Valutare il profilo di tossicità della radioterapia stereotassica del cancro alla prostata (SBRT) in 3 frazioni è possibile. L’importante risultato emerge da uno studio clinico italiano di radioterapia stereotassica ideato e coordinato dall’IRCCS Istituto Tumori Regina Elena (IRE) e recentemente pubblicato sulla rivista americana “International Journal Radiation Oncology Biology Physics”. Il vantaggio delle poche sedute si riflette soprattutto in termini di qualità di vita del paziente: l’intero ciclo di trattamento si effettua in una sola settimana, contro le 8 settimane del passato.
Negli uomini il tumore alla prostata rimane la neoplasia più frequente: 36.074 sono i nuovi casi diagnosticati solo nel 2020. La neoplasia, spiega insalutenews.it, colpisce soprattutto i 50-69enni e gli ultra 70enni, anche se negli ultimi anni si registra un aumento della incidenza, del 3,4% medio annuo, anche negli uomini sotto i 50 anni di età.
All’Istituto Tumori Regina Elena di Roma, l’approccio di cura radiante stereotassico è offerto per una gran varietà di tumori ed in particolare per quello della prostata, in 3 o al massimo 4 sedute.
“Abbiamo dimostrato – spiega Giuseppe Sanguineti, direttore della unità clinica di Radioterapia, come riporta insalutenews.it, – che il trattamento radiante in sole tre sedute è efficace e bene sopportato in termini di effetti collaterali sulla vescica e sul retto. Con questi ritmi saremo in grado di prendere in carico e curare un maggiore numero di pazienti. Inoltre, è possibile somministrare dosi di radiazioni maggiore per ogni seduta, che potrebbero avere un’efficacia biologica superiore rispetto al trattamento tradizionale”.
Il lavoro è ora entrato in una seconda fase in cui è possibile analizzare l’efficacia della tecnica radioterapica a lungo termine. Ad oggi l’arruolamento dei 150 pazienti è quasi completato.
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