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Un infermiere modenese inventa il robot amico dei bambini, per trattare ansia e dolore prima di procedure invasive

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Un infermiere modenese inventa il robot amico dei bambini, per trattare ansia e dolore prima di procedure invasive
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Giovanni Poggi, 24 anni di Modena, si è laureato in Infermieristica Pediatrica presso l’Università degli Studi di Padova, ha presentato un’insolita tesi dal titolo “Studio osservazionale: robot-terapia come terapia non farmacologica per la gestione dell’ansia nel bambino sottoposto a procedura diagnostico-terapeutica”.


Il particolare commissario è stato il robot stesso che, ha provveduto a recitare alcune domande rivolte al laureando.

“Il bambino può essere sottoposto a procedure diagnostico -terapeutiche che comporterebbero per lui dolore e, prima che vengano eseguite, creano una forte ansia e paura anticipatoria. Per questo vengono eseguite in sedazione – racconta Giovanni – Prima della somministrazione dei farmaci, vengono sempre attuate delle terapia definite “non farmacologiche”, ovvero varie tecniche per permettere al bambino di rilassarsi, provando quindi meno ansia e paura. Le terapie non farmacologiche non si sostituiscono ai farmaci, ma sono complementari. In queste terapie non farmacologiche, si inserisce la mia tesi, ovvero il robottino Nao: questo piccolo robot di 58 cm che interagisce con il bambino tramite il gioco, il canto, il ballo e gli racconta una storia, prima che si addormenti”.

Per raccogliere i dati riguardanti i risultati ottenuti sono stati somministrati questionari ai genitori dei 20 bambini coinvolti nel progetto di ricerca. Il decremento medio dei livelli di ansia prima e durante l’uso di Nao è stato del 30% circa, mentre il decremento medio dei livelli di paura del 50 per cento.

“Durante la discussione della mia tesi era presente anche Nao, insieme ad altri cinque commissari umani – spiega Giovanni – È stata la prima esperienza in Europa, forse nel mondo, che ha visto un robot partecipare come commissario a una laurea. Tutti i membri della commissione hanno posto una domanda, Nao compreso: mi ha chiesto se i bambini comprendono che lui è un giocattolo. La mia risposta è stata affermativa, specificando però che grazie al loro potere immaginativo ed evocativo, i bambini non lo vedono come un giocattolo ma quasi come un amico immaginario, dal momento che comunque è autonomo e interagisce con loro. E Nao è rimasto soddisfatto della risposta”.

Lo studio, presentato a Roma il 17 novembre nel corso del 3° Congresso di Cure Palliative Pediatriche, parteciperà anche al premio “No Pain for Children Award” che premierà i 4 migliori studi e lavori nell’ambito delle cure palliative pediatriche.

«Ora il mio sogno è poter trovare lavoro nell’ambito di ciò che ho studiato – conclude Giovanni – Lavorare con i bambini mi ha sempre entusiasmato. Sapendo inoltre cosa vivono, poiché anch’io ci sono passato essendo nato con estrofia vescicale, una malformazione che mi ha fatto fare dentro e fuori per l’ospedale per tutta la mia infanzia e adolescenza (e ancora oggi mi richiama), avendo avuto medici e infermieri che ci hanno messo il cuore, sono ulteriormente invogliato e spronato a passare dall’altra parte e diventare un aiuto per i bambini malati».

Simone Gussoni

Fonti: Gazzetta di Modena

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