Alcuni operatori vaccinati hanno contratto l’infezione, ma solo lo 0,48% in forma asintomatica o paucisintomatica, mentre nessuno è stato ricoverato o è deceduto.
Sette mesi dopo la seconda dose di vaccino anti-Covid, i primi operatori sanitari vaccinati a Sassari sono ancora protetti. Lo certifica uno studio realizzato dalla struttura di Sorveglianza sanitaria dell’Azienda ospedaliera sassarese, che ha effettuato un’analisi sull’efficacia del vaccino su oltre 4mila tra operatori sanitari, personale amministrativo e operatori delle ditte esterne che lavorano negli ospedali.
Alcuni operatori vaccinati hanno contratto l’infezione da coronavirus, ma solo lo 0,48% in forma asintomatica o paucisintomatica, mentre nessuno è stato ricoverato o è deceduto. Dallo studio emerge che il livello di protezione è significativamente superiore a quello rilevato dall’Istituto Superiore di Sanità nella popolazione italiana per classi di età comparabili alla popolazione in studio.
“E chiaro che ci sono anche altre condizioni – afferma Antonello Serra, responsabile della struttura di Sorveglianza sanitaria e coordinatore del Centro vaccini Covid-19 –. E tra queste deve essere tenuta in debito conto la maggiore attitudine degli operatori sanitari ad adottare dispositivi e comportamenti di protezione dal rischio infettivo. A ciò va aggiunto anche il fatto che una popolazione di lavoratori in attività è, mediamente, in condizioni di salute migliori rispetto alla popolazione generale”.
E ancora: “E rilevante che questo elevato livello di protezione del vaccino permanga, nonostante il livello di anticorpi neutralizzanti si sia ridotto del 79,2% rispetto al livello misurato subito dopo il completamento del ciclo vaccinale. L’ipotesi è che il complesso della risposta immunitaria, che comprende diverse linee di attività, tra le quali l’immunità cellulare, che può essere misurata solo con test di maggiore complessità, risulti ancora efficace a distanza di sette mesi. Anche rispetto alla protezione di una variante del virus, la Delta, significativamente più infettiva del ceppo originario”.
Redazione Nurse Times
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