Il fatto risale agli anni Ottanta e l’errore fu commesso a Foggia. Ora il Tribunale di Trieste ha quantificato in 700mila euro l’indennizzo per i figli della vittima. Non furono adempiuti i doveri di controllo e vigilanza.
Il Tribunale civile di Trieste ha condannato il ministero della Salute a pagare un risarcimento di oltre 700mila euro ai parenti di un uomo deceduto a causa di una trasfusione di sangue infetto, a seguito della quale contrasse un’infezione da virus Hcv, poi degenerata in cirrosi epatica. L’errore, risalente al lontano 1981, si verificò agli Ospedali Riuniti di Foggia in occasione di un intervento chirurgico.
I quattro figli della vittima intentarono l’azione civile perché la malattia fu diagnosticata diversi anni dopo, nel 1998, all’ospedale di Udine. Il giudice ha ora stabilito che il ministero debba pagare 175.600 euro a ciascun figlio, come risarcimento del danno patito. “Agli atti della presente causa – si legge nella sentenza riportata dall’Ansa – non risulta che alcuna attività concreta mediante ispezioni, controlli o moduli operativi sia stata effettuata dal ministero della Salute sul sangue trasfuso nei primi anni Ottanta da parte degli Ospedali Riuniti di Foggia”.
L’attività ispettiva, si legge ancora nella sentenza, “avrebbe impedito la donazione di sangue da parte di soggetti che manifestavano sintomi di un’epatite in atto” e dunque “sarebbe stata idonea a escludere un estremamente rilevante fattore di rischio di contagio”. È dunque provato “che il ministero della Salute non ha adempiuto ai propri doveri di controllo e vigilanza”.
Redazione Nurse Times
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