Riceviamo e pubblichiamo un comunicato firmato dalla segreteria nazionale dell’Unione Lavoratori Sanità.
“Siamo fortemente preoccupati – dichiarano Antonino Gentile e Anna Rita Amato del direttivo nazionale ULS – per le nuove condizioni di lavoro che a breve si applicheranno ai dipendenti del Servizio sanitario nazionale, a seguito del rinnovo del Ccnl comparto sanità pubblica, avvenuto il 21 maggio a Roma presso l’Aran. La firma definitiva sul Contratto collettivo di lavoro 2016-2018 riguarderà circa 543mila lavoratrici e lavoratori pubblici e arriva dopo quasi dieci anni di blocco contrattuale.
A una prima veloce lettura dei nuovi aspetti normativi, salta agli occhi, tra i diversi istituti modificati, quello del lavoro straordinario e della percentuale di lavoro precario. L’uno, in precedenza non considerato fattore ordinario di programmazione del lavoro, diventa obbligatorio, a meno che il singolo dipendente si umili con il dirigente a dare giustificati motivi d’impedimento per motivi personali o famigliari. Fattispecie non degna, a nostro avviso, del concetto di dignità di ogni lavoratore. L’altro aspetto, quello del precariato, è un fattore che il sindacato deve combattere e vede aumentare dal 7% al 20% la percentuale dei contratti a tempo determinato e di somministrazione che aziende ed enti potranno utilizzare per non assumere personale a tempo indeterminato.
Se da una parte il mondo del lavoro in Italia vede una drammatica condizione del precariato a tutti nota, dall’altra si consente il perdurare di tale condizione con l’avvallo degli stessi sindacati, che dovrebbero contrastarla e invece l’autorizzano nei rinnovi contrattuali. A nostro parere, la dignità della classe lavoratrice, negli anni penalizzata e sfruttata da politiche indecenti di tagli, ha subito l’ennesimo colpo basso, che fa arretrare sempre più i diritti e riduce qualitativamente la portata assistenziale in un sistema di salute a rischio di essere sempre meno universalistico”.
La segreteria nazionale ULS
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