Uno studio osservazionale tutto italiano e pubblicato sul British Medical Journal Open, denominato studio Arapacis, acronimo di Atrial fibrillation Registry for Ankle-brachial index Prevalence Assessment-Collaborative Italian Study, ed eseguito della Società Italiana di Medicina Interna (Simi) ha coinvolto circa 900 partecipanti con diagnosi di “fibrillazione atriale” dimostrando che attraverso il rapporto tra i valori della pressione alla caviglia (il valore più alto è preferibile, ma non vi sarebbero enormi differenze anche con il valore più basso) e al braccio si ottiene un valore importante, l’ABI-Index o Indice di Winsor.
L’ABI – index (rapporto della pressione caviglia/braccio) se inferiore a 0,9, indica che la pressione nelle gambe è inferiore rispetto a quella della parte superiore del corpo “ciò significa che c’è un’aterosclerosi diffusa e concentrata agli arti inferiori e questo si associa a un’aterosclerosi consistente anche nel distretto renale. Da qui il maggior rischio di deterioramento rapido della funzionalità renale” come spiega il dott. Francesco Violi coordinatore dello studio ed ex presidente Simi.
L’indice serve ad intensificare i controlli sui pazienti con fibrillazione atriale, un’aritmia cardiaca molto diffusa, infatti una persona su quattro la sviluppa prima o poi nel corso della vita e in Italia sono oltre un milione i pazienti.
“La nuova analisi dei dati raccolti attraverso lo studio ha mostrato che solo il 23% dei pazienti con fibrillazione atriale ha una funzione renale normale, uno dei tre ha almeno un lieve deficit. – spiega il dott. Francesco Violi – I risultati mostrano soprattutto che i soggetti ad alto rischio di rapida progressione del danno renale, e quindi a maggior rischio cardiovascolare in generale, possono essere riconosciuti efficacemente e semplicemente con questo test di rapida esecuzione”
Il test, aggiunge Violi, “può essere molto utile per riconoscere chi è a maggior rischio di danno cardiovascolare e renale e quindi, ad esempio, ha necessità di un più stretto monitoraggio di parametri indicativi della funzionalità renale, come la creatininemia”.
Potete visualizzare l’abstract cliccando su bmjopen.bmj.com
Massimo Randolfi
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