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Vaccino anti-Covid, c’è chi salta la seconda dose: come comportarsi?

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Falconara (Ancona), soluzione fisiologica iniettata al posto del vaccino anti-Covid: indagato medico di famiglia
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In Italia questa abitudine non è molto diffusa. A ogni modo tutte le Regioni hanno previsto la possibilità di riprogrammare il richiamo.

In molti Paesi del mondo sono iniziate nuove campagne di sensibilizzazione per convincere le persone a completare il ciclo vaccinale anti-Covid, dopo che era emersa una preoccupante tendenza a non presentarsi agli appuntamenti fissati per ricevere la seconda dose, la cui importanza per proteggere dalle infezioni dovute alla variante Delta è ribadita in queste settimane da scienziati e autorità sanitarie.

In Italia l’avvicinarsi delle settimane in cui milioni di persone viaggeranno per le ferie estive, assieme alle rinnovate discussioni sui remoti rischi di effetti collaterali dei vaccini, hanno dato rilevanza alla domanda su quanto sia diffusa la scelta di non presentarsi all’appuntamento della seconda dose del vaccino e su cosa succeda in questi casi, sia dal punto di vista delle aziende sanitarie sia dal punto di vista del cittadino.

I dati diffusi in Italia, in realtà, non consentono di capire quante persone finora non si siano presentate all’appuntamento per la seconda dose. Secondo alcuni coordinatori delle campagne vaccinali sentiti dal Post, al momento le percentuali sono molto basse e non preoccupanti. I casi sono pochi e la maggior parte è dovuta a malattie o ricoveri.

Le procedure che si attivano quando succede, poi, cambiano prevedibilmente a seconda della regione e dell’azienda sanitaria, senza che ci siano linee guida esplicite e chiare a livello nazionale. Le decisioni su come comportarsi quando si è superata la finestra temporale raccomandata per il richiamo sono perlopiù affidate ai medici di base. Tra le altre cose, peraltro, questa incertezza normativa è legata alla preoccupazione che, regolamentando questi casi, si finisca per normalizzare e incentivare le defezioni agli appuntamenti per la seconda dose.

Negli Stati Uniti, secondo i dati del Centers for Disease Control and Prevention (Cdc), pubblicati dalla Cnn il 25 giugno, l’11 percento di chi ha ricevuto la prima dose (15 milioni di persone) ha saltato l’appuntamento per il richiamo e ha superato l’intervallo di tempo tra le due dosi indicato dalle autorità sanitarie. L’1,5 percento non ha ancora ricevuto la seconda dose, ma è ancora in tempo prima di non rispettare gli intervalli indicati. Secondo i Cdc, sono in ritardo soprattutto le persone fra i 30 e i 39 anni.

Ma facciamo un breve ripasso sulle tempistiche dei richiami. Per il vaccino Pfizer-BioNTech la seconda dose non può essere somministrata prima di 21 giorni, e tra la prima e la seconda dose possono trascorrere fino a 42 giorni, secondo i protocolli indicati dalla casa farmaceutica e approvati dalle autorità sanitarie. Nel caso del vaccino di Moderna l’azienda produttrice consiglia di procedere con la seconda dose a 28 giorni di distanza dalla prima. È comunque possibile ritardare il richiamo, e anche per questo vaccino è indicata la possibilità di attendere fino a 42 giorni.

Il vaccino di AstraZeneca prevede che la seconda dose possa essere somministrata tra 28 e 84 giorni dalla prima. Il vaccino di Johnson & Johnson, invece, è monodose e quindi non necessita del richiamo. Secondo le linee guida del ministero della Salute, le uniche persone che possono saltare il richiamo sono i “soggetti con pregressa infezione”, cioè chi è stato malato di Covid, purché la prima vaccinazione sia eseguita ad almeno tre mesi di distanza e preferibilmente entro i sei mesi dall’infezione.

La scorsa settimana anche il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc) ha invitato gli Stati europei ad accelerare le campagne vaccinali, ribadendo l’importanza di completare il ciclo vaccinale, soprattutto dopo le indagini che hanno mostrato una notevole diffusione della variante Delta, più contagiosa delle altre in circolazione. La direttrice dell’Ecdc, Andrea Ammon, ha detto che la variante rappresenterà il 90 percento delle infezioni da coronavirus entro la fine di agosto: «Sfortunatamente i dati preliminari ci dicono che la variante interessa anche gli individui che hanno ricevuto una sola dose dei vaccini attualmente disponibili».

Dopo l’appello dell’Ecdc, anche in Italia ci sono state nuove raccomandazioni. Il coordinatore del Comitato tecnico scientifico, Franco Locatelli, ha detto che una sola dose del vaccino non copre adeguatamente e che va completato il ciclo vaccinale «per riuscire a ottenere una protezione sia da patologia grave che letale». L’immunologo Sergio Abrignani, componente dello stesso Comitato, ha dato qualche dettaglio in più al Corriere della Sera, dichiarando: «Una sola dose protegge al 70 percento dalla variante Alfa, mentre contro la Delta funziona al 20-30 percento. Con due dosi si è protetti al 85-90 percento dalla Delta e oltre il 95 percento dall’Alfa».

Nelle ultime settimane si è parlato di questo possibile problema in vista delle vacanze estive: c’era il timore che molte persone decidessero di non vaccinarsi per non dover riprogrammare o saltare le vacanze a causa della seconda dose. All’inizio di maggio il commissario Francesco Figliuolo aveva detto che sarebbe stato introdotto un coordinamento tra le Regioni per consentire alle persone di ricevere la seconda dose in vacanza.

Le difficoltà organizzative nella ridistribuzione delle dosi ha costretto Figliuolo a ridimensionare il progetto, attivato solo in alcune Regioni, come il Piemonte e la Liguria, e puntare sulla flessibilità. Il commissario ha scritto ai presidenti delle Regioni per chiedere di «attuare procedure flessibili di prenotazione della vaccinazione che consentano ai cittadini la definizione della tempistica vaccinale già dalla scelta della data della prima dose».

Dal punto di vista logistico e dell’organizzazione, la gestione delle seconde dosi e gli eventuali problemi dovuti alle defezioni della popolazione sono difficili da descrivere a livello generale. La mancata chiarezza e la situazione frammentata è dovuta all’autonomia sanitaria, che consente alle Regioni di programmare la campagna vaccinale con criteri e tempi diversi l’una dall’altra, come è avvenuto negli ultimi mesi. Il risultato è che finora è stato complesso capire se e come spostare l’appuntamento della seconda dose e cosa fare in caso di imprevisto.

In tutte le regioni italiane è previsto che chi salta il richiamo possa chiamare l’azienda sanitaria o il numero di assistenza regionale per riprogrammare la somministrazione entro l’intervallo massimo tra la prima e la seconda dose. Ma questa possibilità non è ufficialmente citata nelle linee guida regionali, per non incentivarla: c’è il rischio di creare notevoli problemi all’organizzazione generale. «È un errore, ma si può prenotare nuovamente», ha detto Roberto Ieraci, responsabile scientifico della campagna di vaccinazione nel Lazio.

Secondo le indicazioni degli operatori del numero 1500, attivato dal ministero per rispondere a tutte le domande sul coronavirus e anche sulla campagna vaccinale, in caso di un ritardo oltre l’intervallo massimo indicato tra la prima e la seconda dose bisogna rivolgersi al medico di base. Questi è chiamato a valutare l’opportunità di somministrare comunque il richiamo, e in questo caso va contattata l’azienda sanitaria per un nuovo appuntamento, oppure se è passato troppo tempo. Non è escluso che la persona debba sottoporsi a un test sierologico per capire se abbia sviluppato una sufficiente risposta immunitaria dopo la prima dose.

A ogni modo tutte le Regioni hanno previsto la possibilità di riprogrammare la seconda dose. In quelle che utilizzano la piattaforma di Poste Italiane si può chiamare il numero 800.00.99.66 per avere tutte le informazioni, mentre nelle altre bisogna accedere ai siti dedicati alla campagna vaccinale. Non c’è un unico metodo: in alcune Regioni si deve scrivere una mail; in altre chiamare un numero; altre ancora hanno integrato la possibilità di riprogrammare l’appuntamento nel portale per l’adesione alla campagna vaccinale.

Redazione Nurse Times

Fonte: Il Post

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