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Varese, sconfigge carcinoma al seno: “Grazie a chi non mi ha lasciato sola”

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Varese, sconfigge carcinoma al seno: “Grazie a chi non mi ha lasciato sola”
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Riprendiamo la toccante lettera, pubblicata su una testata locale, della signora Mara D’Angelo.

Buongiorno, non so da dove iniziare e come. Ho pensato e ripensato, ho scritto e cancellato e riscritto; chiedo di leggere con pazienza queste parole e vi ringrazio. La mia testa è stata per giorni il foglio su cui scrivere. Una cosa era ed è certa, questa mia lettera vuole essere qualcosa di positivo, vuole arrivare alle persone che per vari motivi non incontrano i pazienti nei corridoi degli ospedali, non vivono le loro storie, le paure, il dolore. Con queste righe voglio ringraziare e far sapere quanto sia prezioso il lavoro di chi quotidianamente si “sporca le mani”, ci mette il cuore, ascolta, tace. Insomma, di chi fa di tutto affinché la vita possa continuare.

Sono una donna di 40 anni moglie, mamma, figlia, sorella e insegnante. Ho vissuto, fino a qualche mese fa, una vita normale (seppur con tanti problemi, che ho sempre superato), ma a fine ottobre qualcosa è andato male, ho scoperto di avere un carcinoma al seno. Cosa dire… tutto è cambiato, tutto. Il giorno che in radiologia il medico mi ha comunicato che c’era qualcosa che non andava ho iniziato a sudare freddo. Speravo si sbagliasse, speravo che fosse qualcosa di benigno…

Ricordo che quel 26 ottobre. Quella persona non ha avuto dei modi particolarmente gentili: senza mezzi termini mi ha detto di andare a Varese per fare un’agobiopsia. Io ho iniziato a fare delle domande, chiedevo: “Ora cosa faccio, cosa posso fare? La sua risposta, che ancora oggi mi rimbomba in testa: “Signora, io passerò tutto in Senologia; tra un mese sarà contattata”. Si è girato, si sono aperte le porte scorrevoli, è entrato nel suo mondo sicuro e mi ha lasciata fuori, nel mio nuovo mondo, fatto di paura e lacrime.

Questo è stato uno tra i tanti momenti che ricordo di disperazione, perché da quel preciso istante ero sola con il mio male, ero sola. La cosa che continuo a pensare e chiedo: “Per quale motivo in questo ospedale non avete pensato a una figura che si occupi delle pazienti e faccia da tramite tra i reparti di Radiologia, di Senologia e tutto il resto? Qualcuno che segua da protocollo un percorso? Qualcuno che ti faccia “compagnia”, che ti stringa anche la mano o che, guardandoti, ti dica: “Ci sono io”. Qualcuno… Io ero sola (anche se, girandomi verso la porta, trovai mia madre, che era arrivata di corsa, pur non sapendo; forse il suo essere mamma l’aveva spinta li, ad aspettarmi).

Quel giorno sono tornata bambina. Quel giorno ho trovato un “professionista” che mi ha voltato le spalle, ma ho trovato gli occhi di mia madre e l’aiuto delle infermiere del poliambulatorio e del dottor De Luca (questo è l’ordine di tempo in cui tante persone mi hanno aiutata quel brutto giorno). Fortunatamente ho trovato comunque delle persone eccezionali, che in vari modi e situazioni mi hanno permesso di andare avanti e di non sprofondare nella disperazione che mi stava invadendo.

DEVO RINGRAZIARE, E NON SMETTERÒ MAI DI FARLO, IL DOTTOR ANTONIO DE LUCA.

Mi ha seguita nei vari passaggi: agobiospia, diagnosi, spiegazioni, intervento, post-intervento (ha continuato a seguirmi). Mi ha dato indicazioni preziose per affrontare con forza la quotidianità (grazie a lui ho conosciuto la signora Patrini Adele). È un grande professionista, ma non basta essere “solo” un bravo medico, saper operare, non lasciare segni sul paziente (tutto importante): è indispensabile che il medico sia una persona che si ricordi che noi pazienti non siamo il numero che ci identifica sul bracciale o sulla pratica di  ricovero; siamo delle persone con delle storie, dei vissuti, delle paure. Ma le paure e le tristezze possono diventare speranze, e la malattia può essere sconfitta grazie alla presenza di medici che in tutto questo ci mettono il cuore.

Ecco, il cuore, il dottor De Luca lo mostra attraverso i suoi occhi, attraverso le parole, attraverso il suo lavoro. Sono contenta che mi abbia seguita lui. Sono contenta che non abbia perso tempo. Sono contenta perché ho la certezza che non sono sola e posso contare sulla sua presenza. Grazie a Dio ho trovato lui.

I professionisti come il dottor De Luca dovrebbero essere “valorizzati” perché, prima o poi, le persone che lavorano con dedizione, interesse, determinazione, amore… prima o poi, potrebbero stancarsi. E oggi, se io (come tutte le donne che l’hanno incontrato sulla loro strada) dovessi non trovarlo in questo ospedale, non riporrei in altri la stessa fiducia. Mi sono fidata di lui, mi sono messa nelle sue mani. Non mi importa sapere che, da manuale, sarò definita guarita tra cinque anni, io sono guarita il giorno in cui è stato asportato il tumore.

Vorrei ringraziare gli operatori strumentisti della sala operatoria, che hanno sopportato le mie lacrime, mi hanno parlato ed incoraggiata; le ragazze del CUP; le infermiere del reparto del pre-ricoverole infermiere del poliambulatorio. Ricordo Barbara Calcagno e Nadia Ciccardi, gli infermieri e gli oss del primo piano. Potrei fare dei nomi, ma rischierei di dimenticare qualcuno. Inoltre ringrazio il dottor Galli, la dottoressa Tomera (straordinaria donna e medico).

Siete fortunati… Siamo fortunati: questo ospedale è ricco di umanità, oltre che di professionalità. Ricordate che la differenza la fanno le persone. E io porto nel cuore le persone che hanno mostrato il loro di cuore. Avete dei professionisti eccezionali, avete la fortuna di avere persone preparate, che fanno la differenza. Non lasciateli soli. Abbiate l’occhio lungo sul futuro. Loro sono il vostro e il nostro futuro.

Spero che sia per me un brutto ricordo. Spero di tornare solo per dei controlli. Dovrò prepararmi alle terapie per eliminare il rischio. Devo stare bene e stare meglio, imparare a prendermi i miei spazi e a fare tutto passo dopo passo.

Devo continuare a veder crescere mio figlio, perché è giusto così, perché il mio bimbo ha bisogno della sua mamma. Devo continuare a essere una moglie. Devo continuare a essere la bambina per la mia mamma. Devo essere la sorella maggiore. Devo continuare a fare l’insegnante, lavoro che amo molto. Perché ogni giorno insegno prima di tutto ai miei alunni a essere delle persone che nella vita devono fare la differenza, devono lasciare un segno della loro presenza, devono essere… Devono fare e saper fare bene.

Questa è la vita… Anche se poi, un giorno, scopri che qualcosa dentro di te ha iniziato a non funzionare bene. Perché quel qualcosa si può e si deve sconfiggere. La vita è meravigliosa. Forse oggi posso apprezzare ancor di più le piccole cose che si susseguono giornalmente e che fanno della vita qualcosa di grande. Ringrazio ancora infinitamente, perché è più difficile ringraziare e più semplice lamentarsi e dire quel che non va. Anche se poi, talvolta, lamentarsi nel giusto non è peccato.

Il 29 marzo ho terminato i cicli di chemioterapia. Sono stanca, provata nell’anima e nel corpo, ma sono in fase di “rinascita”. Non mollo. Andrà tutto bene.

Ringrazio il dottor Torretta e il dottor Colombo, le infermiere del reparto di Oncologia, e ricordo il prezioso aiuto della dottoressa Carmen Delvino, che si è occupata delle ferite della mia anima e del cuore… indispensabile presenza, tanto quanto chi si prende cura del corpo. Ripeto che la differenza la fanno le persone e la sinergie che tra loro si mettono in movimento.

Il dottor De Luca è il motore, il cuore, il collante tra tanti pezzi che dovrebbero essere un unico corpo. Forse non lo immagina neanche lui quanto sia indispensabile la sua presenza.

Cordialmente,
Mara D’Angelo

Fonte: Varese News

 

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