A fronte di un’emergenza che non dà tregua agli ospedali, tanti medici, infermieri, tecnici e oss fanno marcia indietro.
In Veneto, da febbraio a oggi, sono 4.213 i medici, gli infermieri, i tecnici di laboratorio e gli operatori socio-sanitari che hanno rifiutato l’assunzione per non lavorare in reparti Covid.
E’ Patrizia Simonato, direttore generale di Azienda Zero, l’ente di raccordo del sistema sanitario regionale del Veneto, a fare luce su uno spaccato con cui sta facendo i conti il sistema-ospedali tra Padova, Verona, Vicenza, Treviso, Rovigo e Belluno: “Non manca la volontà di assumere. Ciò che manca è la disponibilità di medici e personale sanitario in genere, soprattutto nelle specialità che più servono contro il Covid, ossia personale di pronto soccorso e di anestesia e rianimazione. Quando li troviamo, spesso rifiutano di firmare il contratto appena scoprono di essere destinati a reparti di trincea contro il virus”.
Un caso che ha fatto scalpore è quello dell’ospedale Borgo Roma di Verona, dove l’attività delle sale operatorie è stata ridotta del 30 percento per dirottare il personale dei reparti Covid. Dall’inizio della pandemia fino a oggi la Regione Veneto ha assunto 2.954 professionisti della sanità, di cui 1.182 medici e il resto infermieri, assistenti, operatori socio-sanitari. Di questi, 2.954 sono contratti di libera professione o co.co.co, 1.233 assunzioni a tempo indeterminato, 392 a tempo determinato. “Nell’area della libera professione abbiamo avuto questa amara sorpresa, con 4.213 domante pervenute, accolte e poi cestinate per non gradimento della destinazione”, continua Simonato.
A luglio, spiegano alla Regione, sono stati messi a bando 128 posti in pronto soccorso, ma alla fine sono stati assunti 14 medici specializzati e 25 specializzandi. A dicembre altro bando per 107 posti: assunti 14 specializzati e 39 specializzandi. Non aiutano le regole che normano il Sistema sanitario nazionale. La legge vieta infatti alle Usl di assumere laureati e abilitati che non siano specializzati o specializzandi. Queste figure possono quindi lavorare, al massimo, come co.co.co o con partita Iva, ma in questo modo non rientrano nelle quote concorsuali riservate ai dipendenti del Ssn, restando così ingabbiati nel precariato.
Redazione Nurse Times
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