E’ quello per la ricerca di sangue occulto nelle feci. Aiuta a eliminare le lesioni pre-cancerose prima che si trasformino in una neoplasia vera e propria, ma nel nostro Paese l’adesione è ferma al 42%. Un’alternativa è rappresentata dalla rettosigmoidoscopia.
Con 49mila nuovi casi registrati nel 2019 il tumore del colon-retto è il secondo tipo di cancro più frequente nel nostro Paese ed è anche il secondo nella poco ambita classifica dei più letali. Eppure nove casi su dieci potrebbero essere evitati, perché c’è un metodo efficace, gratis (in Italia) e del tutto indolore per eliminare le lesioni pre-cancerose prima che si trasformino in una neoplasia vera e propria: il test per la ricerca del sangue occulto nelle feci.
La metà degli italiani, tuttavia, non coglie l’opportunità. L’esame è offerto dal Servizio sanitario nazionale a tutti i cittadini fra i 50 e i 70 anni, che ogni due anni ricevono una lettera da parte della propria Asl con l’invito ad andare nella farmacia più vicina a ritirare un piccolo contenitore nel quale raccogliere un campione di feci, per poi restituirlo e ricevere la lettera con il referto a casa nell’arco di un paio di settimane.
«Quasi il 90% dei carcinomi del colon-retto si sviluppa a partire da adenomi che impiegano in media tra i 7 e i 15 anni per trasformarsi in forme maligne – spiega Giordano Beretta, presidente dell’Aiom (Associazione italiana di oncologia medica) –. È in questa finestra temporale che lo screening con il test per la ricerca del sangue occulto nelle feci (in sigla: Sof) consente di fare una diagnosi precoce ed eliminare i polipi prima che abbiano acquisito caratteristiche pericolose. Nel nostro Paese è offerto gratuitamente all’interno dei programmi di screening, ma in media l’adesione è ferma al 42%».
Una piccola parte dei programmi di screening attivi in Italia (in particolare nella regione Piemonte) utilizza, al posto della ricerca del sangue occulto, un altro esame di screening, la rettosigmoidoscopia, eseguita una sola volta all’età di 58-60 anni. Si tratta di un esame endoscopico, che consiste nella visualizzazione diretta, tramite una sottile sonda flessibile dotata di telecamera, dell’ultima parte dell’intestino (il sigma e il retto). E’ qui che si sviluppa infatti il 70% dei tumori del colon-retto.
In caso di positività all’esame del sangue occulto nelle feci o alla rettosigmoidoscopia, i programmi di screening prevedono l’esecuzione di una colonscopia come esame di approfondimento. La colonscopia permette di esaminare l’intero colon-retto e, oltre a essere un efficace strumento diagnostico, è anche uno strumento terapeutico. Nel caso sia confermata la presenza di polipi, consente infatti di rimuoverli nel corso della stessa seduta. I polipi rimossi sono successivamente analizzati e, in base al loro numero, alle loro dimensioni e alle caratteristica delle loro cellule, vengono avviati percorsi terapeutici e di controllo ad hoc.
Redazione Nurse Times
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