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Utilizzo di anticoagulanti orali in pazienti con fibrillazione atriale: le Linee guida 2018

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Utilizzo anticoagulanti orali in pazienti con fibrillazione atriale: le Linee guida 2018
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La nuova strategia prevede l’utilizzo di farmaci per via orale che non siano antagonisti della vitamina K (NOACs)

È stata pubblicata sull’European Heart Journal e presentata al Congresso EHRA (European Heart Rhythm Association) la nuova strategia terapeutica per il trattamento della fibrillazione atriale, utilizzando anticoagulanti per via orale che non siano antagonisti della vitamina K (i cosiddetti NOACs, Non-vitamin K oral anticoagulants).

Le Linee guida 2018 suggeriscono che i Non-vitamin K oral anticoagulants debbano essere preferiti come strumenti di prevenzione di ictus cerebri, eccetto negli stati diagnosticati di valvola cardiaca meccanica o malattia reumatica della valvola mitralica, in cui viene ancora suggerito l’impiego del Warfarin.

Le nuove Linee guida delineano accuratamente il loro potenziale impiego, illustrandolo ai dicotomici pazienti destinatari del farmaco, per evitare eventi avversi ed effetti collaterali. Concretamente si delinea l’uso in pazienti con fragilità (anziani, pazienti con disabilità cognitive), soggetti obesi, con basso peso corporeo o in setting diversi dalla fibrillazione atriale, trattamento del tromboembolismo venoso.

Visto il largo impiego con antipiatrinici, viene fornita un’accurata stima dell’impiego del NOACs nei pazienti con una sindrome coronarica acuta e in quelli candidati a intervento coronarico percutaneo con stent. Inoltre, data l’associazione con altri farmaci in situazioni di comorbilità, è strutturato un capitolo che descrive le interazioni farmacologiche con farmaci antitumorali e antiepilettici.

Nel documento trovano spazio anche riflessioni ed elaborati sui farmaci che permetterebbero l’inibizione d’azione del NOACs overdose, come il BI 655075 (l’idarucizumab), e un farmaco in sperimentazione come un potenziale antidoto per gli inibitori del fattore Xa (Andexanet alfa),

L’Idarucizumab viene somministrato per via endovenosa e la sua interazione con Dabigatran agisce pressoché immediatamente, creando con esso un complesso stabile. In volontari sani il picco di concentrazione ematica di Idarucizumab viene raggiunto entro 5 minuti e il composto viene pressoché completamente eliminato nelle urine entro 4 ore. Essendo eliminato nelle urine, nei pazienti con insufficienza renale la clearance di Idarucizumab è attenuata. L’efficacia di Idarucizumab viene verificata monitorando gli effetti anticoagulanti di Dabigatran, incluso l’aPTT (tempo di tromboplastina parziale attivata) o il tempo di trombina, o misurando la concentrazione plasmatica di Dabigatran, prima e dopo somministrazione di Idarucizumab.

Andexanet alfa è in fase di sviluppo per i pazienti trattati con un inibitore diretto del fattore Xa (Apixaban, Rivaroxaban o Edoxaban) o indiretto (Enoxaparina) quando è necessaria un’inversione dell’azione anticoagulante a causa di un sanguinamento a potenziale pericolo di vita o di un sanguinamento incontrollato. Attualmente non esiste un antidoto approvato dalla Fda per gli inibitori del fattore Xa.

Michele Calabrese

 

Fonti:

www.escardio.org

www.ncbi.nlm.nih.gov

www.ema.europa.eu

www.pharmastar.it

siia.it

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