Jeffrey McWilliams, un medico operante nel settore dell’emergenza, racconta la sua esperienza ed il suo rapporto con gli Infermieri in un’intervista pubblicata sul blog kevinmd
La medicina, che nobile professione. Come i detentori della salute umana e della longevità, ci è affidata una responsabilità enorme ma solenne. È un’arte antica, passata attraverso le generazioni della pre-antichità.
Quando la gente pensa alla scuola medica o alla formazione, immagina i drammi televisivi come ER o Grey’s Anatomy, dove i giovani medici iniziano la loro ricerca dietro il prestigioso ospedale, imparando tutte le conoscenze e la guida in quanto lavorano di pari passo con il veterano esperto.
Non posso discutere con questa rappresentazione poiché molti dei miei anni formidabili sono stati trascorsi imparando da questi mentori che hanno modellato me, come tanti altri giovani, in medici competenti.
Ma questa è solo una parte della storia.
Molto della mia educazione e dell’evoluzione è grata all’altruismo, alla guida e alla tutela delle infermiere. Sono gli eroi sconosciuti della nostra società medica, che spesso si sacrificano per la cura del paziente.
Nella mia formazione ho imparato presto quanto un’infermiera sia una guida, un aiuto inestimabile.
Sono i soldati sul fronte medico, lavorando insieme a pazienti e famiglie a combattere il dolore, la malattia e la paura, spesso trascurandosi. Questo impegno e compassione, spesso una rarità in molte industrie, è la norma scritta per la maggior parte delle infermiere, chiamate a confortare e curare.
Cosa aumentava la mia consapevolezza a questa preziosa risorsa? Sembrerebbe intuitivo.
Purtroppo molti non sfruttano appieno la risorsa che hanno a portata di mano. Forse è il fatto che sono sposato con un’infermiera. Mi ricorda sempre di ascoltare le infermiere e cercare di ascoltarle quando nasce una necessità.
Ricordo anche l’angoscia e la frustrazione che aveva quando un dottore la trattò con mancanza di rispetto o non dava valore alla sua intuizione.
Sono molto grato che mia moglie mi abbia permesso di guardare sotto il velo, di entrare nelle sue scarpe e di capire la sua prospettiva. Non ho dubbi che mi ha reso un medico migliore.
All’inizio dei clinici, la maggior parte dei giovani medici sono pieni di conoscenza ma privi di molti principi di applicazione. È qui che mi sono concentrato sulla coltivazione di apprezzamento genuino dei nostri guerrieri frontalieri.
Era un’infermiera ad insegnarmi come inserire un ago cannula, lavorando alla fine di una notte in pronto soccorso a Newark. Era un infermiere a guidarmi le mani durante il mio primo tentativo di posizionamento di un catetere vescicale, fornendo consigli e trucchi del “mestiere”.
Ho fatto amicizie, ho mostrato sincero apprezzamento in quello che hanno fatto e in cosa hanno da dire.
Era un’infermiera che mi ha insegnato come affrontare i morenti e confortare la perdita. Era un’infermiera che ha sottolineato sottili indicazioni di fallimento respiratorio imminente, o sepsis iniziale che i libri e le lezioni non riescono a illustrare. Quella seconda natura, quasi innata per loro, era estranea a me. Le loro “perle di saggezza” erano inestimabili e ne sarò per sempre grato.
Valutano infinitamente gli infermieri e hanno il massimo rispetto perché sono la pietra angolare della cura del paziente. Anche se le cose cambiano e si evolvono, il loro contributo e dedizione è costante. Sono ciò che è buono per l’assistenza sanitaria.
Come operatori sanitari dobbiamo essere messi in sintonia con questi eroi ignoti, sfruttando le preziose risorse e coltivando rapporti che influenzano la cura del paziente. Vi insegneranno e aiuteranno a crescere un senso di compassione e intuizione clinica che tutti noi ci sforziamo di raggiungere.
Sono i nostri “occhi sul campo” o l’estensione delle nostre mani in questa professione totalmente incrociata e in continua evoluzione. Quando un’infermiera dice “qualcosa non è giusto” o “dovresti guardare questo”, posso promettere che presterò tutta l’attenzione possibile.
In medicina, siamo i direttori di un’orchestra complessa con molti musicisti da dirigere per avere una melodia perfetta. E’ il nostro compito accumulare, assimilare e agire nel migliore interesse dei nostri pazienti con le risorse a portata di mano.
Come medico, non posso pensare a una risorsa più preziosa del mio personale infermieristico e di tutto quello che fanno per me e per i pazienti quotidianamente.
Le parole non possono esprimere la gratitudine e l’umiltà che sento quotidianamente. Sono più di una risorsa, sono piuttosto un compagno di armi.
Simone Gussoni
Fonte: KevinMD Social media ‘s leading physician voice
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