L’Italia è il paese europeo con il più alto tasso di residenti over 65. Al 1° gennaio 2019 infatti, gli individui residenti nel Paese con 65 anni di età ed oltre ammontano a 13,8 milioni, pari al 22,8 per cento del totale della popolazione [1].
Nel 2009 gli over 65 anni erano circa 12 milioni e costituivano il 20,3 per cento. I nuovi modelli organizzativi rivolti alle politiche Welfare non possono prescindere dunque dalla considerazione e dall’impatto sociale ed economico derivante da questa progressiva erosione sociale e invecchiamento della popolazione. Le conseguenze saranno non solo sul piano produttivo (riduzione della forza lavoro) ma anche sul fronte dell’offerta e richiesta dei beni e servizi che questo target di popolazione necessiterà, di conseguenza dalla pressione esercitata sul sistema previdenziale e sul sistema di assistenza.
Ma perché la piramide demografica sta cambiando? Quali sono le nuove famiglie? Sicuramente le conseguenze della c.d “società liquida [2]” stanno modificando la struttura della famiglia tradizionalmente conosciuta. Infatti, sono aumentate le famiglie unipersonali composte da anziani soli e, a prescindere da ciò, si è ridotta la consistenza del numero medio di componenti delle famiglie pluripersonali. Non gioca certo a favore la bassa fecondità e la scarsa tendenza ad un nucleo solido. Nel 2020 ci sono stati 1,17 figli per donna, i nuovi nati sono stati 404.892, 15mila in meno rispetto al 2019. Questa tendenza in parte causata dalle precarietà lavorative dei giovani under 35 e ai nuovi modelli sociali tende a ridurre sensibilmente la quota di quelle numerose.
Un altro fattore che ha direttamente causato l’aumento dell’età media è il conseguimento di nuovi progressi in ambito medico; il progressivo allungamento della speranza di vita si traduce in un aumento di soggetti che vivono con malattie croniche (circa il 40% della popolazione over 65), per lo più con patologie cardiovascolari, pneumologiche o endocrine (es. il diabete).
La domanda a questo punto da porsi è: fino a quando, il sistema italiano può sostenere la spesa? L’aumento della sopravvivenza porterà inevitabilmente ad esaurire le strategie fino ad ora utilizzate per la sostenibilità delle cure e del sistema previdenziale. È giusto che la politica intervenga attivamente e con riforme fattive e lungimiranti. L’invecchiamento della popolazione sta comportando conseguenze (collettive e individuali), ed arriva a coinvolgere ogni settore della vita quotidiana, soprattutto se visto in chiave prospettica. Il numero degli over 65, secondo le proiezioni ISTAT, tenderà a crescere nei prossimi anni su tutto il territorio nazionale.
Il frutto di queste strategie di investimento fino ad oggi introdotte dai Governi per le famiglie non ha però prodotto alcun effetto: siamo il paese con il numero di nascite più basso. La legge di bilancio 202 ha istituito il “Fondo assegno Universale e servizi alla famiglia”; questo strumento è stato arricchito grazie al trasferimento delle risorse dedicate all’erogazione dell’assegno di natalità (il c.d. bonus bebè) e del Bonus asili nido, successivamente rifinanziato nelle leggi di bilancio seguenti. Anche l’approvazione della legge delega n 46 del 2021 per il riordino, la semplificazione e il potenziamento delle misrure a sostegno dei figli a carico ha favorito la diffusibilità, in via progressiva, del già menzionato assegno. Tuttavia, questi fondi andrebbero aumentati. È necessario incoraggiare, sostenere ed aiutare la scelta di chi oggi, con dedizione, investe nella famiglia e nel futuro del Paese. Se così non fosse il sistema previdenziale ed assistenziale non sarà facilmente sostenibile.
Dott.ssa Marica Scotellaro
[1] ISTAT: Istituto Superiore di Sanità. Osservatorio annuale
[2] Zygmunt Bauman – La società Fluida
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