mese. Una cifra che a fine anno fa quasi uno stipendio aggiuntivo.
Ora indovinate qual è l’indennità equivalente per gli infermieri: zero euro. Zero virgola zero zero. Il nulla cosmico. L’infermiere è esclusivo… ma gratuitamente. Il medico è esclusivo… ma retribuito.
Due categorie, due trattamenti. Stesso vincolo, valore economico opposto. È la matematica creativa del sistema sanitario: chi ha meno libertà prende anche meno soldi. Anzi, non ne prende affatto.
Il risultato? Una categoria immobilizzata mentre il sistema chiede flessibilità.
Mancano 70mila infermieri. Il Paese cerca professionisti. I reparti cadono a pezzi. I turni sono ingestibili. E l’unica categoria che non può svolgere attività esterne, non può integrare lo stipendio, non può aprire la partita Iva è… esattamente quella che manca di più. Invece di incentivare, si limita. Invece di valorizzare, si vincola. Invece di aprire porte, si blindano cancelli.
Conclusione: gli infermieri hanno un vincolo che vincola solo loro
Alla fine di questa stagione – perché di stagione si tratta – resta un messaggio chiaro: il vincolo di esclusività non è protezione, è immobilizzazione. E lo è sempre di più in un’Italia dove medici e dirigenti sanitari sviluppano liberamente carriera e reddito fuori dall’orario pubblico, mentre agli infermieri viene chiesto di essere “fedeli” al sistema, anche quando il sistema non è fedele a loro.
Oggi come ieri, l’abolizione è una promessa mancata. Una promessa ripetuta, rinviata, ritoccata, affondata. Una promessa che non arriva mai in fondo alla trama. E così la telenovela continua. Stessa sigla. Stesse puntate. Stesso finale sospeso.
E così il vincolo di esclusività continua la sua elegante danza istituzionale: proroghe infinite, annunci improvvisi, promesse che evaporano in Gazzetta Ufficiale e una deroga che sopravvive più dei governi. Gli infermieri? Sempre lì. Con un vincolo più rigido degli altri, una deroga che scade nel 2027 e zero euro di indennità per accettare una limitazione che altri professionisti – giustamente – vengono pagati per avere.
E allora il paradosso si chiude da solo: in un Paese che chiede agli infermieri di essere esclusivi, senza riconoscergli nulla in cambio, il vincolo non è una norma, è un promemoria quotidiano di quanto la nostra professione sia ancora trattata come una risorsa da limitare, e non da liberare.
Guido Gabriele Antonio
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