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USA, errori sanitari terza causa di morte

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Secondo una ricerca pubblicata sul British Medical Journal, negli USA gli errori sanitari rappresenterebbero la terza causa di morte dopo malattie cardiache e tumori.

Uno studio della Johns Hopkins University School of Medicine, pubblicato sul British Medical Journal, afferma che negli Stati Uniti gli errori degli operatori sanitari rappresentano la terza causa di morte dopo malattie cardiovascolari e tumori. Al primo posto vengono le patologie cardiache con 611.000 decessi annui, seguono poi quelle oncologiche con 585.000 ed il tragico “podio” si conclude con le ben 250.000 vittime dovute agli “sbagli” commessi da medici e operatori sanitari. Un’ecatombe? Sembra proprio di sì, visto che si parla del 9,5% del totale dei decessi negli Usa in un anno!

Michael Daniel e Martin Makary sottolineano come questa causa dei decessi sia veramente complicata da monitorare e da tracciare: è infatti difficilmente desumibile dai certificati di morte e ovviamente non contemplata da un DRG o dalle schede di dimissione ospedaliera.

Negli USA, infatti, i certificati di morte vengono compilati assegnando un codice ICD (International Classification of Disease); perciò tutte le cause di morte non associate ad uno di questi codici, come ad esempio il fattore umano o del sistema, vengono inevitabilmente “perse”. Ed è un problema, questo, che purtroppo non riguarda solo gli americani dal momento che secondo l’OMS sono ben  117 i Paesi (tra cui l’Italia) ad aver adottato la codifica ICD.

Per arrivare a questi risultati allarmanti gli studiosi hanno analizzato i tassi di mortalità dal 2000 in poi  e, estrapolando il dato al numero di ricoveri nel 2013 (35.416.000), hanno calcolato che ben 251.454 persone l’anno risulterebbero morte per errori nel percorso di cura.

Ma di interessante, a parte i numeri inquietanti e la questione del codice ICD, c’è il fatto che nella maggior parte dei casi non si tratta di errori dovuti a negligenza, imperizia o più semplicemente a “colpa”: l’equipe di ricercatori sottolinea infatti che questi “sbagli” sono dovuti molto spesso a problemi sistematici come scarso coordinamento, percorsi assicurativi frammentati e mancanza di protocolli adeguati; aspetti, questi, su cui secondo gli autori dello studio non si è fatto abbastanza e su cui bisogna inevitabilmente lavorare molto.

Così dichiara Martin Makary, della Johns Hopkins: “Tumori e malattie cardiache ricevono tonnellate d’attenzione. Gli errori medici non figurano invece sulla lista”, di quelli che sono considerati i ‘big killer’ in USA. Per questo motivo, secondo il ricercatore, la questione “non ottiene i fondi e l’attenzione che merita”.

Gli esperti riconoscono che, al di là di tutto, l’errore umano è inevitabile; il loro obiettivo è però quello di iniziare quantomeno a “misurarlo”, consapevoli del fatto che non lo si può eliminare del tutto. E tale misurazione dovrebbe avvenire non solo per accertare responsabilità e colpe, ma anche e soprattutto per progettare delle soluzioni migliori o più adatte a mitigarne frequenza, gravità e conseguenze.

Alessio Biondino

Fonti: British Medical Journal, AdnKronos, Online News

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